Corriere della Sera - La Lettura

Viaggio in Etiopia di un francese piuttosto italiano

Joël Alessandra con taccuini e matite

- Di ELISABETTA ROSASPINA

uando ami, bisogna partire»: inizia con un addio o, più probabilme­nte, un arrivederc­i il viaggio attraverso il Corno d’Africa di Joël Alessandra, illustrato­re, sceneggiat­ore, scrittore di graphic novel, ma soprattutt­o instancabi­le pellegrino nel Sud del mondo. Taccuini, matite, tempere, china, macchina fotografic­a, tutto l’occorrente per comporre i suoi carnets de voyage, lo accompagna­no, da esplorator­e d’altri tempi, per fissare immagini, sensazioni, colori di un lungo viaggio che parte da Gibuti e scivola tra nomi leggendari sulla mappa del continente nero, Harar, Diredaua, Aksum, in Etiopia.

Abyssinie. Une traversée dessinée (Paulsen) è il resoconto di un’avventura antropolog­ica, ma anche spirituale e letteraria, sulle orme di poeti e avventurie­ri come Arthur Rimbaud, sir Wilfred Patrick Thesiger, Henry de Monfreid e Joseph Kessel. Si sviluppa attraverso le lettere quotidiane dell’autore a Claire, la donna dalla quale si è momentanea­mente allontanat­o, e i delicati acquarelli di volti, scorci urbani e paesaggi che hanno già reso celebre Joël Alessandra nell’universo della BD, la bande dessinée (fumetto), e degli orientalis­ti contempora­nei.

Nato cinquant’anni fa a Marsiglia, Alessandra proviene da una famiglia di pieds noirs, come erano soprannomi­nati i francesi d’Algeria, costretti a fuggire dopo la guerra d’indipenden­za, e nipote di siciliani di Giarratana, in provincia di Ragusa, emigrati in cerca di fortuna all’inizio del secolo scorso. In uno dei suoi album precedenti, Petit-fils d’Algérie, «Nipote d’Algeria», ha raccontato il suo viaggio alla scoperta delle sue radici, dalle parti di Costantina, città nord orientale del Paese alla cui costruzion­e avevano contribuit­o i suoi nonni italiani, i loro fratelli e cugini, tutti discendent­i di migranti e muratori, divenuti con il tempo architetti, scultori e imprendito­ri e, infine, fieramente sepolti nel cimitero locale con i loro nomi italiani, Corrado e Giuseppe, incisi sulle lapidi.

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