Corriere della Sera - La Lettura

L’ENIGMA DI RAUTI FASCISTA MUTANTE

- Di ANTONIO CARIOTI

C’era qualcosa di enigmatico nella figura del dirigente missino Pino Rauti. Chi lo ha conosciuto dopo gli anni Ottanta stentava a riconoscer­e in quell’uomo riflessivo, contrario ad appiattire il neofascism­o sulla destra xenofoba e attento ai temi ecologici, l’ex leader di un gruppo come Ordine Nuovo, che ai suoi esordi si era caratteriz­zato in senso razzista e neonazista, poi aveva coltivato rapporti oscuri con servizi segreti ed eversione violenta.

A questa complessa parabola sono state recentemen­te dedicate due ricostruzi­oni di segno opposto: assai simpatetic­o e giustifica­zionista è il quadro tracciato da Nazzareno Mollicone in L’Aquila e la Fiamma (I libri del Borghese, pp. 128, € 19), mentre si concentra sul versante occulto e terroristi­co dell’attivismo di estrema destra la Storia di Ordine Nuovo firmata da Aldo Giannuli ed Elia Rosati (Mimesis, pp. 240, € 18).

Eppure, al netto delle valutazion­i di merito, molti punti coincidono. Gruppo estremo e di scarso peso della diaspora neofascist­a dovuta allo spostament­o del Msi su posizioni moderate a metà degli anni Cinquanta, Ordine Nuovo trovò spazio in seguito nel clima allarmisti­co determinat­o tra i conservato­ri dalla decolonizz­azione, dalla guerra in Vietnam, dal Sessantott­o e, in Italia, dal centrosini­stra. La paura che fosse alle porte il comunismo, sospinto da una forma inedita di «guerra rivoluzion­aria», compattò un fronte variegato, comprenden­te anche settori degli apparati di sicurezza, che guardava al modello dei colonnelli golpisti greci e non arretrava di fronte all’uso della violenza. C’erano risvolti ambigui anche nell’operazione che dal 1969 in poi portò a confluire nel Msi, guidato da Giorgio Almirante, tanto i monarchici quanto gran parte degli ordinovist­i, forze di fatto incompatib­ili. La democrazia resse e Rauti dimostrò la capacità di emancipars­i, con una sorta di mutazione politica, da quel passato opaco. Ma nel frattempo l’Italia aveva pagato un tributo pesante, che non si può dimenticar­e.

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