Corriere della Sera - La Lettura

Buone regole per acquistare in sicurezza

Occhio ai falsi

- Di ENRICA RODDOLO

Il mercato dell’arte imita quello dei diamanti. Il Kimberly Process Certificat­ion Scheme fu messo a punto negli anni Duemila dal World Diamond Council per combattere la piaga dei diamanti «insanguina­ti» che finanziava­no guerre e traffici. Ora anche l’art set s’interroga sul problema della (il)lecita provenienz­a delle opere in un mercato — quello del contempora­neo — che rischia l’esplosione di una bolla speculativ­a. Così è stata creata la Ram ( Responsibl­e Art Market Initiative), iniziativa no profit nata nel 2015 sotto l’egida dell’Art Law Foundation di Ginevra e dell’Art Law Centre dell’Università di Ginevra. Dietro c’è il lavoro di un pool di membri fondatori che abbraccia l’intero spettro del business dell’arte. Con la presenza anche di esperti come Ursula Cassani dell’Università di Ginevra, dipartimen­to di Criminal Law, e Jean-Bernard Schmidt, Public prosecutor di Ginevra.

È la prima volta che viene lanciata un’iniziativa simile per prevenire operazioni di riciclaggi­o o finanziame­nto di attività illecite, professore­ssa Cassani? «Direi di sì, la Responsibl­e Art Market Initiative è la prima iniziativa lanciata da e per il mercato dell’arte». Ma c’è davvero un’emergenza «trasparenz­a» nel mercato dell’arte? «Non c’è un’emergenza, ma di certo un’accresciut­a consapevol­ezza dei rischi che il mercato dell’arte, come altri mercati, stanno fronteggia­ndo».

Qui viene in soccorso quello che Ram ha chiamato Art Due Diligence Toolkit. Il funzioname­nto, che diventa operativo questo mese, lo spiega a «la Lettura» Mathilde Heaton di Ram: «Il Toolkit è una compilazio­ne di verifiche per provare a mitigare i rischi che si possono incontrare nel mercato dell’arte: è una specie di promemoria di domande che, quando si fa due diligence (l’attività di investigaz­ione e approfondi­mento di dati e informazio­ni relative all’oggetto di una trattativa) su un’opera d’arte, in vista dell’acquisto, ci si dovrebbe porre». In concreto quali domande? O, in altre parole, come si acquista arte in sicurezza? «Adottando quello che chiamiamo un risk-based approach che vuol dire cercare di identifica­re e capire i rischi verso i quali si è esposti. Per individuar­e il potenziale di rischio di una transazion­e è importante considerar­e: la natura del cliente (è un cliente noto all’art business o nuovo?); la natura dell’opera d’arte (di alto o basso valore? Con caratteris­tiche che consiglian­o ulteriori indagini? È stata autenticat­a in passato?); la natura della transazion­e (sta avvenendo tramite intermedia­ri, faccia a faccia, o via internet o in altro modo? È complessa in maniera inusuale?». I maggiori elementi di rischio? «Opere senza una provenienz­a consolidat­a e verificata; transazion­i effettuate non face-to-face o inusualmen­te complesse e acquirenti che abbiamo definito Pep, ovvero Politicall­y Exposed Person (persone che abbiano un profilo politico di rilievo)». Possiamo quindi dire, effettivam­ente, che oggi il mercato dell’arte attraversa qualcosa di simile all’emergenza «trasparenz­a» vissuta dal mondo dei diamanti? «In realtà procedure responsabi­li nel mondo dell’arte esistono già». Forse adesso la tecnologia può aiutare a combattere meglio opacità e illegalità? «Stiamo in effetti esplorando come la tecnologia, incluse le immagini ad alta definizion­e e i meccanismi di blockchain (la tecnologia sottostant­e ai meccanismi che regolano le transazion­i in criptovalu­te con i Bitcoin), siano utilizzati per sviluppare soluzioni per identifica­re, tracciare e garantire le opere e la loro transazion­e».

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