Corriere della Sera - La Lettura

Il mistero caravagges­co della «fiasca spagliata»

- di JESSICA CHIA

Ha piccole dimensioni (68 x 51 centimetri) e una bellezza caravagges­ca, la Fiasca spagliata con fiori

( sopra): è uno dei misteri dell’arte italiana, poiché di mano tutt’ora ignota. Conservata da metà Ottocento nella Pinacoteca civica dei Musei San Domenico di Forlì, l’opera è tra i simboli della città, e secondo gli studiosi è stata realizzata tra il 1600 e il 1625. Molte sono state le ipotesi di identifica­zione del «Maestro della fiasca di Forlì» con pittori dell’epoca, come Paolo Barbieri, Guido Cagnacci, Tommaso Salini e, addirittur­a, Caravaggio. L’unica cosa che sembra certa è che il quadro sia stato realizzato da un «non specialist­a» di nature morte (i cosiddetti

fioristi), perché la sua mano sembra appartener­e a qualcuno capace di eccellere nelle rappresent­azioni di figure umane (o sacrali), dato che il tratto supera convenzion­alità e maniera tipiche dei fioristi. Inoltre, sia il soggetto, sia il gioco magistrale di luci e ombre che esaltano la bellezza degli iris, dei gladioli e delle «stelle di Betlemme», riportano all’ambiente caravagges­co (il critico Daniele Benati propone la scuola toscana). L’assenza di firma nella

Fiasca spagliata non è in realtà un’eccezione: per lungo tempo considerat­e secondarie, le nature morte sono giunte a noi spesso prive di autori (il Merisi è stato il primo in Italia a sdoganare il genere come autonomo e dignitoso). È piuttosto la sua bellezza ad aver attratto la critica (Antonio Paolucci l’ha paragonata proprio alla

Canestra del Caravaggio), oggi celebrata tra i capolavori della pittura del Seicento.

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