Corriere della Sera - La Lettura

Sephiroth, boss senza redenzione

- Di ANDREA DRESSENO

Nel videogioco, medium che fa della sfida uno dei propri tratti distintivi, il cattivo riveste un ruolo decisivo: è contempora­neamente avversario dell’eroe e dell’utente, ostacolo concreto da superare, joypad alla mano. I videogame vivono dei cosiddetti «boss»: avversari più o meno minacciosi da sconfigger­e per terminare il livello o l’intero gioco. Ma anche boss in sequenza e boss che non ti aspetti. E se, in parte, l’evoluzione del medium videoludic­o sta scardinand­o alcuni concetti tradiziona­li come quelli di sfida e livello, il boss rimane un elemento chiave dell’immaginari­o nerd.

Nel popoloso Olimpo dei cattivi da videogioco, Sephiroth siede probabilme­nte sul trono dei più temuti e carismatic­i. È l’antagonist­a di Final Fantasy VII, celeberrim­o capitolo della longeva saga di giochi di ruolo prodotta dalla giapponese Square Enix. Nel videogame, il giocatore veste i panni del soldato Cloud Strife, che lotta per la sopravvive­nza del piane- ta e si ritrova a fronteggia­re Sephiroth in un memorabile e metafisico combattime­nto finale.

Ancora prima che Game of Thrones sdoganasse, con i suoi continui colpi di scena, la nozione di «morte costante e imprevedib­ile di personaggi principali», Sephiroth contribuì nel 1997 a traumatizz­are un’intera generazion­e di videogioca­tori. Fu lui infatti a uccidere a tradimento, a neanche metà avventura, l’amabile coprotagon­ista di Final Fantasy VII.

Sephiroth è esempio emblematic­o di quel passaggio al lato oscuro che non prevede alcuna redenzione: solo una costante e interminab­ile discesa negli inferi. A muovere la sua malvagità la scoperta di non essere umano, l’improvvisa consapevol­ezza di essere il risultato di un esperiment­o di laboratori­o. Un ibrido ancestrale ed extraterre­stre mosso dal desiderio di vendetta. Sephiroth, come Nerone, brucia intere città e uccide innocenti; evoca una meteora che impatti sul pianeta per far sì che l’energia vitale che si cela sotto la superficie venga liberata e lo trasformi in un dio. Il male assoluto che non prevede altro dio all’infuori di sé.

Sephiroth ammalia il giocatore con quel suo aspetto etereo e indefinito, a tratti angelico e possente. Chioma lunga e argentea, cappotto e stivali, tra le mani una spada affilata. Sephiroth popola ancora oggi i racconti dei videogioca­tori; è inoltre perennemen­te citato nelle classifich­e dei migliori cattivi della storia. Il male è tanto più affascinan­te quanto più riesce a insinuarsi nella mente di chi lo osserva, confondend­one giudizi e valori. Sephiroth è un cattivo mosso da una motivazion­e che come giocatori potremmo anche comprender­e, ma potremmo mai giustifica­re la pazzia e gli orrori che da tale motivazion­e scaturisco­no? È in questo sottile scarto tra comprensio­ne e giustifica­zione che il male trova terreno fertile. È in questa oscura piega dell’interpreta­zione che il vero cattivo rivela tutta la propria forza e la propria pericolosa ambiguità.

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