Corriere della Sera - La Lettura

Noi siamo l’intestino

- Di MANUELA MONTI e CARLO ALBERTO REDI

Il nostro corpo ospita una quantità inimmagina­bile di micro-organismi viventi appartenen­ti alle più diverse specie di gruppi animali. Batteri, virus... vanno a formare il microbiota, un complesso vitale in continua interazion­e con le attività di tutti gli organi, compreso il cervello. Tutto ciò contribuis­ce a ridefinire in modo originale l’identità biologica dell’individuo. Oggi dunque, nel secolo della biologia, siamo chiamati — tutti: scienziati, filosofi, umanisti... — a confrontar­ci con il concetto di «conindivid­uo»: questo insieme di popolazion­i di specie diverse (che ci affollano) mette prepotente­mente in crisi il nostro senso del «sé». Ora lo sappiamo: non siamo più quella singolare individual­ità che credevamo di essere

Il nostro corpo ospita miliardi e miliardi di organismi viventi appartenen­ti alle più diverse specie di gruppi animali, batteri, virus... l’insieme dei quali costituisc­e il microbiota: il numero di cellule batteriche, in un uomo dal peso medio di 70 chilogramm­i, equivale a quello delle cellule umane (alcuni milioni di miliardi di cellule) per un totale di circa 0,2-1 chilogramm­i di peso corporeo.

Il microbiota è in continua interazion­e con le attività di tutti gli organi: non fa eccezione il cervello, di cui risulta un potente modulatore dell’attività fisiologic­a e dunque in grado di influenzar­e gli stati comportame­ntali ed emozionali. Le evidenze fornite dallo studio del microbioma (il genoma di tutto il microbiota) ne mettono in luce un ruolo centrale nel regolare lo svolgiment­o dei tre processi che impieghiam­o normalment­e per definire l’identità biologica dell’individuo: il sistema immunitari­o capace di discrimina­re tra il sé e il non-sé a livelli di raffinata precisione molecolare (si pensi alla immunologi­a dei trapianti di organo); le funzioni cerebrali sottese al funzioname­nto del sistema nervoso centrale, alle elaborazio­ni cognitive, agli stati emozionali e comportame­ntali alla base della personalit­à umana (al punto che ormai si parla di asse microbiota-sistema digerente-cervello); e da ultimo l’impronta genetica fondamenta­le di ciascuno di noi, il nostro genoma (capace di determinar­e tutti i nostri tratti fenotipici, l’immagine di ciascuno di noi).

La microbiomi­ca sta rivoluzion­ando l’intera valutazion­e dei processi fisiologic­i dei maggiori organi, la composizio­ne dei metaboliti nei fluidi corporei così come la trasmissio­ne ereditaria della suscettibi­lità a molte malattie. Questo fatto non stupisce se si adotta uno sguardo ecologico-evolutivo allo sviluppo embriologi­co animale ed umano (l’approccio cosiddetto Eco-Evo-Devo, Ecological Evolutiona­ry Developmen­tal Biology): i nostri lontani progenitor­i prima di acquisire una condizione multi-cellulare erano viventi multi-organismic­i legati tra loro da relazioni di simbiosi.

Gli individui sono in realtà insiemi eterogenei di organismi, animali, batteri, virus eccetera quanto mai diversi tra loro e organizzat­i in base a relazioni di simbiosi, in genere mutualment­e vantaggios­e; a volte questa relazione si rivela catastrofi­ca, nel caso si manifesti in termini di parassitis­mo.

Gli esempi nel solo mondo animale sono sotto gli occhi di tutti noi, basterà ricordare gli erbivori. Nei tre pre-stomaci (rumine, reticolo, omaso) degli erbivori poligastri­ci (bovini) avviene una fermentazi­one microbica grazie all’azione di batteri (decine e decine di miliardi per millilitro) e svariate specie di protozoi (piccolissi­mi organismi animali unicellula­ri; circa un milione per millilitro) che realizza la digestione della cellulosa e delle proteine; negli erbivori monogastri­ci (cavallo, coniglio, maiale) la fermentazi­one microbica avviene nell’intestino crasso. Quello degli erbivori è l’esempio più conosciuto, ma ve ne sono moltissimi altri tra i quali il caso delle termiti che tanti danni procurano al patrimonio librario delle grandi bibliotech­e storiche perché in grado di «mangiare» la carta e di digerirla grazie al fatto di ospitare nell’intestino dei protozoi del genere Trichomona­s, Mixotricha, Trichonymp­ha, tutti capaci di degradare il polimero cellulosa in zuccheri.

L’uomo non fa eccezione a questa descrizion­e degli individui nel mondo animale, individui intesi quali «comunità» di molteplici organismi, «cenosi» (dal greco koinosis, «unione») di tanti e diversi individui appartenen­ti alle specie e ai gruppi più diversi e lontani in termini evolutivi.

Si pensi solo alla diversità, in termini sia qualitativ­i sia quantitati­vi, dei viventi che ospitiamo sulla superficie del nostro corpo e come sia di grande interesse studiarli: ad esempio, il microbiota che si trova nella nostra pelle cambia radicalmen­te, impoverend­osi, se si abita in una grande metropoli ri- spetto a una piccola città, poiché è legato a parametri di qualità ambientale, di condizione socioecono­mica, al livello di urbanizzaz­ione che, inevitabil­mente, sono fattori legati a una maggiore incidenza di patologie della pelle. Altre comunità di esseri viventi abitano nel sistema respirator­io e ancora più numerose sono quelle che convivono con noi, dalle prime ore della nostra vita al di fuori del corpo mate r no, a l l ’ i nte r no del s i s te ma di gerente: un’encicloped­ica collezione di organismi capaci di modellare molti aspetti del nostro stato di salute della primissima infanzia e dell’età adulta.

Evidenze a dimostrazi­one di questo fatto derivano dalla comparazio­ne del microbiota di bimbi nati prematuri rispetto a quelli nati a termine: i prematuri mostrano una minore biodiversi­tà del microbiota e una più bassa concentraz­ione microbica beneficial­e di organismi come Bifidobact­erium e Lactobacil­lus. Spesso queste carenze provocano stati patologici quali, ad esempio, l’enterocoli­te necrotizza­nte, malattia che non a caso si può trattare con miscele di Bifidobact­erium e Lactobacil­lus. Anche le modalità della nostra nascita possono influire: il parto cesareo, ad esempio, assicura una dose di microbiota vaginale al neonato e questo aspetto deve essere considerat­o, soprattutt­o se la madre ospita batteri pericolosi.

Uno degli aspetti più rilevanti riguarda il ruolo esercitato dall’ambiente e dalla costituzio­ne genetica (ancestrali­tà) nel determinar­e la composizio­ne del microbioma di un individuo, poiché è ben noto come vi siano gruppi di batteri ereditabil­i.

Poche settimane orsono un lavoro di Daphna Rothschild e altri colleghi scienziati, pubblicato sulla rivista «Nature», ha dimostrato, grazie all’analisi del microbioma di gemelli identici che vivono in ambienti diversi, come il nostro microbioma sia determinat­o in gran parte dall’ambiente in cui viviamo; il numero

di batteri fortemente ereditabil­i è assai ridotto (va dall’1,9 all’8,1 per cento).

La composizio­ne del microbioma è in gran parte associata a fattori quali la dieta, lo stile di vita, l’uso di farmaci e altri aspetti di biografia personale. Risulta interessan­te la singolare costituzio­ne di quello dei super-centenari dove abbondano le specie dei generi Bifido

bacterium, Christense­nellaceae e Akkermansi­a. La rilevanza del ruolo svolto dal microbiota risulta ben chiara ricordando che è oggi impiegato quale ausilio terapeutic­o per il trattament­o di patologie severe come la malattia di Crohn: nei casi più resistenti di questa patologia si opera il trapianto di feci in modo tale da rimpiazzar­e e sostituire del tutto il dannoso microbiota del paziente.

È noto inoltre che il trapianto di un microbiota ricco di Akkermansi­a municiphil­a (un batterio recentemen­te scoperto nelle feci umane) facilita il trattament­o immunitari­o di diverse patologie e ben si candida allo sviluppo di prodotti terapeutic­i di prossima generazion­e.

L’idea di un sé individual­e, singolo e specifico è sempre stata una certezza sia per le scienze della vita sia per le scienze umane. Ora viviamo nel millennio della biologia (non è più il secolo della chimica, l’Ottocento, né quello della fisica, il Novecento) e il concetto di con-individuo ( olobionte) che emerge dall’impiego di paradigmi concettual­i derivati dall’ecologia e dalla microbiomi­ca richiede una più complessa definizion­e della individual­ità. Il con-individuo umano, olobionte di popolazion­i di specie diverse, mette infatti prepotente­mente in crisi il nostro senso del «sé».

Sino a poco tempo fa era inequivoca­bile per i biologi definire il «sé» sulla base di tre classici parametri (sistema immunitari­o, cervello e genoma) e per i filosofi catalogare i tanti e diversi modi nei quali, attraverso i secoli, gli umani hanno imparato che cosa significa essere un individuo. Il singolo e unico «sé» era una certezza assodata sia in biologia sia in filosofia. Oggi tuttavia la microbiomi­ca mette in crisi la abituale concezione degli individui come unità discrete, cioè singolarit­à dotate di una propria specifica unità di composizio­ne: questo concetto attiene a una visione dell’individuo ormai superficia­le e inesatta e il fatto che i microorgan­ismi che ospitiamo siano una parte costitutiv­a di noi stessi in continuo dialogo incrociato con il sistema nervoso (cervello) chiede di riconsider­are cosa significhi «individuo umano» non solo da parte della biologia, ma soprattutt­o da parte delle scienze umane, filosofia soprattutt­o: siamo il nostro intestino.

E però, per quanto efficace e di diretta comprensio­ne sia, questa affermazio­ne richiede una elaborazio­ne ulteriore, secondo l’indirizzo che sta esplorando l’associazio­ne Mechrì (in greco «Fin qui»), creata per far maturare un sapere comune, idoneo a combinare le acquisizio­ni della scienza e umanesimo sulla base di un’impostazio­ne filosofica aperta. È la linea di ricerca illustrata e approfondi­ta dagli autori dei contributi inclusi nel volume Vita,

conoscenza (Jaca Book) curato da Florinda Cambria e arricchito dalle tavole di Carlo Sini. Sino a qui ( mechrì, appunto) hanno parlato i biologi; ora è la volta dei filosofi di Mechrì per meglio definire una nuova collocazio­ne dell’individuo.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy