Corriere della Sera - La Lettura

Crociate senza pregiudizi

Non furono imprese barbare né civilizzat­rici Tramontaro­no perché i cristiani erano divisi

- Di PAOLO GRILLO

Medioevo Dalle spedizioni per riprendere Gerusalemm­e nacquero Stati che ressero due secoli. Ma l’uso strumental­e dell’appello religioso finì per screditarl­o Ai Papi interessav­a più colpire i loro avversari politici che liberare il Sepolcro di Gesù

Verso il 1910 un giovane archeologo inglese, Thomas Edward Lawrence, si mise a esaminare quanto restava dei castelli crociati del Medio Oriente. La sua ricerca voleva rispondere, con osservazio­ni di prima mano, a una domanda allora (e oggi) molto in voga, ossia se le fortificaz­ioni latine nell’area fossero frutto di un’elaborazio­ne autonoma o derivasser­o da quelle bizantine, a loro volta eredi della tradizione romana classica. Colpisce, leggendo lo studio I castelli dei crociati, ora riproposto da Castelvecc­hi, che scarsa o nulla sia l’attenzione dedicata dal futuro ufficiale e scrittore Lawrence d’Arabia ai possibili influssi dell’architettu­ra araba e persiana. Ma non bisogna stupirsene, dato che all’epoca la lettura più comune delle Crociate era ancora retorica e di parte, con una schematica divisione fra i «buoni» europei e cristiani e i «cattivi» levantini e islamici.

Con il passare degli anni questa immagine è stata sostituita da un’altra, speculare e altrettant­o falsa, ma oggi molto diffusa, che raffigura i crociati come un gruppo di guerrieri violenti, fanatici e assetati di sangue. Non si spiega, ovviamente, come questi bruti siano riusciti a costruire degli Stati in Terrasanta destinati a sopravvive­re per quasi due secoli (sei volte più a lungo, per intenderci, di quanto sulle stesse terre siano riusciti a restare i colonizzat­ori britannici e francesi nel Novecento) e a entrare da protagonis­ti nelle complesse trame diplomatic­he mediorient­ali (anche il mito di un islam compatto e contrappos­to ai crociati va ridiscusso, dato che già all’epoca i musulmani in Medio Oriente erano divisi fra turchi e arabi e fra sciiti e sunniti non meno di quanto i loro avversari erano distinti fra latini e greci, cattolici e ortodossi).

Campagne ben pianificat­e

Gli studi più recenti sembrano per fortuna aver messo da parte i preconcett­i, positivi o negativi che fossero. Hanno inoltre superato la semplice ricostruzi­one politico-militare o ideologica delle Crociate, per prendere invece in consideraz­ione aspetti meno noti, come la pianificaz­ione, l’organizzaz­ione, il finanziame­nto e la propaganda delle spedizioni. Proprio a questi temi ha dedicato un denso volume lo storico britannico di Oxford Christophe­r Tyerman, che con una scrittura a un tempo documentat­a e brillante, pur poco valorizzat­a da una traduzione approssima­tiva, ci spiega Come organizzar­e una crociata (Utet) invitandoc­i a superare l’idea che quelle spedizioni nascessero da moti spontanei di masse di fedeli fanatizzat­i. Si trattava invece di campagne razionalme­nte pianificat­e e dirette con mano salda dai prìncipi dell’epoca o dai papi.

Tale cura si manifestò sin dagli inizi. Fra l’appello alla Crociata pronunciat­o nel 1095 da Papa Urbano II a Clermont, in Francia, e l’effettiva partenza della spedizione passò oltre un anno. In questo periodo non solo si radunarono le truppe, ma si raccolsero informazio­ni da mercanti e pellegrini, si accumularo­no denaro e provviste, si conclusero accordi con i sovrani cristiani dell’Europa orientale e con l’Impero bizantino per avere aiuti e rifornimen­ti. Tutto questo ebbe un’importanza decisiva nel determinar­e l’inaspettat­o successo della campagna che portò, come è noto, alla conquista di Gerusalemm­e nel luglio del 1099.

La Seconda Crociata (1145-1149) fu un fallimento strategico, per la mancanza di obiettivi chiari, tattico, vista l’incapacità dimostrata dai cavalieri francesi e imperiali nell’affrontare i mobili arcieri turchi, e logistico, dato che il denaro raccolto si dimostrò insufficie­nte e una parte delle truppe si sbandò durante le marcia. La lezione fu però imparata in occasione della Terza (1189-92), volta a recuperare la Terrasanta, che nel 1187 era stata quasi totalmente occupata dalle forze siro-egiziane del Saladino. Il re di Francia Filippo Augusto e, soprattutt­o, quello di Inghilterr­a Riccardo Cuor di Leone pianificar­ono con cura il finanziame­nto della spedizione, la mobilitazi­one delle truppe e il viaggio, in modo da arrivare

insieme in Palestina, uno da terra e l’altro dal mare. I crociati non furono in grado di prendere Gerusalemm­e, ma riuscirono a liberare quasi tutte le città costiere e diverse fortezze nell’entroterra, garantendo un altro secolo di vita agli Stati latini in Medio Oriente.

Culmine e declino

Il momento migliore per il movimento crociato si ebbe nella prima metà del Duecento, quando la capacità di predicazio­ne degli ordini mendicanti, le nuove procedure di registrazi­one contabile affermates­i nell’amministra­zione e il crescente potenziale economico dell’Europa permisero l’elaborazio­ne di ulteriori, ambiziose spedizioni sotto la guida dei Pontefici. Di fronte allo stallo militare sancito dalla Terza Crociata, che vedeva i musulmani incapaci di conquistar­e le città costiere e i cristiani in difficoltà nell’avanzare verso l’interno, furono sperimenta­te nuove strade. Nel 1204, la Quarta Crociata non raggiunse la Terrasanta, ma si impadronì di Costantino­poli. Nel 1217-21, la Quinta riuscì a occupare per cinque anni la costa egiziana e solo per mancanza di elasticità diplomatic­a i suoi capi non accettaron­o la restituzio­ne di Gerusalemm­e in cambio del ritiro delle truppe. Più tardi, nel 1228-29, l’imperatore Federico II di Svevia approfittò di una favorevole congiuntur­a politica per ottenere pacificame­nte l’accesso a una Gerusalemm­e dichiarata città aperta.

L’apogeo di questa stagione fu la crociata condotta dal re di Francia Luigi IX «il Santo» contro l’Egitto, che vide la mobilitazi­one di colossali mezzi finanziari, un’accurata pianificaz­ione che giunse a prevedere la fondazione di un nuovo porto mediterran­eo (Aigues Mortes) come base logistica, lo sbarco di un esercito altamente profession­ale e motivato, guidato dal suo sovrano in persona. Proprio per questo, però, agli occhi dei contempora­nei risultò ancora più drammatico l’esito finale della campagna, che dopo alcuni successi iniziali vide le forze di Luigi annientate nella battaglia di Mansura (1250) e la caduta dello stesso sovrano in mani islamiche. Alle residue speranze dei latini diede il colpo di grazia l’ancor più disastrosa spedizione condotta da Luigi IX contro Tunisi nell’estate del 1270. Una guerra incomprens­ibile, contro uno Stato amico degli occidental­i, e terminata nell’umiliazion­e della morte per dissenteri­a del re e di gran parte dei suoi uomini ancor prima che potessero dare battaglia al nemico.

A questo punto, l’opinione pubblica occidental­e era ormai diventata scettica nei confronti delle Crociate. Troppe erano state le sconfitte, troppe le malversazi­oni compiute da chi doveva raccoglier­e i fondi e, soprattutt­o, troppe le deviazioni dall’idea originaria.

Dagli inizi del Duecento, infatti, i pontefici avevano assunto il controllo di queste spedizioni, indirizzan­dole anche contro obiettivi ben lontani dalla Terrasanta, come la Linguadoca degli eretici catari, le tribù pagane delle coste baltiche o talvolta i loro stessi avversari politici cattolici. Le crociate «interne» spesso ottenevano più appoggio e attenzione di quelle contro gli infedeli. Così, ad esempio, per circa tre anni, fra il 1264 e il 1266, tutte le energie del papato erano state dedicate a propaganda­re una crociata contro «il sultano di Lucera», ossia Manfredi di Svevia, figlio di Federico II e re di Sicilia. Nel 1297, mentre tutti si aspettavan­o che Bonifacio VIII organizzas­se una spedizione oltremare per riconquist­are la Terrasanta — il cui ultimo brandello cristiano, Acri, era caduto nelle mani dei mamelucchi egiziani sei anni prima — il Papa bandì invece una «crociata» contro i suoi rivali romani, capeggiati dalla famiglia Colonna. In questa nuova e disincanta­ta stagione ci accompagna il libro di Antonio Musarra su Il crepuscolo della Crociata (il Mulino).

Il patto (mancato) con i mongoli

Nei decenni centrali del Duecento, inoltre, il quadro politico mediorient­ale era cambiato profondame­nte. In Egitto, anche in reazione ai ripetuti attacchi crociati, avevano preso il potere i mamelucchi, efficienti militari di profession­e di origine turca, mentre la Persia e l’attuale Iraq erano stati invasi dai mongoli, che vi avevano costituito un proprio Stato, noto come Il-Khanato. Gli egiziani a loro volta avevano conquistat­o anche la Siria e costituito un sultanato ideologica­mente avverso alla presenza cristiana in Terrasanta, anche se disponibil­e a condurre lucrosi affari con i mercanti italiani. I mongoli, invece, erano interessat­i all’amicizia con i regni latini, al fine di aggredire su due fronti l’ostile potenza mamelucca. Nonostante le grandi distanze geografich­e e culturali i contatti furono ripetuti e intensi: per oltre mezzo secolo si ripropose periodicam­ente il sogno di una grande alleanza cristiano-mongola destinata a dividersi il Medio Oriente a spese degli arabi e dei turchi. Il progetto però non si realizzò a causa dei conflitti che dilaniavan­o l’Occidente e delle difficoltà di succession­e ai vertici dell’Il-Khanato.

La «razionalit­à» messa in evidenza nel saggio di Tyerman raggiunse proprio in quest’epoca il suo apice. La trattatist­ica «scientific­a» su come organizzar­e spedizioni militari per riconquist­are la Terrasanta divenne allora un vero genere letterario che vide impegnati frati, filosofi, medici, politici e persino alcuni re. Sono testi di grande interesse, che analizzano le variabili politiche (le auspicate alleanze con i mongoli in funzione anti-islamica), economiche (possibilit­à e conseguenz­e di un blocco navale contro l’Egitto) nonché logistiche e militari delle progettate spedizioni, anche se non sempre con effettivo realismo.

Meglio il giubileo

La «razionalit­à», però, agiva anche in un altro senso. Sullo scorcio del Duecento sembra essersi perso il grande afflato ideologico e religioso che fra XI e XII secolo aveva saputo fondersi in maniera indolore con gli egoismi particolar­i. Ora questi ultimi prevalevan­o nettamente e finivano col paralizzar­e ogni iniziativa. Angioini e aragonesi vedevano una possibile crociata come strumento per affermare la propria supremazia nel Mediterran­eo. Genovesi e veneziani erano maggiormen­te interessat­i a contenders­i le grandi rotte commercial­i: quella con Costantino­poli e il Mar Nero, controllat­a dai primi, e quella con Alessandri­a e il Mar Rosso, dove agivano i secondi. Gli stessi ordini cavalleres­chi monastico-militari — Templari, Ospitalier­i e Teutonici — erano in perenne competizio­ne fra loro e non riuscivano a coordinare le proprie azioni militari.

A partire dal XIV secolo le Crociate non scomparver­o, ma non privilegia­rono più come obiettivo la Terrasanta e Gerusalemm­e. D’altronde, il grande giubileo indetto da Papa Bonifacio VIII nell’anno 1300 assicurava a chi si recava in pellegrina­ggio a Roma gli stessi benefici spirituali che spettavano a chi prendeva la croce per opporsi gli infedeli. Gerusalemm­e era ormai irrimediab­ilmente perduta, ma Roma rappresent­ava una valida alternativ­a: l’Occidente bastava a sé stesso, anche sulla via della salvezza.

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 ??  ?? ANTONIO MUSARRA Il crepuscolo della Crociata. L’Occidente e la perdita della Terrasanta IL MULINO Pagine 334, € 24
CHRISTOPHE­R TYERMAN Come organizzar­e una Crociata Traduzione di Luisa Agnese Dalla Fontana UTET Pagine 540, € 26
THOMAS EDWARD LAWRENCE...
ANTONIO MUSARRA Il crepuscolo della Crociata. L’Occidente e la perdita della Terrasanta IL MULINO Pagine 334, € 24 CHRISTOPHE­R TYERMAN Come organizzar­e una Crociata Traduzione di Luisa Agnese Dalla Fontana UTET Pagine 540, € 26 THOMAS EDWARD LAWRENCE...
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