Corriere della Sera - La Lettura
Western alla francese con Caino e Abele
Se volete, Il fondo della bottiglia è l’unico romanzo western di Georges Simenon (che non poteva mancare all’appuntamento con il genere letterario americano per eccellenza). Western è l’ambientazione (il tormentato confine tra Arizona e Messico). Western sono i personaggi (ricchi rancheros dal quasi perenne happy hour; rudi cowboy che portano il bestiame al pascolo e occasionalmente diventano amanti di rancheras coniugalmente infelici). Western è il clima (siccità seguita da pioggia alluvionale). Western sono le situazioni narrative (fiumi in piena da guadare; galoppate a perdifiato; orecchie a terra ad auscultare il rumore degli zoccoli degli inseguitori; tentazioni di farsi giustizia da soli con il rito direttissimo del linciaggio). Però, essendo Simenon, non si tratta di un western all’americana o all’italiana, bensì alla francese (e che nessun pedante si metta a obiettare che Simenon era belga). Come sono i western alla francese? Ovviamente psicologici e lo sono tanto da sfociare in psicodramma, in tragedia da Antico Testamento addirittura. Il fondo della bottiglia è la storia di due fratelli (un rispettabile avvocato e un fuggiasco evaso dalla galera). C’è una frontiera da attraversare che non è solo geografica, quella che segna l’odio e l’amore tra consanguinei. Dicono che Simenon scrisse il libro a fine anni Quaranta in preda al senso di colpa per come si era comportato con suo fratello, macchiatosi di collaborazionismo e di sangue al tempo del nazismo. I peccati dei fratelli ricadono sui fratelli? Il rimorso ispirò a Simenon un remake tex-mex di Caino & Abele, una resa dei conti genealogica, il racconto di un’allucinazione, la cronaca di un duello al buio. Per espiare la colpa scrisse il suo romanzo perfetto (ne fece tanti, ma qui c’è qualcosa in più). Nel finale i due fratelli cavalcano assieme dentro la nera gola di un canyon. Sembra la scena di un film di John Ford, ma non ci sono i nostri in arrivo all’orizzonte.