Corriere della Sera - La Lettura
Costruiamo classi digitali: sono cattedrali del XXI secolo
«Contenuti e strumenti digitali entrano — e devono entrare — nella scuola, come già fanno nella vita di ciascuno. Una scuola che ignorasse il digitale sarebbe fuori dalla realtà. Questo non implica affatto però che qualunque strumento o contenuto digitale sia automaticamente buono perché digitale. Quella con cui abbiamo a che fare è una galassia estesa e variegata, include ottime cose ma anche molta spazzatura».
Si intuiscono già a pagina 9 la chiarezza delle posizioni e il buon senso del saggio di Gino Roncaglia L’età della frammentazione. Cultura del libro e scuola digitale (Laterza). Volume-manifesto in cui — dopo anni di impegno sul tema, da studioso e docente (Informatica umanistica all’Università della Tuscia), ma anche da consulente di importanti provvedimenti legislativi — l’autore mette a sistema le sue proposte sull’istruzione. «Questo per me — dice a “la Lettura” — è un libro di politica scolastica. Mi sta a cuore l’aspetto sociale dell’educazione e vorrei tornare al dibattito pubblico. Soffermarsi su dettagli, seppure importanti, smartphone sì o no, non deve far perdere la visione d’insieme».
La sua, nel libro, c’è. Sostanziata da indicazioni operative. Chiarito che è «naturale» usare le nuove tecnologie in classe (incluso appunto lo smartphone: «una possibilità»), il tema è che tipo di contenuti fornire. Complessi e articolati, sostiene Roncaglia, convinto che «digitale non voglia dire automaticamente granularità e brevità». Lo aveva anticipato su «la Lettura» del 7 gennaio: oggi prevalgono contenuti frammentati, mail, post, tweet; ma ciò non è intrinseco all’ecosistema digitale, si deve alla sua giovinezza. E già si nota la diffusione di testi più lunghi, come articoli di giornale oltre le tremila battute o materiali su piattaforme dedicate alla long form (ad esempio Medium). Propone un paragone con l’evoluzione umana: la fase attuale di internet evoca l’era dell’artigianato e del commercio, in cui la nostra specie non vive più di caccia e raccolta (i primi siti), ma non ha ancora eretto cattedrali.
Anche nel mondo della scuola, sostiene Roncaglia, il paradigma digitale è perlopiù lo «spacchettamento», l’idea che al libro di testo si affianchino video e contenuti della rete, schede, box, materiali modulari, fino alla visione più radicale che questi contenuti sostituiscano i manuali. Il professore non è d’accordo: «I ragazzi hanno bisogno di complessità, di un quadro d’insieme, di competenze e conoscenze organizzate. Il mondo stesso è complesso, non lo si può capire e analizzare in termini di mattoncini Lego». La soluzione non è ancorarsi al libro di testo tradizionale: «Il linguaggio dei giovani è quello della multimedialità e della rete. Cambiare è indispensabile». Il manuale del futuro, ipotizza Roncaglia, «sarà probabilmente digitale, avrà video, timeline animate, infografiche interattive, audio, la possibilità di condividere commenti, ma dovrà comunque garantire un filo conduttore forte e autorevole, un progetto didattico ed editoriale».
Contenuti-cattedrali. Che però da soli non bastano. Serviranno infrastrutture tecnologiche, insegnanti formati, piattaforme più omogenee tra i marchi di scolastica. Propone Roncaglia: «Sarebbe utile una sperimentazione congiunta di più editori, con la collaborazione diretta, anche istituzionale, del mondo della scuola». Una regia che unisca. Poi, «agire con concretezza». Lui stesso ha contribuito al Piano nazionale scuola digitale: «Un buon primo passo, ma con limiti nell’attuazione». Nel libro, conclude, «provo a suggerire idee realistiche, ma servirebbe un’organizzazione della scuola meno legata alla politica: una continuità amministrativa che porti avanti i progetti anche se cambiano i governi».