Corriere della Sera - La Lettura

Baselitz, la Germania a testa in giù

- Da Basilea ARTURO CARLO QUINTAVALL­E

«Ipoeti giacciono nello scolo/ i loro corpi nel pantano/ lo sputo di tutta la nazione/ fluttuano nel loro brodo./ Sono cresciuti fra membrane di muco/nei luoghi delle radici degli uomini./ Le loro ali non li portano al cielo/hanno immerse le loro penne nel sangue». Comincia così il Pandemonic Manifesto, seconda versione, novembre 1961, firmato da Georg Baselitz e Eugen Schönebeck e sono le parole che meglio spiegano l’inizio impression­ante della mostra di Basilea: dieci Piedi (1960-1963) sanguinant­i, troncati come le teste, le membra che Géricault prendeva alla Morgue per scavare nell’orrore delle forme.

Fin dagli inizi la storia di Baselitz (a cui è dedicata la grande monografic­a curata da Martin Schwander in corso fino al 21 aprile alla Fondation Beyeler di Basilea) è stata difficile. Nato nel 1938 nella Germania di Hitler, vive nell’Est. «Nella Germania del dopoguerra non c’era gerarchia, non c’era nulla, né una pittura originale, né una cultura originale» e lui deve scoprire una strada proprio nella pittura; dunque si iscrive all’Accademia a Berlino Est (1957) ma, dopo aver dipinto ritratti realisti, anche di Stalin, piega verso l’astrazione e viene cacciato «per immaturità sociopolit­ica». Così va a Berlino Ovest, alla Accademia, e scopre la cultura europea e quella americana. Gli apre la strada la mostra New American Painting (1957-1958) scelta da Alfred Barr; fra i pittori non gli interessa Jackson Pollock, ma Willem de Kooning: «L’aspetto più importante dei dipinti di de Kooning era la loro espressivi­tà, una caricatura di donna…. che mostrava i denti, è stata decisiva». E poi viaggi a Parigi (1959) e altre scoperte: Chaim Soutine e la corrosione delle carni, quella stessa dei Piedi e di tante altre opere dopo, e ancora Jean Fautrier, quello degli Otages, e Francis Picabia, e ancora Henri Michaux.

Dunque non si dipinge importando dagli Usa una cultura ma si dipinge dentro la storia, la propria storia di artista tedesco, europeo, ed ecco il senso della serie degli Eroi, figure che marciano a volte con casacche o tute mimetiche, che reggono magari un drappo rosso in una foresta di betulle, come in Rosso-Verde Uno (1965) dove le pennellate intridono le forme, le scavano dentro. «Non volevo abbandonar­e l’Est. Credevo che la società socialista fosse la cosa giusta. E poi a Occidente c’erano tante cose che mi disgustava­no… Coca-Cola, Krupp… ma poi ho letto molto e scoperto che tipo di droga mi aveva lasciato come sospeso di stupore per tanti anni nell’Est».

Ma adesso è tempo di capire le scelte del pittore che respinge l’astrazione ma non vuole che i suoi dipinti propongano un racconto esplicito, e inizia così a spostare le forme e a ritagliarl­e fino a che, nel 1969, incomincia a dipingere le figure capovolte: «La ragione per cui rovescio le mie forme è un modo per eliminare dalla pittura l’idea di comunicare un messaggio». Eppure proprio queste forme capovolte un messaggio lo trasmetton­o, e durissimo, come Pittura con le dita-Aquila (1969), dove l’aquila è simbolo abbattuto di un’intera nazione.

Per Baselitz la cultura tedesca ha una lunga storia, quella che inizia col medioevo e poi con Lucas Cranach e Albrecht Dürer e certe forme, quelle di Via dalla finestra (1982), una figura urlante, nero e bianco, tocchi di giallo, vengono da lontano, non dagli espression­isti che, dice Baselitz, propongono sempre un messaggio politico, ma dalla scrittura letteraria. Sono Kafka, Joyce, Musil i suoi autori, e i grandi romanzieri russi «sia prima che dopo la rivoluzion­e». In mostra un grande dipinto, Il coro Brücke (1983), ci fa capire: ecco quattro figure, tre rovesciate, una di fronte a noi, qui è subito evidente il dialogo con Munch, ma c’è molto altro. Scrive Baselitz sul dipinto: «È come se un sigillo cilindrico fosse srotolato sulla tela da sinistra a destra, dove ogni nuova figura mostra il cambiament­o di colore dal giallo al blu e allo scuro» e collega il dipinto ad altre opere, Colazione a Dresda (1983) e La notte (1985) che muove da una tavola con la Morte della Vergine di fine XIII secolo e dal Picasso de L’aubade (1942). Dunque quella che scopriamo in Baselitz è la lunga durata delle immagini e la densità dei loro significat­i che è evidente anche nelle pitture più recenti ; così in Chi? Che cosa? (2016) ritrovi la materia di Fautrier e l’ossessione dei neri di Antoni Tàpies, mentre scopri la densità di Chillida e in genere della scultura cubista nel Gruppo BDM (2012) posto, forte introibo alla mostra, sul prato davanti alla Fondazione Beyeler.

Qual è dunque il senso della rassegna che celebra gli 80 anni di Baselitz, insieme alla mostra dei suoi durissimi disegni al Kustmuseum? «Erano ad Est e sono essi pure qui adesso Penck, Polke, Lüperz, Richter… e sento di essere nel posto giusto», dunque a Occidente, diceva Baselitz nel 1988. E ancora: come è stata distrutta l’«arte degenerata», nella Germania Est è stata chiusa nei depositi l’arte descrittiv­a del Terzo Reich ed esposta quella dei «pittori della Rdt che hanno fatto la stessa cosa senza dover uccidere nessuno». Insomma la pittura come segno identitari­o della storia di una Germania orgogliosa delle proprie durissime, vissute memorie. Di queste Baselitz è certo, oggi, il massimo testimone.

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 ??  ?? Alcune opere di Georg Baselitz in mostra fino al 29 aprile a Basilea. Sopra: Der Brückechor (1983, olio su tela, collezione privata). Sotto: P.D. Fuss (1963, olio su tela, Crex Collection). In basso, dall’alto: Rotgrüner (1963, olio su tela, collezione...
Alcune opere di Georg Baselitz in mostra fino al 29 aprile a Basilea. Sopra: Der Brückechor (1983, olio su tela, collezione privata). Sotto: P.D. Fuss (1963, olio su tela, Crex Collection). In basso, dall’alto: Rotgrüner (1963, olio su tela, collezione...
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 ??  ?? L’appuntamen­to Georg Baselitz, a cura di Martin Schwander, Basilea, Fondation Beyeler, fino al 29 aprile (Info Tel +41 61 645 97 00; fondationb­eyeler.ch), catalogo Fondation Beyeler, (tedesco-inglese, pp. 280, franchi svizzeri 62,50. La mostra...
L’appuntamen­to Georg Baselitz, a cura di Martin Schwander, Basilea, Fondation Beyeler, fino al 29 aprile (Info Tel +41 61 645 97 00; fondationb­eyeler.ch), catalogo Fondation Beyeler, (tedesco-inglese, pp. 280, franchi svizzeri 62,50. La mostra...

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