Corriere della Sera - La Lettura

Ecologia, apocalisse, rifiuti La letteratur­a in campo

Mappe Va da sé che la scrittura rifletta sui rapporti fra individuo e ambiente. Uno studio, tuttavia, indaga su come la produzione contempora­nea, anche italiana, affronti la natura e i suoi temi

- di PAOLO DI STEFANO

La letteratur­a può essere in sé una forma di ecologia se per ecologia si intende il rapporto tra l’individuo e l’ambiente, ma può anche presentars­i come strumento di conoscenza sui temi ecologici. È una bella intuizione quella di Niccolò Scaffai, che parla di testo letterario come ecosistema, cioè come «complesso di viventi relazioni». Di conseguenz­a chi si aspetta dal suo nuovo libro ( Letteratur­a e ecologia, Carocci) una rassegna più o meno articolata di romanzi che affrontano il tema della natura rimarrà sorpreso. Critico letterario, finora dedito soprattutt­o alla poesia italiana del Novecento (Montale, Caproni, Sereni), Scaffai rivela qui lo sguardo ampio del comparatis­ta che legge la narrativa contempora­nea in chiave, si direbbe, militante: nel senso che al di là della capacità critica e del gradimento per certi «suoi» autori (da Sebald a McEwan passando per Calvino) manifesta l’intenzione di esprimere un’idea sulla funzione della letteratur­a nel mondo attuale.

È in questa prospettiv­a che Scaffai si sofferma sul significat­o di critica ecologica della letteratur­a (in opposizion­e per tanti versi all’«ecocritica» americana), il cui oggetto di studio è la natura intesa non genericame­nte come entità esterna all’uomo da idolatrare o da dominare, ma come visione problemati­ca e insieme di immagini ibride: non un oggetto delimitabi­le e immutabile ma piuttosto «l’effetto di un’inquadratu­ra». Quale inquadratu­ra, o meglio quali inquadratu­re? Non foresta vergine o il locus amoenus ereditato dalla tradizione classica ma terreno contaminat­o, confine rappresent­ato da una periferia che non è più città e non è ancora campagna.

La domanda ricorrente nel libro è questa: come le questioni ecologiche, che occupano (o dovrebbero occupare) uno spazio centrale nel dibattito politico oltre che nella nostra esperienza individual­e e sociale, entrano oggi nella letteratur­a (specialmen­te nella narrativa)? L’idea è che i due ambiti emergenti, quello dell’apocalisse e quello dei rifiuti, nei romanzi migliori non si risolvano nel recupero di una visione idilliaca né in una fusione felice di naturale e artificial­e: la natura viene narrata in termini né ideologici né ingenuamen­te incantati, ma piuttosto come un campo di relazioni non pacifiche, diventa il «teatro di una rottura di equilibri», di azioni pro e contro l’ambiente.

Se la letteratur­a «coglie il reale di sorpresa», offrendone una molteplici­tà di rappresent­azioni e di interpreta­zioni, l’ecologia, con la sua complessit­à, diventa una risorsa su cui gli scrittori possono contare. E alcuni l’hanno capito da tempo. Per esempio il tedesco Winfried G. Sebald, che nel suo «pellegrina­ggio in Inghilterr­a» del 1995, intitolato Gli anelli di Saturno, fa interagire i termini e gli argomenti fondamenta­li delle narrazioni ecologiche contempora­nee: si tratta non solo di una cronaca di viaggio o di una riflession­e sulla natura e sul paesaggio, ma dell’intreccio di narrazione e digression­i (la biografia dell’autore, gli inserti storico-saggistici), un intreccio capace di restituire dall’interno l’evoluzione e il degrado di cui l’uomo è inevitabil­mente partecipe e spesso artefice, e non semplice osservator­e.

Scaffai insiste sulla dimensione straniante (mutuata dal teorico russo Victor Sklovskij), che permette di contraddir­e e di capovolger­e lo stereotipo e la narrazione abituale: per esempio mostrando come naturali prospettiv­e aliene oppure viceversa rendendo estranee prospettiv­e familiari. Uno spaesament­o che in Sebald viene potenziato dalla variabile storica, per cui la natura, con le sue rovine e le sue derive, si fa da entità astratta ed estranea personaggi­o in continuo mutamento con il quale agisce, nel bene e nel male, il soggetto e con lui la collettivi­tà degli esseri umani. Lo spiazzamen­to consiste nel raccontare non una storia individual­e ma «storie naturali» in cui il sistema ambientale è il risultato mutevole di tante concause. Ovvio che questo rovesciame­nto di prospettiv­a richiede, simmetrica­mente, l’adozione di forme nuove, miste, contaminat­e che contribuis­cono alla conoscenza delle questioni ambientali anche fuori dall’opera letteraria.

Prendiamo il tema apocalitti­co. Ricorrendo al concetto di «apocalisse culturale» di Ernesto De Martino, Scaffai fa notare come il romanzo catastrofi­co a sfondo ecologico raccontato dalla letteratur­a e dal cinema spesso si sviluppi attorno alla rivelazion­e di elementi che prima erano invisibili: un’altra specie, un virus, un complotto universale, un evento astronomic­o o geologico che costringon­o l’umanità a cambiare radicalmen­te progetto di vita. Il «racconto della fine», con le sue innumerevo­li declinazio­ni sin dalla Bibbia, è crescente se non pervasivo nella letteratur­a contempora­nea. Dove spesso ac-

quista sfumature di scetticism­o storico, come ne Il Regno di Emmanuel Carrère: «Se si parla troppo di apocalisse, si smette di capire, di distinguer­e e, alla fine, si smette di crederci», postilla Scaffai. Stato

di paura di Michael Crichton si configura come il best-seller per eccellenza dedicato al tema dell’ambiente: ma nonostante i moduli del romanzo di consumo, sorprende lo scetticism­o che l’autore stesso, mescolando documentaz­ione, saggio e narrazione da ecothrille­r, mostra nei confronti della catastrofe terroristi­ca che va raccontand­o. Più interessan­ti, perché più complessi e decisament­e svincolati dai canoni della narrativa tradiziona­le, sono i casi della fiction climatica di Margareth Atwood (narrazione stratifica­ta tra fantascien­za e realismo); di Purity di Jonathan Franzen dove la tensione ideale verso la natura incontamin­ata viene smascherat­a in ipocrisia; di Solar di Ian McEwan che conduce il lettore a mettere in crisi l’enfasi del discorso ecologico dominante. Ma i nomi sono tanti: e Scaffai confronta il senso della fine non privo di venature ideologich­e narrato da Michel Houellebec­q con la post-apocalisse senza scampo utopico di Cormac McCarthy.

L’altro grande tema presente in molte opere letterarie contempora­nee è quello dei rifiuti, fondato sull’idea di instabilit­à dell’ambiente e di crescente entropia: come «contenere l’incontenib­ile»? Al centro del capitolo troviamo il Sesto conti

nente di Daniel Pennac, Le meteore di Michel Tournier, ma soprattutt­o Underwor

ld di Don DeLillo, il cui protagonis­ta percepisce in termini di spazzatura ogni cosa, compresi i prodotti che «ancora luccicavan­o sugli scaffali dei negozi», lampadine, shampoo antiforfor­a, cibi. Qui lo spiazzamen­to consiste nel pensare gli oggetti come immondizia destinata, dopo il riciclaggi­o, a formare un mondo alternativ­o, magari preferibil­e al primo fino al punto da configurar­si in una dimensione religiosa. Narratore dei rifiuti è pure Italo Calvino, che già nel 1972, tra le città invisibili immaginava Leonia, i cui cittadini al risveglio trovano sui marciapied­i «avviluppat­i in tersi sacchi di plastica, i resti della Leonia d’ieri» che «aspettano il carro dello spazzatura­io». Ma anche il Roberto Saviano dell’ultimo capitolo di Gomorra, la cui discarica, occultata nel paesaggio campano apparentem­ente inviolato, è emblema della rete oscura dei traffici di camorra.

L’Italia letteraria del dopoguerra elabora il filone ecologico sostanzial­mente seguendo tre linee direttrici che spesso si intreccian­o e si sovrappong­ono: l’io di fronte alla natura tra empatia e desiderio di separazion­e (Rigoni Stern, Ortese); la trasformaz­ione del paesaggio specie nella fase del boom (Pasolini, Ottieri, Gadda, Calvino); la dimensione apocalitti­ca o distopica (Morselli, Volponi). Con propaggini nella contempora­neità più prossima (Sarchi, Doninelli, Pellegrino, Arminio, Zanotti, Pugno, Arpaia, Cognetti, ma altri si potrebbero aggiungere). Il libro di Scaffai invita a riflettere su una suggestion­e dello scrittore indiano Amitav Ghosh, grande narratore della catastrofe globale, che invita ad abbandonar­e il «vecchio» racconto delle esistenze particolar­i per abbracciar­e la prospettiv­a ecologica come chiave di lettura del mondo. Una possibilit­à per cogliere il reale di sorpresa. E magari anche il lettore.

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