Corriere della Sera - La Lettura
Che fatica inseguire il vento Indagini in terra e per mare
Meteo La prima scala delle correnti aeree risale al XIX secolo e si deve all’inglese Beaufort. Ma c’è voluto molto più tempo per capire un fenomeno nel quale entrano in gioco la pressione atmosferica, la rotazione terrestre, gli sbalzi di temperatura tra
Nel 1805, al cartografo ed esploratore britannico Francis Beaufort (1774-1857), già comandante di navi mercantili della Compagnia delle Indie orientali durante le guerre napoleoniche, fu affidato il compito di tracciare l’idrografia del Río de la Plata, l’estuario formato dai fiumi Uruguay e Paraná, a nord di Buenos Aires. È a questo periodo che risale la prima versione della «scala» dei venti che avrebbe poi preso il suo nome: basata sugli studi del geografo scozzese Alexander Dalrymple (1737-1808), la scala è suddivisa in tredici «gradi» (o «numeri») d’intensità — da calma (zero Beaufort, abbreviato in Bft) a uragano (12 Bft), poi estesi fino a 17 per agevolare la misurazione della forza dei vari tipi di uragani — e descrive la velocità del vento in base agli effetti che questo produce sulla superficie del mare e sui natanti; più tardi, furono aggiunti altri criteri per estenderne l’applicazione a terra. Si tratta di una misura empirica, puramente indicativa, e sebbene la velocità del vento possa ora essere misurata con precisione da un anemometro, che esprime un chiaro valore in nodi o chilometri all’ora, la scala di Beaufort rimane uno strumento molto usato, in grado di orientare un marinaio esperto in ogni condizione.
Quello dell’ammiraglio Beaufort — che in seguito avrebbe accordato al comandante Robert FitzRoy il permesso di accogliere a bordo del brigantino Beagle, per il suo secondo viaggio intorno al mondo (1831-1836), «un uomo di buona cultura e studi scientifici» di nome Charles Darwin — fu il primo tentativo di classificare il vento, forza potente e inarrestabile, tra le più sfuggenti in natura. Lo studio del vento ha una storia ricca di personaggi curiosi e affascinanti, ora al centro dell’ultimo lavoro di Bill Streever, biologo marino, scrittore e grande sportivo, che dopo aver vissuto in Cina, Australia e sulle coste del Golfo del Messico abita tra i ghiacci dell’Alaska. Autore di altri due studi dedicati alle forze invisibili che plasmano il mondo, Gelo e Calore (pubblicati da Edt) — sguardi a tutto tondo di un naturalista curioso, scritti con il rigore dello scienziato e lo slancio del narratore — nel libro Leggere il vento (sempre Edt) Streever conduce il lettore alla scoperta della natura di questo fenomeno per tanti versi ancora misterioso, delle sue caratteristiche, ma anche del ruolo che il vento ha svolto nel tracciare le rotte del commercio, determinare le sorti delle guerre, modellare paesaggi, creare e distruggere fortune. Impalpabile, insistente e inevitabile, il vento permea le nostre vite e le nostre culture.
Nei secoli — a partire da Lucrezio, che nel primo libro del De rerum natura (versi 271275) descrive la forza rabbiosa del vento con parole di rara potenza e bellezza — gli uomini si sono adoperati nel tentativo di conoscere le correnti aeree, nel duplice sforzo di difendersi da esse e di sfruttarle a proprio vantaggio. Ne hanno studiato le cause, la composizione e le possibili varianti; si sono serviti del telegrafo, dei palloni sonda, degli anemometri e dei barometri, delle reti di stazioni meteorologiche fisse e mobili, della radio e dei radar.
Grazie alle ricerche — e, spesso, alle eroiche imprese — di personaggi come Benjamin Franklin (scienziato e protagonista della rivoluzione americana), William Ferrel, James Pollard Espy, Vilhelm e Jacob Bjerknes, Lewis Fry Richardson (un quacchero che abbandonò lo studio dei fenomeni atmosferici quando si avvide che venivano usati per scopi bellici), Jule Charney ed Edward Lorenz (pioniere della moderna teoria del caos), oggi sappiamo che il vento è causato dall’azione contemporanea e combinata delle forze generate dalla differenza di temperatura tra l’equatore e i poli, e dalla rotazione terrestre. Il vento è prodotto dalle differenze di pressione atmosferica che spingono l’aria da zone ad alta pressione a zone a bassa pressione, per effetto di una forza detta «di gradiente». Il flusso d’aria, tuttavia, non si sposta direttamente da un punto all’altro, con la stessa direzione della forza di gradiente, ma subisce una deviazione dovuta alla «forza di Coriolis» (una forza apparente dovuta alla rotazione terrestre) che tende a spostarlo verso destra nell’emisfero settentrionale e verso sinistra in quello meridionale: a causa di questo effetto, nullo all’equatore, il vento corre parallelamente alle isobare (le linee ideali che uniscono i punti con uguale pressione atmosferica), ma alle basse quote, a causa dell’attrito con la superficie terrestre, il suo corso può risultare deviato di circa 10 gradi sul mare, e di 15-30 gradi sulla terra.
Per alleggerire la spiegazione dettagliata dei modi in cui la scienza imperfetta della comprensione del vento si è sviluppata nei secoli, Streever la arricchisce con la cronaca del viaggio che lui e la moglie («il mio co-capitano») hanno compiuto a bordo di un vecchio due alberi del 1965, il Rocinante (il nome che Miguel Cervantes dà al cavallo di Don Chisciotte), da Galveston, in Texas, al Guatemala — un viaggio in cui, come è facile immaginare, il vento ha giocato un ruolo centrale, presenza costante e imprevedibile, spesso minacciosa. Con vivacità e senso dell’umorismo, coniugando buona divulgazione scientifica e narrativa di viaggio, Streever ripercorre la trasformazione della meteorologia dalle sue origini qualitative fino allo sviluppo di metodi grafici e numerici, l’utilizzo di satelliti e computer in grado di integrare in complesse mappe sinottiche sofisticati modelli matematici e teoria del caos.
La ricostruzione dei progressi tecnologici che hanno portato a «imbrigliare» il vento corre parallela alla vita degli uomini che hanno saputo comprendere e sfruttare questa forza della natura, poiché «la conoscenza dei due elementi — i venti e la scienza che hanno alle spalle — è irrimediabilmente intrecciata, come le cime di due ancore aggrovigliate».
Agente misterioso Una forza impalpabile e insistente, capace di determinare le sorti delle guerre, modellare paesaggi, creare e distruggere fortune