Corriere della Sera - La Lettura
Il caos ha il ghigno del Joker
Non gli interessa assoggettare il mondo. Semmai ambirebbe a distruggerlo, ma non pare dotato di poteri sufficienti. In fondo è solo uno psicopatico assassino che entra ed esce dal manicomio di Gotham City, lo spettrale Arkham Asylum. Eppure, come risulta dalle classifiche delle riviste e dei siti specializzati, tra i cattivi dei fumetti il Joker, nemico giurato di Batman, ha pochi rivali. E anche nelle trasposizioni cinematografiche è stato consacrato dalle superbe interpretazioni di Jack Nicholson e di Heath Ledger: in entrambi i film il carisma del protagonista negativo supera di gran lunga quello dell’eroe.
Il fatto è che non siamo di fronte a un semplice criminale, a un uomo come noi nascosto dietro una maschera: del resto ignoriamo perfino il suo vero nome, mai svelato nelle storie della Dc Comics. Il Joker è follia e perversione incarnate alla massima potenza, crudeltà gratuita somministrata con una smorfia ridanciana sulle labbra, lo stesso ghigno che si dipinge sul volto pietrificato delle vittime uccise dal suo letale gas Smilex. Ed è lui che infligge a Batman i colpi più dolorosi: ammazza il secondo Robin, Jason Todd, e riduce in sedia a rotelle Barbara Gordon, la ex Batgirl.
Creato nel 1940, appena un anno dopo Batman e dagli stessi autori (Bob Kane e Bill Finger, più Jerry Robinson), il Joker è apparentemente l’antitesi del suo avversario: capelli verdi, volto bianco da clown, labbra scarlatte, vestito viola. Tanto carnevalesco quanto Batman è cupo, anche se poi dell’eroe esiste una versione goliardica, accantonata però dopo gli anni Ottanta. Entrambi sono tuttavia posseduti da un’ossessione. Scontata quella del giustiziere: vendicare i genitori assassinati con una caccia spietata ai delinquenti. Vertiginosa quella del bandito: seminare il terrore con i marchingegni più grotteschi e le trovate meno prevedibili. Ecco perché la graphic novel del 2008 Joker, di Brian Azzarello e Lee Bermejo (edita in Italia da Lion Comics e contenente l’illustrazione qui accanto), non è narrata dalla prospettiva del protagonista: impossibile capire che cosa passi per quella mente insana.
Ma da dove viene tanta furia? Certamente dal bagno di sostanze chimiche in cui il fuorilegge è precipitato alle sue origini, subendo una mutazione che tra l’altro lo rende immune agli agenti tossici e insensibile al dolore. Ma anche dal trauma rivelato nel 1988 con la graphic novel The Killing Joke, opera di Alan Moore (l’autore inglese di Watchmen e V for Vendetta) e del disegnatore Brian Bolland. Il Joker prima del Joker è un aspirante comico fallito e squattrinato, che perde la moglie incinta per uno stupido incidente domestico. Così ci viene suggerito che la sua follia sia soprattutto tormentosa coscienza di quanto fragile e assurda sia la condizione umana, di quanto labile sia il confine tra ordine e caos, di come «una brutta giornata» possa precipitarti nell’abisso. Una malattia latente in tutti noi, «per la quale non c’è cura». Si può solo cercare di arginarla. Come fa disperatamente Batman.