Corriere della Sera - La Lettura
Il mistero caravaggesco della «fiasca spagliata»
Ha piccole dimensioni (68 x 51 centimetri) e una bellezza caravaggesca, la Fiasca spagliata con fiori
( sopra): è uno dei misteri dell’arte italiana, poiché di mano tutt’ora ignota. Conservata da metà Ottocento nella Pinacoteca civica dei Musei San Domenico di Forlì, l’opera è tra i simboli della città, e secondo gli studiosi è stata realizzata tra il 1600 e il 1625. Molte sono state le ipotesi di identificazione del «Maestro della fiasca di Forlì» con pittori dell’epoca, come Paolo Barbieri, Guido Cagnacci, Tommaso Salini e, addirittura, Caravaggio. L’unica cosa che sembra certa è che il quadro sia stato realizzato da un «non specialista» di nature morte (i cosiddetti
fioristi), perché la sua mano sembra appartenere a qualcuno capace di eccellere nelle rappresentazioni di figure umane (o sacrali), dato che il tratto supera convenzionalità e maniera tipiche dei fioristi. Inoltre, sia il soggetto, sia il gioco magistrale di luci e ombre che esaltano la bellezza degli iris, dei gladioli e delle «stelle di Betlemme», riportano all’ambiente caravaggesco (il critico Daniele Benati propone la scuola toscana). L’assenza di firma nella
Fiasca spagliata non è in realtà un’eccezione: per lungo tempo considerate secondarie, le nature morte sono giunte a noi spesso prive di autori (il Merisi è stato il primo in Italia a sdoganare il genere come autonomo e dignitoso). È piuttosto la sua bellezza ad aver attratto la critica (Antonio Paolucci l’ha paragonata proprio alla
Canestra del Caravaggio), oggi celebrata tra i capolavori della pittura del Seicento.