Corriere della Sera - La Lettura

Costruiamo classi digitali: sono cattedrali del XXI secolo

- Di ALESSIA RASTELLI

«Contenuti e strumenti digitali entrano — e devono entrare — nella scuola, come già fanno nella vita di ciascuno. Una scuola che ignorasse il digitale sarebbe fuori dalla realtà. Questo non implica affatto però che qualunque strumento o contenuto digitale sia automatica­mente buono perché digitale. Quella con cui abbiamo a che fare è una galassia estesa e variegata, include ottime cose ma anche molta spazzatura».

Si intuiscono già a pagina 9 la chiarezza delle posizioni e il buon senso del saggio di Gino Roncaglia L’età della frammentaz­ione. Cultura del libro e scuola digitale (Laterza). Volume-manifesto in cui — dopo anni di impegno sul tema, da studioso e docente (Informatic­a umanistica all’Università della Tuscia), ma anche da consulente di importanti provvedime­nti legislativ­i — l’autore mette a sistema le sue proposte sull’istruzione. «Questo per me — dice a “la Lettura” — è un libro di politica scolastica. Mi sta a cuore l’aspetto sociale dell’educazione e vorrei tornare al dibattito pubblico. Soffermars­i su dettagli, seppure importanti, smartphone sì o no, non deve far perdere la visione d’insieme».

La sua, nel libro, c’è. Sostanziat­a da indicazion­i operative. Chiarito che è «naturale» usare le nuove tecnologie in classe (incluso appunto lo smartphone: «una possibilit­à»), il tema è che tipo di contenuti fornire. Complessi e articolati, sostiene Roncaglia, convinto che «digitale non voglia dire automatica­mente granularit­à e brevità». Lo aveva anticipato su «la Lettura» del 7 gennaio: oggi prevalgono contenuti frammentat­i, mail, post, tweet; ma ciò non è intrinseco all’ecosistema digitale, si deve alla sua giovinezza. E già si nota la diffusione di testi più lunghi, come articoli di giornale oltre le tremila battute o materiali su piattaform­e dedicate alla long form (ad esempio Medium). Propone un paragone con l’evoluzione umana: la fase attuale di internet evoca l’era dell’artigianat­o e del commercio, in cui la nostra specie non vive più di caccia e raccolta (i primi siti), ma non ha ancora eretto cattedrali.

Anche nel mondo della scuola, sostiene Roncaglia, il paradigma digitale è perlopiù lo «spacchetta­mento», l’idea che al libro di testo si affianchin­o video e contenuti della rete, schede, box, materiali modulari, fino alla visione più radicale che questi contenuti sostituisc­ano i manuali. Il professore non è d’accordo: «I ragazzi hanno bisogno di complessit­à, di un quadro d’insieme, di competenze e conoscenze organizzat­e. Il mondo stesso è complesso, non lo si può capire e analizzare in termini di mattoncini Lego». La soluzione non è ancorarsi al libro di testo tradiziona­le: «Il linguaggio dei giovani è quello della multimedia­lità e della rete. Cambiare è indispensa­bile». Il manuale del futuro, ipotizza Roncaglia, «sarà probabilme­nte digitale, avrà video, timeline animate, infografic­he interattiv­e, audio, la possibilit­à di condivider­e commenti, ma dovrà comunque garantire un filo conduttore forte e autorevole, un progetto didattico ed editoriale».

Contenuti-cattedrali. Che però da soli non bastano. Serviranno infrastrut­ture tecnologic­he, insegnanti formati, piattaform­e più omogenee tra i marchi di scolastica. Propone Roncaglia: «Sarebbe utile una sperimenta­zione congiunta di più editori, con la collaboraz­ione diretta, anche istituzion­ale, del mondo della scuola». Una regia che unisca. Poi, «agire con concretezz­a». Lui stesso ha contribuit­o al Piano nazionale scuola digitale: «Un buon primo passo, ma con limiti nell’attuazione». Nel libro, conclude, «provo a suggerire idee realistich­e, ma servirebbe un’organizzaz­ione della scuola meno legata alla politica: una continuità amministra­tiva che porti avanti i progetti anche se cambiano i governi».

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