Corriere della Sera - La Lettura
La principessa africana riappare dopo quarant’anni
(Ri)scoperte Tutu era una giovane nigeriana del gruppo etnico degli Yoruba, figlia di un governante locale molto rispettato. Ben Enwonwu era un artista destinato a un successo internazionale, pioniere della pittura del continente, membro degli Igbo. Si in
Fino a una fredda e buia mattina londinese dello scorso dicembre era conosciuta come la «Monna Lisa perduta dell’Africa». Quando se l’è ritrovata davanti, l’esperto d’arte Giles Peppiatt non poteva credere ai propri occhi. Inseguiva quel dipinto da anni e, ogni volta, sempre la stessa scena: chi lo chiamava diceva di avere tra le mani Tutu, il ritratto della principessa Adetutu Ademiluyi di Ben Enwonwu, un olio su tela dipinto dall’artista nigeriano in tre versioni tra il 1973 e il 1974. Ma si trattava sempre di un falso.
L’ultima volta che una delle tre opere fu vista era il 1975, esposta in una mostra all’ambasciata italiana di Lagos, in Nigeria. Da quel momento se ne persero tracce. Per oltre quarant’anni Tutu è stato il cruccio di appassionati ed esperti d’arte. Fino a due mesi fa, quando il dipinto è riemerso in un modesto appartamento a nord di Londra. I proprietari lo tenevano appeso nel soggiorno.
Peppiatt, 52 anni, si occupa di arte africana moderna e contemporanea per la casa d’aste inglese Bonhams, che ha sede in una delle zone più lussuose di Londra, a New Bond Street. Proprio da Bonhams Tutu andrà all’asta il 28 febbraio. L’evento verrà trasmesso live anche a Lagos, al Wheatbaker Hotel, per dare la possibilità ai collezionisti nigeriani di provare ad acquistarlo. Il valore stimato è duecento-trecento mila sterline (225-340 mila euro). L’opera è alta 97 centimetri e lunga 66,5.
«Quando mi hanno chiamato per valutare un’opera di Enwonwu mi aspettavo qualcosa di molto diverso — spiega Peppiatt a “la Lettura” da Johannesburg, dove si trova per lavo- ro —. Ci sono andato senza molte aspettative. I proprietari erano sicuri che fosse di Ben Enwonwu, in quanto la firma sul quadro è facilmente riconoscibile. Pensavo di trovarmi davanti a un dipinto che non valesse più di settemila sterline (ottomila euro, ndr). La prima sorpresa fu proprio lì. Ero sicuro al 99 per cento che fosse l’autentica Tutu; conosco il canone stilistico di Ben Enwonwu molto bene. È stato straordinario vederla appesa in quell’appartamento così sobrio e dimesso. Tuttavia, prima di confermare ai proprietari che si trattava di un originale ho aspettato un giorno e fatto ulteriori verifiche».
Il trittico realizzato da Enwonwu (19171994) — il primo artista nigeriano a riscuotere un successo internazionale, considerato un pioniere dell’arte africana — è diventato un simbolo della riconciliazione del Paese subito dopo la fine della guerra del Biafra, il conflitto civile esploso tra il 1967 e il 1970. Il casus belli fu il tentativo di secessione delle province sudorientali della Nigeria, che si autoproclamarono appunto Repubblica del Biafra. Al termine del conflitto, che vide infrangersi il sogno secessionista, si contavano oltre un milione e duecentomila morti tra soldati e civili.
Adetutu Ademiluyi era la nipote di un governante locale molto rispettato, appartenente al gruppo etnico degli Yoruba. Camminando un giorno nella campagna di Ife, nel SudOvest del Paese, Ben Enwonwu incontrò la giovane principessa e rimase colpito dalla sua bellezza. Le disse che doveva assolutamente ritrarla. L’artista faceva parte degli Igbo, uno dei più grandi gruppi etnici africani. Gli Igbo combattevano per la secessione dalla Nigeria. Gli Yoruba, per la maggior parte, la contrastavano. La principessa disse che prima di essere ritratta avrebbe dovuto chiedere il permesso a suo padre, che acconsentì. Fu così che nacque la «Monna Lisa africana».
I proprietari di Tutu hanno ereditato il dipinto dal padre, il quale aveva interessi commerciali in Nigeria. Non erano al corrente né della storia né della fama dell’opera, né si aspettavano che potesse valere così tanto. Hanno chiesto di rimanere anonimi. «È un dipinto straordinario», continua Giles Peppiatt. «La posa della giovane principessa è molto audace, sembra quasi che voglia sfidare lo spettatore, ipnotizzarlo. Il suo sguardo si perde fuori dal quadro. Il movimento del corpo è insolito. Enwonwu aveva un’idea ben precisa di come realizzare la sua Tutu, ed è stato capace di creare un’atmosfera mistica. È come se fosse riuscito a scolpire sulla tela quella donna che così tanto lo aveva affascinato».
Il primo dei tre dipinti, eseguito nel 1973, rimase nello studio dell’artista fino alla sua morte. Poco dopo se ne persero le tracce. Quello ritrovato a Londra da Peppiatt è la seconda versione. Della terza non si sa quasi nulla. Senza dubbio, parte della fama che accompagna questa serie di opere è il mistero che le circonda, insieme al significato storico e simbolico di un incontro: quello tra la principessa e l’artista, tra una donna e un uomo che appartenevano a due fazioni opposte di un conflitto drammatico. Per celebrare quell’evento, Enwonwu realizzò Tutu in tre versioni. Tre simboli di speranza e riconciliazione.