Corriere della Sera - La Lettura
Ecologia, apocalisse, rifiuti La letteratura in campo
Mappe Va da sé che la scrittura rifletta sui rapporti fra individuo e ambiente. Uno studio, tuttavia, indaga su come la produzione contemporanea, anche italiana, affronti la natura e i suoi temi
La letteratura può essere in sé una forma di ecologia se per ecologia si intende il rapporto tra l’individuo e l’ambiente, ma può anche presentarsi come strumento di conoscenza sui temi ecologici. È una bella intuizione quella di Niccolò Scaffai, che parla di testo letterario come ecosistema, cioè come «complesso di viventi relazioni». Di conseguenza chi si aspetta dal suo nuovo libro ( Letteratura e ecologia, Carocci) una rassegna più o meno articolata di romanzi che affrontano il tema della natura rimarrà sorpreso. Critico letterario, finora dedito soprattutto alla poesia italiana del Novecento (Montale, Caproni, Sereni), Scaffai rivela qui lo sguardo ampio del comparatista che legge la narrativa contemporanea in chiave, si direbbe, militante: nel senso che al di là della capacità critica e del gradimento per certi «suoi» autori (da Sebald a McEwan passando per Calvino) manifesta l’intenzione di esprimere un’idea sulla funzione della letteratura nel mondo attuale.
È in questa prospettiva che Scaffai si sofferma sul significato di critica ecologica della letteratura (in opposizione per tanti versi all’«ecocritica» americana), il cui oggetto di studio è la natura intesa non genericamente come entità esterna all’uomo da idolatrare o da dominare, ma come visione problematica e insieme di immagini ibride: non un oggetto delimitabile e immutabile ma piuttosto «l’effetto di un’inquadratura». Quale inquadratura, o meglio quali inquadrature? Non foresta vergine o il locus amoenus ereditato dalla tradizione classica ma terreno contaminato, confine rappresentato da una periferia che non è più città e non è ancora campagna.
La domanda ricorrente nel libro è questa: come le questioni ecologiche, che occupano (o dovrebbero occupare) uno spazio centrale nel dibattito politico oltre che nella nostra esperienza individuale e sociale, entrano oggi nella letteratura (specialmente nella narrativa)? L’idea è che i due ambiti emergenti, quello dell’apocalisse e quello dei rifiuti, nei romanzi migliori non si risolvano nel recupero di una visione idilliaca né in una fusione felice di naturale e artificiale: la natura viene narrata in termini né ideologici né ingenuamente incantati, ma piuttosto come un campo di relazioni non pacifiche, diventa il «teatro di una rottura di equilibri», di azioni pro e contro l’ambiente.
Se la letteratura «coglie il reale di sorpresa», offrendone una molteplicità di rappresentazioni e di interpretazioni, l’ecologia, con la sua complessità, diventa una risorsa su cui gli scrittori possono contare. E alcuni l’hanno capito da tempo. Per esempio il tedesco Winfried G. Sebald, che nel suo «pellegrinaggio in Inghilterra» del 1995, intitolato Gli anelli di Saturno, fa interagire i termini e gli argomenti fondamentali delle narrazioni ecologiche contemporanee: si tratta non solo di una cronaca di viaggio o di una riflessione sulla natura e sul paesaggio, ma dell’intreccio di narrazione e digressioni (la biografia dell’autore, gli inserti storico-saggistici), un intreccio capace di restituire dall’interno l’evoluzione e il degrado di cui l’uomo è inevitabilmente partecipe e spesso artefice, e non semplice osservatore.
Scaffai insiste sulla dimensione straniante (mutuata dal teorico russo Victor Sklovskij), che permette di contraddire e di capovolgere lo stereotipo e la narrazione abituale: per esempio mostrando come naturali prospettive aliene oppure viceversa rendendo estranee prospettive familiari. Uno spaesamento che in Sebald viene potenziato dalla variabile storica, per cui la natura, con le sue rovine e le sue derive, si fa da entità astratta ed estranea personaggio in continuo mutamento con il quale agisce, nel bene e nel male, il soggetto e con lui la collettività degli esseri umani. Lo spiazzamento consiste nel raccontare non una storia individuale ma «storie naturali» in cui il sistema ambientale è il risultato mutevole di tante concause. Ovvio che questo rovesciamento di prospettiva richiede, simmetricamente, l’adozione di forme nuove, miste, contaminate che contribuiscono alla conoscenza delle questioni ambientali anche fuori dall’opera letteraria.
Prendiamo il tema apocalittico. Ricorrendo al concetto di «apocalisse culturale» di Ernesto De Martino, Scaffai fa notare come il romanzo catastrofico a sfondo ecologico raccontato dalla letteratura e dal cinema spesso si sviluppi attorno alla rivelazione di elementi che prima erano invisibili: un’altra specie, un virus, un complotto universale, un evento astronomico o geologico che costringono l’umanità a cambiare radicalmente progetto di vita. Il «racconto della fine», con le sue innumerevoli declinazioni sin dalla Bibbia, è crescente se non pervasivo nella letteratura contemporanea. Dove spesso ac-
quista sfumature di scetticismo storico, come ne Il Regno di Emmanuel Carrère: «Se si parla troppo di apocalisse, si smette di capire, di distinguere e, alla fine, si smette di crederci», postilla Scaffai. Stato
di paura di Michael Crichton si configura come il best-seller per eccellenza dedicato al tema dell’ambiente: ma nonostante i moduli del romanzo di consumo, sorprende lo scetticismo che l’autore stesso, mescolando documentazione, saggio e narrazione da ecothriller, mostra nei confronti della catastrofe terroristica che va raccontando. Più interessanti, perché più complessi e decisamente svincolati dai canoni della narrativa tradizionale, sono i casi della fiction climatica di Margareth Atwood (narrazione stratificata tra fantascienza e realismo); di Purity di Jonathan Franzen dove la tensione ideale verso la natura incontaminata viene smascherata in ipocrisia; di Solar di Ian McEwan che conduce il lettore a mettere in crisi l’enfasi del discorso ecologico dominante. Ma i nomi sono tanti: e Scaffai confronta il senso della fine non privo di venature ideologiche narrato da Michel Houellebecq con la post-apocalisse senza scampo utopico di Cormac McCarthy.
L’altro grande tema presente in molte opere letterarie contemporanee è quello dei rifiuti, fondato sull’idea di instabilità dell’ambiente e di crescente entropia: come «contenere l’incontenibile»? Al centro del capitolo troviamo il Sesto conti
nente di Daniel Pennac, Le meteore di Michel Tournier, ma soprattutto Underwor
ld di Don DeLillo, il cui protagonista percepisce in termini di spazzatura ogni cosa, compresi i prodotti che «ancora luccicavano sugli scaffali dei negozi», lampadine, shampoo antiforfora, cibi. Qui lo spiazzamento consiste nel pensare gli oggetti come immondizia destinata, dopo il riciclaggio, a formare un mondo alternativo, magari preferibile al primo fino al punto da configurarsi in una dimensione religiosa. Narratore dei rifiuti è pure Italo Calvino, che già nel 1972, tra le città invisibili immaginava Leonia, i cui cittadini al risveglio trovano sui marciapiedi «avviluppati in tersi sacchi di plastica, i resti della Leonia d’ieri» che «aspettano il carro dello spazzaturaio». Ma anche il Roberto Saviano dell’ultimo capitolo di Gomorra, la cui discarica, occultata nel paesaggio campano apparentemente inviolato, è emblema della rete oscura dei traffici di camorra.
L’Italia letteraria del dopoguerra elabora il filone ecologico sostanzialmente seguendo tre linee direttrici che spesso si intrecciano e si sovrappongono: l’io di fronte alla natura tra empatia e desiderio di separazione (Rigoni Stern, Ortese); la trasformazione del paesaggio specie nella fase del boom (Pasolini, Ottieri, Gadda, Calvino); la dimensione apocalittica o distopica (Morselli, Volponi). Con propaggini nella contemporaneità più prossima (Sarchi, Doninelli, Pellegrino, Arminio, Zanotti, Pugno, Arpaia, Cognetti, ma altri si potrebbero aggiungere). Il libro di Scaffai invita a riflettere su una suggestione dello scrittore indiano Amitav Ghosh, grande narratore della catastrofe globale, che invita ad abbandonare il «vecchio» racconto delle esistenze particolari per abbracciare la prospettiva ecologica come chiave di lettura del mondo. Una possibilità per cogliere il reale di sorpresa. E magari anche il lettore.