Corriere della Sera - La Lettura

Il non-ancora e il non-più fanno paura

Lo scambio fra Paul Celan e Nelly Sachs, fino alla vigilia della loro scomparsa

- Di DANIELE PICCINI

Due spiriti affratella­ti da una medesima origine e da una vicenda tragica uniscono i loro sguardi nel fissare la notte e cercare il lampo d’oro della luce: così Paul Celan e Nelly Sachs. Esuli, lui a Parigi e lei a Stoccolma, intreccian­o dal 1954 alla fine del 1969 un denso scambio epistolare (da poco riedito da Giuntina in Corrispond­enza). Sono vicini nel terrore che li fruga, indotto dalla persecuzio­ne contro il popolo ebraico, cui appartengo­no; eppure sono anche distanti, divisi. Non solo dallo spazio e dall’età (lei nata a Berlino nel 1891, lui nel 1930 a Czernowitz, allora romena e oggi ucraina), ma da una diversità di sguardo, di percezione.

Quando cominciano a scriversi, Celan ha da poco letto alcune poesie di Sachs e le fa mandare una copia di Papavero e memoria. La più matura autrice si apre al giovane Celan con partecipaz­ione (lo chiama poeta e poi senz’altro fratello). Nella sua lingua riconosce una possibile patria per sé. I toni di lei sono profetici: «Vi è in me, vi è sempre stato e vive in me con ogni mio respiro la fede in un’attività cui siamo stati chiamati: impregnare di dolore la polvere, darle un’anima». E poco sotto, nella stessa lettera del 9 gennaio 1958: «Dal popolo al quale appartengo mi è venuta in aiuto la mistica chassidica, che, così come avviene per ogni altro genere di mistica, deve riportare ogni volta la propria dimora nelle doglie del parto […]». Celan è più cifrato, enigmatico. Scrive il 30 maggio 1958: «Tutte le domande che non trovano risposta in questi giorni bui. Questo spettrale e muto non-ancora, questo ancor più spettrale, più muto, nonpiù, e di-nuovo, e nel frattempo l’imprevedib­ile, già domani, già oggi».

La temperatur­a del dialogo è così alta che spesso il passaggio alla scrittura poetica si impone. Dopo averla incontrata a Zurigo, nel maggio 1960, lui scrive la poesia Zurigo, Zum Storchen ( Zurigo, «Alla Cicogna» ): «Del tuo Dio si parlava, io parlai/ contro di lui, io/ lasciai che il cuore che avevo/ sperasse/ nella/ sua parola più alta,/ che continua tra i rantoli —» (così la versione italiana nella Corrispond­enza). Poco prima si evoca la cattedrale, che «veniva/ con attimi d’oro sull’acqua». Quell’oro ritornerà, come un emblema luminoso imprendibi­le, nel ricordo di Celan legato alla visita di Nelly a Parigi, nella casa del poeta e della moglie, nel giugno del 1960. Così la rievoca Celan il 19 agosto: «Ricordi ancora quando abbiamo parlato di Dio per la seconda volta, a casa nostra, del tuo Dio, il Dio che ti attende, ricordi che c’era il riflesso dorato sulla parete?».

Più avanti Celan darà un nome a quella luce in una poesia,

Fadensonne­n ( Filamenti di sole). Intanto Nelly sprofonda nel terrore, nella malattia psichica. Celan per un po’ la conforta, poi, in preda allo stesso demone, si toglie la vita, intorno al 20 aprile 1970. Il 12 maggio anche Nelly muore. Nel suo penultimo messaggio a Paul aveva copiato una poesia sulla notte e le sue ali illuminate, che tremano.

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PAUL CELAN NELLY SACHS Corrispond­enza A cura di Barbara Wiedemann, edizione italiana a cura di Anna Ruchat GIUNTINA Pagine 208, € 16

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