Corriere della Sera - La Lettura
Il mondo salvato dalla lingua inglese
Anthony McCarten, l’autore di L’ora più buia, che ha ispirato il film dallo stesso titolo, è uno studioso dei discorsi di Nehru, Lenin, Hitler, Martin Luther King. Ma a impressionarlo di più sono stati i discorsi di Winston Churchill. In particolare, i tre discorsi che il premier britannico tenne tra maggio e giugno del 1940. Fu il momento per Churchill della difficile scelta tra cercare un accordo di pace con Hitler o muovergli guerra: l’ora più buia, appunto, della sua carriera e della sua vita. Sono i discorsi in cui Churchill usa slogan passati alla leggenda: «Non ho nulla da offrire se non sangue, fatica, lacrime e sudore»; «Combatteremo sulle spiagge». Secondo McCarten, oggi quei discorsi mostrano molti difetti (sono aulici, antiquati, retorici, ampollosi) ma contengono gemme sempre splendenti: «Passaggi superbi che avrebbero saputo impressionare tanto gli uditori di mille anni prima quanto quelli di mille anni dopo». Si disse che Churchill con quei tre discorsi, in cui mandava a dire a Hitler che i sudditi di Sua Maestà Giorgio VI sarebbero morti tutti pur di non dargliela vinta, aveva mobilitato e mandato al fronte la lingua inglese. Ogni tanto, ancora oggi, sui social prevalentemente, ma anche altrove, qualcuno strepita e dice che Churchill non meritava il Nobel della letteratura 1953, che fu un premio a un politico, a un imperialista. La verità è che non c’è mai stato Nobel più calzante di quello. Churchill fece della guerra (la più giusta della storia) un genere letterario e trionfò rinverdendo i fasti della grande oratoria. Emise il ruggito di un popolo che aveva un cuore da leone. Assieme a « blood, toil, tears and sweat », Churchill aveva da offrire parole meravigliose che salvarono il mondo. E il riconoscimento massimo glielo fece George Orwell chiamando Winston l’eroe di 1984, romanzo antitotalitario per antonomasia. Il voto è 10, come il numero civico di Downing Street, in onore del suo inquilino più illustre.