Corriere della Sera - La Lettura
IL TRIONFO DELLA MORTE RESUSCITA
II 27 luglio 1944 stavamo per perdere un capolavoro assoluto che ora il restauro, condotto da Gianluigi Colalucci e Carlo Giantomasi con la compianta Donatella Zari, ci ha finalmente restituito luminoso come ( forse) non avremmo mai più sperato. Era stata una granata a colpire la Cappella Sistina dei pisani, com’ è soprannominato il ciclo di affreschi realizzati tra il 1336 e il 1342 per il Camposanto monumentale di Pisa. Un ciclo che si compone di tre scene: le Storie degli anacoreti, Il Giudizio universale e l’Inferno, il Trionfo della morte. Una lunga storia di salvataggio e restauri ha permesso il suo totale recupero dai danni provocati dal piombo fuso che era colato sugli affreschi sottostanti, distruggendo quelli di Stefano Fiorentino e danneggiando gravemente quelli di Benozzo Gozzoli. Gli affreschi superstiti furono subito strappati e ricoverati nell’antico Spedale Nuovo, a fianco del Duomo. Alla fine di un lungo e complesso restauro, diretto da Antonio Paolucci, sta ora per tornare nel «suo» Camposanto (data prevista il 17 giugno) il grande affresco del Trionfo della Morte: un’opera spettacolosa, ora dolcemente nostalgica, ora d’implacabile ferocia, realistica e a volte sognante (sopra: un dettaglio). Chi l’aveva visto prima del restauro non sperava davvero che emergessero di nuovo i colori freddi, come il verde e l’azzurro, posti a contrasto con i rossi. E se non fosse stato per gli studi di Luciano Bellosi non sapremmo neppure il nome del pittore, segnalato da Ghiberti e presto dimenticato. Si tratta invece di uno dei maggiori maestri del nostro Trecento: quell’arguto Buffalmacco che Boccaccio aveva ricordato come autore di un paio di burle nei confronti dello sciocco Calandrino.