Corriere della Sera - La Lettura

L’amore impossibil­e ai tempi della ’ndrangheta

Paesaggi interiori Nunzio ha una storia con Antonio, perciò Antonio deve morire e Nunzio sparire per sempre in Inghilterr­a. La malinconic­a levità di Angela Nanetti

- Di ERMANNO PACCAGNINI

Non ci si può amare, liberament­e, al Sud, negli anni Settanta. Soprattutt­o se si appart i e ne a una f a migl i a del l a ’ndrangheta. Peggio ancora se tu, Nunzio, t’innamori di Antonio. È così che una sera del giugno 1970 tre incappucci­ati pestano a morte Antonio e fanno sparire Nunzio dal paesino, spedendolo a Londra presso conoscenti. Un Nunzio di cui restano due foto, che lo ritraggono in due squadre di calcio: quella del paese, nella pescheria gestita dalla madre; e quella del Bedford, appesa nel caffè londinese d’un vecchio compagno. Sono foto nelle quali, a distanza di anni l’una dall’altra, si imbatte Annina, figlia di Sante, fratello di zio Nunzio. Uno zio misterioso e cancellato, le cui uniche notizie sul suo vivere in Inghilterr­a spuntano dalle lamentazio­ni di nonna Carmela per quel «figlio prediletto» che le è stato strappato dal marito e dall’altro figlio; e verso il quale la ragazza avverte una qual- che affinità. Un mistero che s’infittisce nell’ottobre 1985 con l’arrivo al paese da Londra di una bara, dove «l’unica che piangeva era nonna Carmela. E continuò a piangere e a portare i garofani bianchi e rossi a zio Nunzio tutte le settimane, finché riuscì a trascinare le gambe al cimitero». Con una Annina di otto anni che per cinque anni l’accompagna al cimitero, raccoglien­do da lei «mozziconi di frasi, alcune delle quali vagamente minacciose e oscure, come quella su mio padre».

Uno zio sul quale peraltro il lettore è nel frattempo informato in quanto il romanzo, dalla struttura circolare, inizialmen­te alterna ai capitoli in terza persona su quanto accade a Nunzio a Londra quelli affidati all’io narrante di Annina, che va alimentand­o quella passione per il teatro. Un’alternanza che cessa nel momento in cui Annina, dopo vari tentativi, riesce finalmente a fuggire a Milano dopo essere stata rinchiusa dal padre mezza nuda in inverno in una masseria per quella passione, perché «anche mia nonna Carmela dice che le attrici sono tutte “pputtane”».

Di qui allora la lineare narrazione delle vicende londinesi di un Nunzio che, frustrato anche lassù nella passione calcistica, sopravvive coi più vari lavori, studiando nel frattempo l’inglese in una scuola nella quale ha la fortuna di conoscere Thomas Morris, in realtà un baronetto che ha rinnegato il proprio status e il suo vero nome per la sua passione per Marx.

Una amicizia che lo vede affiancare Thomas, talora anche di malavoglia, nell’attivismo politico; nella quale però lo stato di confidenza attiva in lui un processo di liberazion­e dal trauma del passato, ritrovando infine quella libertà interiore che lo porta a nobilitare la sua passione per Antonio: «Sono gay. Non più frocio o recchione. Gay»; decidendos­i finalmente — «Dieci anni, c’erano voluti dieci anni» — a tirar «fuori dalla valigia la foto segreta con Antonio al mare, nudi tra le dune» su cui si legge «Capo Spartivent­o. 2 luglio

1969. Ti amo» . Un Nunzio che sa ora vivere liberament­e non solo la propria sessualità (e sono i momenti della passionali­tà inebriante con «l’angelo ribelle» Larry), ma soprattutt­o la sua stessa vita e creatività, nel momento del rapporto vero con Funny, «un artista, un fotografo famoso» che a Nunzio «voleva bene» e grazie al quale scopre la vocazione per la fotografia, giungendo persino a promettere a mamma Carmela di venire «con un amico» in Aspromonte, «a fare un servizio fotografic­o sui sequestri», che purtroppo non si realizzerà. E una Annina che, da questo punto, presa dalla sua avventura teatrale, passa da Milano a Londra, tra passioni e delusioni, incalzata dalla nonna perché raccolga notizie su quel «figlio prediletto». Trovando ben di più, a partire dal casuale incontro con la foto inglese dello zio calciatore: la verità su di lui e sulle misteriose parole della nonna; sul padre Sante arrestato come sequestrat­ore; su quella madre ufficialme­nte perita in un incidente stradale e a lungo disprezzat­a, ma che a sua insaputa ha voluto offrirle «una speranza» E su quella tomba alla quale Annina torna per un ultimo gesto dovuto a zio Nunzio e a nonna Carmela.

Storie dolorose, di solitudini, di ricerca di se stessi nella propria diversità sessuale, nelle quali Nanetti si muove con scrittura di sostanzial­e malinconic­a levità, pur se in qualche tratto ripetitiva o insistita. Ciò che accade proprio con le figure più lavorate quanto a introspezi­oni, come le maschili, tra le quali si stagliano Nunzio, lo sfuggente Thomas e il Funny della seconda parte del romanzo, col quale Nunzio entra in rapporto di familiarit­à, mentre più macchietta, al pari degli altri uomini di spettacolo, è il Funny iniziale che voleva Nunzio come modello e sovrespost­o mi suona Larry. E lo stesso per le slavate figure femminili (la madre, le attrici Mary Ann e Concetta), compresa una sbiadita Annina; soprattutt­o se paragonate alla presenza sontuosa di nonna Carmela, vero silente collante dell’intera vicenda.

All’inseguimen­to Annina sogna il teatro (dall’Aspromonte fugge a Milano) e segue le tracce dello zio sparito (da Milano fugge a Londra)

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