Corriere della Sera - La Lettura
Sei danze sull’orlo di un abisso
Il fotografo Toni Thorimbert svela alcune immagini di «In/Finito», gigantografie allestite in spazi urbani di Reggio Emilia per diventare le quinte di sei coreografie-spot: «L’obiettivo è raccontare come il corpo in movimento cambia il mondo». Il progetto si inserisce nel percorso di rinnovamento di Aterballetto
«Sei danze giocate sull’orlo di uno spazio precario, borderline. Come se i ballerini fossero spinti sul confine di qualcosa che non si conosce. Ma con un’energia totalizzante», spiega il fotografo Toni Thorimbert mentre svela, in anteprima per «la Lettura», alcune immagini (pubblicate in questa pagina) del servizio e del backstage di In/Finito. Il suo raffinato obbiettivo cattura la speciale intensità d’atmosfera che accompagna, in questi mesi, il rilancio di Aterballetto. La storica compagnia di danza con sede a Reggio Emilia, impostasi in quarant’anni di attività come principale organismo tersicoreo «stabile» al di fuori degli enti lirici (vedi box), si appresta ad affrontare una nuova fase della sua vita attraverso una profonda trasformazione pilotata dal neo-direttore generale Gigi Cristoforetti. Tra le iniziative c’è dunque In/Finito, articolato progetto di «scenografia performativa» per spazi urbani, naturali o storici, nato da un’idea condivisa dalla Fondazione Nazionale della Danza e da Fotografia Europea, manifestazione promossa dalla Fondazione Palazzo Magnani. Il risultato è in più tappe: la mostra fotografica, curata da Walter Guadagnini, allestita a Reggio Emilia dal 20 aprile al 17 giugno a Palazzo da Mosto, dove il 22, 27 e 28 aprile e il 4, 5, 18 e 19 maggio saranno presentate sei micro-performance di cinque minuti per singolo danzatore (Arianna Kob, Ina Lesnakowski, Grace Lyell, Ivana Mastroviti, Giulio Pighini, Serena Vinzio) commissionate ad altrettanti coreografi/danzatori under 35: Notturni di Saul Daniele Ardillo, L 180 di Hektor Budlla, Maudit di Diego Tortelli,
Survivante di Damiano Artale, Purple Usurper di Philippe Kratz, Cemento di Roberto Tedesco.
Nelle tonalità del bianco e nero, le gigantografie di 3,50 metri d’altezza per 17 metri di larghezza diventeranno una scenografia urbana davanti alle quali saranno riproposte, in versione live, le coreografie, offrendo due livelli di percezione. «L’assunto del progetto — prosegue Thorimbert — è come la danza cambia il mondo intorno a sé. Da ciò l’idea di ambientare le coreografie in luoghi diversi della città di Reggio Emilia, dal sottopassaggio della stazione centrale al vicolo delle Rose, dalla zona dei cantieri alla Sezione Spallanzani dei Musei Civici, dalla Sala Planisfero della Biblioteca Panizzi al colonnato del Teatro Municipale Valli. Ho ripescato l’immaginario dei miei primi lavori nelle periferie. Queste foto costruiscono una città immaginaria in cui l’architettura degli spazi coincide perfettamente, tanto che i muri collimano in una prospettiva completamente nuova. Nelle foto ho inserito alcune comparse, in modo che la coreografia sia “abitata” da persone a cui si aggiungeranno gli spettatori durante le performance».
Thorimbert confessa di essere giunto per caso alla danza, attraverso la moda: «Grazie alla sua peculiarità di fermare l’istante con meravigliosa ambiguità, la fotografia regala al gesto effimero una sorta di eternità», sostiene. Il progetto In/Fi
nito proseguirà a Capri con un’ulteriore tappa, intitolata Le Ville di Ti
berio: l’1 e 2 giugno le rov i ne romane del l ’a nt i ca Villa Jovis fungeranno da suggestive quinte alle performance, mentre dal 30 giugno al 29 luglio la Certosa di San Giacomo ospiterà La li
quidità del movimento, mostra di fotografie di Lorenzo Cicconi Massi scattate ai danzatori in azione nelle aree archeologiche dell’isola; l’esposizione, realizzata dalla Fondazione Capri, sarà curata, in questo caso, da Denis Curti.
La sensibilità per il mondo della fotografia applicato al gesto non è che una delle sfaccettature con cui l’Aterballetto sta rimodulando la propria identità di Fondazione Nazionale della Danza, sotto la guida di Cristoforetti, al lavoro dallo scorso settembre. L’obiettivo, ambizioso, è di diventare motore di sviluppo e promozione della danza italiana in ambito internazionale attraverso una politica culturale che intrecci collaborazioni con enti e istituzioni internazionali. «Un tema su cui punto — racconta il nuovo direttore generale — è la funzione di Fondazione Nazionale, l’unico centro pubblico di produzione per la danza esistente in Italia: in futuro, Aterballetto non sarà più semplicemente una compagnia. L’altro aspetto è affrontare una programmazione a 360 gradi, sfruttando il vantaggio di non essere più una compagnia d’autore, com’era all’epoca di Mauro Bigonzetti, e aprendoci a una pluralità di mondi che vanno dal teatro alla musica». Annuncia Cristoforetti: «Abbiamo progetti triennali con Ravenna Festival, Oriente Occidente, Les Halles de Schaerbeek, produzioni con il Centro Teatrale Bresciano, lo Stabile del Veneto che permettono di uscire dalla nicchia delle recite isolate per entrare nelle stagioni dei teatro. È un salto di parametro importante».
Ecco allora l’investimento su giovani autori come Diego Tortelli che firma un omaggio a Federico García Lorca il 24 aprile al Ponchielli di Cremona e la creazione Domus Aurea, su musiche eseguite dal vivo dall’ensemble Sentieri Selvaggi, inserita nel programma Bach Project che contempla Sarabande di Kylián, in scena il 14 e 15 settembre al Teatro Carignano di Torino, quindi a MilanoOltre il 17 settembre. Altra novità è Nine
Bells, performance nata dall’incontro tra il danzatore della compagnia Valerio Longo e il percussionista Simone Beneventi, Leone d’Argento alla Biennale Musica nel 2010.
È invece eredità della precedente direzione di Cristina Bozzolini Tempesta, coreografia commissionata a Giuseppe Spota su musica originale di Giuliano Sangiorgi, attesa, dal 12 al 14 giugno, al Piccolo Teatro Strehler di Milano. Al centro della drammaturgia di Pasquale Plastino, la fascinazione per l’isola spazzata dalla tempesta, luogo di naufragio e metamorfosi, mentre Sangiorgi, autore di colonne sonore per il cinema oltre che frontman dei Negramaro, immagina un’installazione musicale intorno al tema della malinconia.