Corriere della Sera - La Lettura
Sephiroth, boss senza redenzione
Nel videogioco, medium che fa della sfida uno dei propri tratti distintivi, il cattivo riveste un ruolo decisivo: è contemporaneamente avversario dell’eroe e dell’utente, ostacolo concreto da superare, joypad alla mano. I videogame vivono dei cosiddetti «boss»: avversari più o meno minacciosi da sconfiggere per terminare il livello o l’intero gioco. Ma anche boss in sequenza e boss che non ti aspetti. E se, in parte, l’evoluzione del medium videoludico sta scardinando alcuni concetti tradizionali come quelli di sfida e livello, il boss rimane un elemento chiave dell’immaginario nerd.
Nel popoloso Olimpo dei cattivi da videogioco, Sephiroth siede probabilmente sul trono dei più temuti e carismatici. È l’antagonista di Final Fantasy VII, celeberrimo capitolo della longeva saga di giochi di ruolo prodotta dalla giapponese Square Enix. Nel videogame, il giocatore veste i panni del soldato Cloud Strife, che lotta per la sopravvivenza del piane- ta e si ritrova a fronteggiare Sephiroth in un memorabile e metafisico combattimento finale.
Ancora prima che Game of Thrones sdoganasse, con i suoi continui colpi di scena, la nozione di «morte costante e imprevedibile di personaggi principali», Sephiroth contribuì nel 1997 a traumatizzare un’intera generazione di videogiocatori. Fu lui infatti a uccidere a tradimento, a neanche metà avventura, l’amabile coprotagonista di Final Fantasy VII.
Sephiroth è esempio emblematico di quel passaggio al lato oscuro che non prevede alcuna redenzione: solo una costante e interminabile discesa negli inferi. A muovere la sua malvagità la scoperta di non essere umano, l’improvvisa consapevolezza di essere il risultato di un esperimento di laboratorio. Un ibrido ancestrale ed extraterrestre mosso dal desiderio di vendetta. Sephiroth, come Nerone, brucia intere città e uccide innocenti; evoca una meteora che impatti sul pianeta per far sì che l’energia vitale che si cela sotto la superficie venga liberata e lo trasformi in un dio. Il male assoluto che non prevede altro dio all’infuori di sé.
Sephiroth ammalia il giocatore con quel suo aspetto etereo e indefinito, a tratti angelico e possente. Chioma lunga e argentea, cappotto e stivali, tra le mani una spada affilata. Sephiroth popola ancora oggi i racconti dei videogiocatori; è inoltre perennemente citato nelle classifiche dei migliori cattivi della storia. Il male è tanto più affascinante quanto più riesce a insinuarsi nella mente di chi lo osserva, confondendone giudizi e valori. Sephiroth è un cattivo mosso da una motivazione che come giocatori potremmo anche comprendere, ma potremmo mai giustificare la pazzia e gli orrori che da tale motivazione scaturiscono? È in questo sottile scarto tra comprensione e giustificazione che il male trova terreno fertile. È in questa oscura piega dell’interpretazione che il vero cattivo rivela tutta la propria forza e la propria pericolosa ambiguità.