Corriere della Sera - La Lettura

Una battaglia tra tifosi antichi La vita del magistrato di Pompei

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Nei giorni scorsi il direttore degli scavi di Pompei Massimo Osanna ha presentato alla Columbia University di New York il sensaziona­le ritrovamen­to, avvenuto nel luglio scorso nella zona di Porta Stabia, durante il restauro di un edificio ottocentes­co, di una tomba monumental­e con un’iscrizione lunga 4 metri, un elogium per un magistrato locale, da identifica­rsi probabilme­nte con Gneo Alleo Nigidio Maio, già noto come impresario di giochi gladiatori e proprietar­io di immobili. Figlio di una ex schiava, grazie all’alta mobilità sociale dell’epoca era divenuto magistrato cittadino, fino ad essere acclamato princeps della colonia. L’iscrizione ricorda vari eventi della sua vita, dall’assunzione della toga virile a 14 anni al matrimonio, all’elezione alle magistratu­re locali, occasioni in cui aveva finanziato sontuosi banchetti, giochi con centinaia di gladiatori e cacce con animali di ogni genere, guadagnand­osi il favore del popolo. Soprattutt­o parla di un episodio raffigurat­o in un bell’affresco di Pompei (dalla «Casa della Rissa nell’anfiteatro»), e a cui accenna anche Tacito negli Annali, cioè la rissa, degenerata in scontro armato con morti e feriti, avvenuta nel 59 d.C. durante uno spettacolo di gladiatori fra i tifosi di Pompei e quelli della rivale Nocera. Secondo Tacito, Nerone esiliò i due sommi magistrati di Pompei, proibendo ogni spettacolo per 10 anni (l’anfiteatro fu però riaperto nel 62). L’iscrizione c’informa che il defunto, grazie all’amicizia con Nerone, riuscì a riportare a casa gli esuli. Due metri sopra la tomba, sugli strati di lapilli, sono visibili i solchi dei carri in fuga durante l’eruzione del 79.

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Pompei, l'affresco Rissa nell’anfiteatro

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