Corriere della Sera - La Lettura

Psicoanali­sta addio, tocca all’amore

Sara Gamberini mescola generi e soluzioni stilistich­e, con un gusto funambolic­o

- Di ALESSANDRO BERETTA

Lasciare un analista non è semplice, certi transfert tra paziente e medico si allacciano in un nodo gordiano. Serve un taglio netto. Nell’incertezza su quali siano le parole per farlo si apre Maestoso è l’abbandono, romanzo d’esordio di Sara Gamberini, con la protagonis­ta Maria alle prese con diversi biglietti tra cui scegliere per chiudere, considerat­i alla luce di un incipit che suona così: «Sono qui da secoli, per gli addii mi serve tempo». Quel «tempo» non è solo il momento della scelta, che ricade su un appunto che recita al dottor Lisi «Non verrò per un po’», ma è anche tutto quanto è stato nella vita di Maria e nelle sue relazioni che le pagine dopo ripercorro­no dando corpo al titolo.

Accompagna­ta da una scrittura eccentrica, la protagonis­ta esplode la sua voce nelle pagine che alternano momenti nar- rativi a spinte diverse e improvvise, dalle riflession­i poetiche, a momenti surreali, a citazioni di pensieri spirituali sfiorati come mezzi per attuare il proprio «piano di salvezza». Tao, amuleti, buddhismo, Freud, Jung, Lacan, riti e piante sembrano biglie colorate in mano a Maria che le mescola e contempla giocando con le luci diverse che riflettono la sua anima al lettore. È un percorso non lineare, in passaggi spesso brevi, 41 capitoli non segnalati in 200 pagine, che tiene per la sua densità e libertà.

Si passa attraverso la famiglia di Maria, con una madre maga ex sessantott­ina e un padre industrial­e, all’analisi con il dottor Lisi, al lavoro della protagonis­ta a teatro e in libreria. Qui, Maria incontra Lorenzo, libraio, con cui nasce uno dei rari «amori altissimi», ovvero di «quelli che non servono a niente». Ci mettono mesi a parlarsi, ma tra loro sviluppano «la precisione della connession­e sottile» che è un po’ come la telepatia, e quando iniziano a frequentar­si sono più vicini del previsto, arrivando a compilare «un manifesto dell’impossibil­e» che dice: «Contro chi siamo? A favore di tutto». Un amore decisivo e sghembo che l’autrice, in bilico tra poesia e terapia sulla pagina come fosse il funambolo Philippe Petit tra le Twin Towers, citato due volte, riesce a rendere un’impresa.

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