Corriere della Sera - La Lettura
Bibiana, la santa con la cannabis
Le mostre/1 Il capolavoro di Bernini ha lasciato dopo anni la sua chiesa romana Una storia di martirio, un esempio di genio artistico, una sorpresa (botanica)
Nel Paradiso delle sante e scolpito da Gian Lorenzo Bernini non tutte possono dimostrai mostrare, tanto per rimanere rea Roma, la teatrale eccitazione itazione della Teresa d’Avila oggi nella Chiesa di Santa Maria della Vittoria ola mist icastica agitazione della Ludovica Alberto nini di San Francesco a Ripa. C’è anche chi, come la giovane martire Bibiana abitualmente almente conservata in una nicchia della la «sua» chiesa all’Esquilino (a un passo dai binari della Stazione Termini e del trenino verso Ostia), sembra esibire bire al contrario sensazioni più da ninfa nfa pagana che da beata cristiana. Tra i tanti meriti della mostra della Galleria alleria Borghese, curata da Andrea Bacchi acchi e Anna Coliva, c’è quello di aver portato sotto i riflettori proprio Bibiana (o Viviana o Vibiana): prima statua di santa nta scolpita, tra il 1624 e il 1626, da Bernini nini (per Urbano VIII in un blocco di marmo mo bianco pagato all’epoca 60 scudi ), opera pera giovanile che al virtuosismo« lussureggia nreggi ante» delle vesti e della capigliatura, a, già eccellente per quanto Bernini avessev esse al massimo 28 anni, unisce un’espressività pressività (del volto, del gesto, della fusciacca, cca, delle pieghe della veste) assai vicina a quella di altre figure femminili scolpite da a Bernini «in contemporanea» con Bibiana: a: la Dafne fermata da Apollo, la Proserpina ina rapita da Plutone.
«Una ninfa vestita da santa — così la definisce Anna Coliva, direttrice ice della Borghese —. Una scultura che abbiamo fortemente voluto, portandola per er la prima volta fuori dalla sua nicchia, a, prima per restaurarla e poi per farla scoprire oprire in tutta la sua bellezza». Ora di Santa ta Bibiana (patrona degli epilettici e dei ei malati psichiatrici, festeggiata il 2 dicembre) mbre) si può dunque scoprire tutto il movimento, vimento, quella torsione della materia che è la cifra tipica di Bernini (Napoli, 1598 - Roma, 1680), grande maestro del Barocco, co, scultore ma anche architetto e pittore, ore, che nelle intenzioni di Papa Urbano VIII Barberini, suo illustre mecenate, avrebbe dovuto diventare «il Michelangelo gelo del suo tempo». Operazione senz’altro altro riuscita solo se si pensa alla fontana tana dei Quattro Fiumi in Piazza Navona o al Porticato e al Baldacchino di San Pietro. ro.
«La statua di Santa Bibiana è stata con tutta probabilità spostata la notte te del 19 luglio 1943 mentre a Roma, nel el vicino quartiere di San Lorenzo, cadevano evano le bombe, ma quando, terminato il l conflitto, è stata rimontata, è stata ricollocata locata in modo molto tradizionale — aggiunge ggiunge Coliva — come si trattasse di un comune santino». Invece, quella scultura ra è ben poco normale e basta il confronto, to, all’interno della Galleria Borghese («Un «Un museo così bello da essere quasi pericoloso, ricoloso, che mi fa invidiare i pochi che no non l’ hanno ancora visto, perché penso all’emozio’ emozione incredibile che proveranno la prima volta») per capirlo. Dall’altra parte del percorso, visibile attraverso una lastra di vetro, c’è proprio quell’Apollo e Dafne che tanto le assomiglia. Mentre poco lontano, compaiono le forme in movimento ovimento della Proserpina alle prese con «le le mani» di Plutone. «Peccato — conclude de Coliva — che alla fine della mostra la a statua debba tornare in una collocazione one per lei così punitiva: sarebbe fantastico astico poter trovare il modo per valorizzarzzarla». O, almeno, rimontarla come Bernini avrebbe voluto. Oltretutto nella cappella della «sua» chiesa Bibiana ana è letteralmente appoggiata a una colonna, mentre in mostra è ora visibile quell’affauell’affasc inante retro ancora« in grezzo ».».
La storia di Bibiana, nascosta nelle pieghe delle sue vesti e oltre «lo sguardo guardo rivolto verso l’alto in un momento nto di rapimento estatico di grande impatmpatto», è oscura e affascinante. Una a storia menzionata per la prima volta nel Liber Pontificalis, quando nel capitolo dedicato alla biografia di Papa Simplicio (468483), si racconta che il Pontefice «consacrò una basilica dedicata alla santa martire Bibiana, che contiene il suo corpo, nelle vicinanze del Palatium Lucianum» (le ossa della martire, della madre Dafrosa e della sorella Demetria sono conservate in una grande vasca d’alabastro sotto l’altare maggiore). Il rifacimento della facciata, le due cappelle in fondo alle navate laterali, la chiusura delle finestre della navata centrale e il nuovo presbiterio sono opere dello stesso Bernini, alle prese con il primo progetto globale,«che univa arte e architettura» proprio come voleva Urbano VIII («Basta soltanto sculture» gli avrebbe imposto).
Gli unici riferimenti alla storia si rintracciano nel testo della Passio Bibianae, opera di un autore del VII secolo dove si parla del martirio della santa a Roma sotto l’imperatore Giuliano (361-363). Bibiana sarebbe stata una giovane nobile, nata attorno al 350 da Flaviano, un cavaliere romano e prefetto di Roma e da Dafrosa, discendente di una famiglia consolare (lo stesso testo parla di una sorella, Demetria). Sorpreso mentre seppelliva i martiri Prisco, Priscilliano e Benedetta, il padre della santa venne bollato come schiavo e in seguito esiliato ad Aquas Taurinas (forse l’attuale Montefiascone), dove venne martirizzato nel dicembre 361. Bibiana e Demetria si sarebbero a quel punto rinchiuse nella loro abitazione insieme alla madre Dafrosa, aspettando il martirio. Che sarebbe arrivato, inevitabile per Dafrosa (decapitata) e Demetria (morta di crepacuore).
Per Bibiana viene invece pensata una tortura più sottile: le viene affiancata una mezzana dino meRuf in a,«esp erta di intrighiamo rosi» con il progetto dic orromperla. Difronte al suor ifiuto,l agiovane viene legata a una colonna e flagellata senza pietà con le« piombate », ovvero con« fasci di verghe e palli nidi piombo» (quei fasci che Santa Bibiana tiene in mano anche nella statua di Bernini). La santa spira quattro giorni dopo, a 15 anni, mentre il suo corpo viene esposto ai cani randagi, che però lo lasciano intatto. Le spoglie furono allora collocate nel palazzo del padre, allora affidato a Olimpia, una matrona romana, che in quel luogo avrebbe fatto edificare la Chiesa: fuori porta, nell’area degli Horti Liciniani.
«Le dita della mano destra, allargate e sospese in aria, sono un vero miracolo tecnico» lo definisce nel catalogo l’altro curatore Andrea Bacchi. Con Bibiana (una delle primissime opere di Gian Lorenzo a essere tradotta a stampa nella modesta incisione sul frontespizio della Vita di Santa Bibiana vergine e martire romana di Domenico Fedini del 1627) Bernini si confrontava così, dopo i nudi, con una santa (alla quale le pieghe dei panneggi «raccolti dalla cinta alta sulla vita evidenziano le forme dei seni»). E sarà subito successo.
Da tempo, però, Santa Bibiana è famosa, a Roma, anche per altro: nei campi attorno alla Chiesa si è sempre raccolta un’erba miracolosa (in forma di decotto come di impacco), contro l’influenza e i dolori e «tutti i malanni, fisici e psichici»: è la stessa erba «riconoscibile — spiega Anna Coliva — nel bellissimo brano di natura morta sotto i calzari della santa e riconducibile a uno dei grandi collaboratori di Bernini, Giuliano Finelli». Una natura morta che ricorda le foglie e i rami scolpiti da Gian Lorenzo per l’Apollo e Dafne. In quel caso si trattava però di foglie e rami di alloro, mentre ai piedi di Santa Bibiana cresce qualcosa di ben diverso. Qualcosa che i botanici hanno individuato nell’eupatorium cannabinum, versione acquatica della cannabis.