Corriere della Sera - La Lettura

Rossini, l’incontro delle civiltà

- di GIAN MARIO BENZING

Celebrazio­ni Un ciclo di concerti e dibattiti dal 23 febbraio al 4 marzo (per il compleanno) e un’edizione speciale del festival estivo (per i 150 anni dalla scomparsa). Con il ritorno di «Ricciardo e Zoraide», un’opera di paladini cristiani e di musulmani

«Stupendo è lo spettacolo d’un popolo festivamen­te commosso a celebrare le natalizie ricorrenze d’un illustre concittadi­no», recita il «Discorso inaugurale detto in Pesaro in onore di Gioachino Rossini la sera del 29 febbraio 1864», settantadu­esimo anniversar­io della sua nascita.

Quasi ci siamo. Rossini (1792-1868) è nato in un anno bisestile, ma che importa? A Pesaro, tutto lo stupendo popolo dell’opera è festivamen­te pronto a celebrarlo comunque, e in grande. Dal 23 febbraio al 4 marzo, si snoda un fitto cartellone di eventi in suo onore. Il «Rossini Opera Festival», guidato da Ernesto Palacio e con l’Orchestra Sinfonica Nazionale Rai protagonis­ta, quest’estate avrà un taglio speciale, per la ricorrenza del 2018, i 150 anni dalla scomparsa del compositor­e. Tra le sue gemme segna, infatti, il ritorno di una rarità di prezioso lirismo, Ricciardo e Zoraide, opera «giovanile» composta da Rossini per il San Carlo di Napoli giusto 200 anni fa, nel 1818. Un titolo storico del «Rof», presentato per la prima volta in epoca moderna nel 1990, con la regia di Luca Ronconi e Riccardo Chailly sul podio. Dall’11 al 23 agosto la vedremo in una nuova produzione, diretta da Giacomo Sag r i pa nt i , re g i a de l ca na de s e Marshal l Pynkoski (a contorno: Adina, Il barbiere di

Siviglia, la Petite messe solennelle e Il viaggio a Reims).

La vicenda della bella Zoraide, rapita dal re di Nubia Agorante e reclamata dal paladino Ricciardo, tra rocamboles­chi travestime­nti e colpi di scena, offre grande varietà di spunti. «L’opera ha pagine di notevole interesse musicale. E di notevole difficoltà. — spiega a “la Lettura” il maestro Sagripanti —. I suoi sedici recitativi accompagna­ti dall’orchestra obbligano a rendere la vicenda in modo molto fluido. La sovrabbond­anza di momenti lirici richiede qui una continuità tra arie e recitativi intercalat­i dai cori. Il momento lirico deve arrivare come dopo un’attesa. Se la dinamicità dei recitativi è ben costruita, arie e duetti diventano godimento ideale, pura astrazione».

«Amo molto l’inventiva e la ricchezza d e l l a musi c a d i Ros s i n i — i n te r v i e n e Pynkoski —. Conduce l’ascoltator­e attraverso un’infinita varietà di emozioni: allegria, pathos, amore. E splendidi effetti teatrali. Sono entusiasta del cast scelto da Ernesto Palacio e dal suo staff; anche la mia coreografa, Jeannette Lajeunesse Zingg, è felice che i danzatori vengano selezionat­i, per suo conto, da Lara Montanaro, finissima assis te nte a l nostro debutto a l l a Scal a nel 2015».

Ma visivament­e? La regia di Ronconi del ’90 faceva affiorare paladini e africani da immobili dune di sabbia; quale Oriente vedremo sulle scene pesaresi? «La prima edizione di Ricciardo e Zoraide del 1818 — continua Pynkoski — fu influenzat­a da ciò che gli scenografi del tempo conoscevan­o dell’arte e all’architettu­ra islamica. La nuova produzione segue un percorso simile. Lo scenografo, Gerard Gauci, è un profondo conoscitor­e della figurazion­e islamica. Punto di “decollo” della nostra messinscen­a sono stati i modelli, i colori e le forme calligrafi­che dell’esposizion­e da lui progettata per l’Aga Khan Museum di Toronto, “Arti dall’Oriente”. Detto questo: non cerchiamo di ricreare il mondo islamico in sé e per sé, lo presentiam­o nel contesto delle convenzion­i teatrali dell’opera e del balletto del XIX secolo: i costumi ricorderan­no, ad esempio, le silhouette. Facendo riferiment­o al passato, tuttavia, ci mettiamo alla prova su nuove strade, come artisti del XXI secolo. Avremo enormi trompe l’oeil, pensati per deliziare la vista e insieme giocare con il senso dello spettatore per le dimensioni e per la prospettiv­a».

Paladini «contro» africani: assisterem­o a un conflitto di culture? «No, il dramma focalizza piuttosto una lotta di potere all’interno di un sistema di rapporti personali. Eccetto l’episodio in cui Agorante ricorda che gli è permesso avere più di una moglie, i sentimenti dei protagonis­ti, siano essi cristiani o musulmani, sono spiccatame­nte similari. Semmai, i personaggi cristiani mostrano maggiore doppiezza, ricorrendo a bugie, travestime­nti e sotterfugi, mentre i musulmani sono più empatici ed estremamen­te schietti riguardo a sentimenti e progetti. Il conflitto di culture è qui assai meno palese che nel Ratto dal serraglio di Mozart. La danza, invece, avrà un ruolo significat­ivo e si inserirà in molti passaggi corali e orchestral­i, interagend­o con i cantanti». Ci sarà, come prescrive il libretto, la «banda in scena»? «Credo che non avremo posto: con 48 coristi, una dozzina di danzatori e tutti i solisti, il palcosceni­co sarà pieno di figure. E di azione!».

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 ??  ?? Maestro Gioachino Rossini (17921868, sopra: ritratto da Étienne Carjat) fu il più celebrato operista italiano del primo Ottocento: scrisse capolavori come Tancredi o L’italiana in Algeri (1813) e Il barbiere di Siviglia (1816). Dopo Guglielmo Tell...
Maestro Gioachino Rossini (17921868, sopra: ritratto da Étienne Carjat) fu il più celebrato operista italiano del primo Ottocento: scrisse capolavori come Tancredi o L’italiana in Algeri (1813) e Il barbiere di Siviglia (1816). Dopo Guglielmo Tell...

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