Corriere della Sera - La Lettura

La bancarella dei peluche

Rosario, il padre, mette in palio pupazzi Sharon, la figlia, sogna di fare la cantante

- Di TERESA CIABATTI

Vera finzione La storia della famiglia, molto allargata, dei Caroccia (da Casandrino, Napoli) è diventata un film, «Il cratere». Con loro stessi come attori. «La Lettura» ha incontrato i due protagonis­ti

«Quando Sharon canta in bagno, io la sento e io mi commuovo», dice Rosario della figlia. «La felicità più grande? Che papà sia orgoglioso di me», dice Sharon del padre. Protagonis­ti de Il cratere di Silvia Luzi e Luca Bellino, Sharon e Rosario sono padre e figlia anche nella realtà. Perché questo film originalis­simo, struggente, straordina­rio — in concorso alla Settimana della Critica di Venezia, Premio Speciale della Giuria al Tokyo Internatio­nal Film Festival, appena uscito nelle sale — incastra realtà e finzione, indicando una strada nuova per il cinema italiano che ci auguriamo venga seguita da altri. Così, nel ruolo di loro stessi, ecco Rosario e Sharon Caroccia da Casandrino, provincia di Napoli. Lui, venditore ambulante, proprietar­io di un bancone di pupazzi con cui gira l’Italia, le feste di piazza, dove, fin da piccola, si esibisce lei, Sharon, oggi quindicenn­e, col sogno di diventare cantante neomelodic­a.

Prima esibizione in pubblico?

SHARON — A quattro anni. ROSARIO — Durante una festa di piazza l’ho messa sulla scaletta, microfono in mano. Poi lei ci ha preso gusto, e ha voluto cantare sempre. I vostri figli seguivano lei e sua mo-

glie nei viaggi di lavoro? ROSARIO — A chi li lasciavamo sennò?

SHARON — Dormivamo nel camion, in mezzo ai pupazzi. Che significa crescere in mezzo ai pupazzi?

SHARON — Non averne mai uno tuo. Io me li nascondevo sotto la maglietta, me li portavo in camera, e li infilavo sotto il letto. Era permesso giocarci?

SHARON — Potevamo giocarci a turno, sennò si sciupavano.

ROSARIO—Anche nel trasporto qualcuno si sciupa, si rompe, allora io lo riparo. Serve manutenzio­ne. Quando si sporcano, e a forza di stare appesi si fa

polvere, io e mia moglie li laviamo, spazzoliam­o, e li mettiamo a stendere al sole. Quanti pupazzi ha?

ROSARIO — Non saprei, duecento, trecento. Più migliaia di pezzi di ricambio: occhi, orecchie, code, nasi, vestiti. Se qualcuno perde un pezzo, io lo rimetto. Per questo i miei sono pupazzi originali, che non si trovano nei negozi. Tutte creazioni mie. Tempo dedicato alla cura dei pupazzi?

ROSARIO — Diciamo che mi prendo molto cura di figli e pupazzi.

Numero di figli?

ROSARIO — Sei. SHARON — In casa siamo otto. Anzi: da poco nove perché è nato il figlio di

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