Corriere della Sera - La Lettura
Il libraio scozzese e la cliente di Cosenza
Un uomo «insofferente, intollerante e misantropo». Duole dirlo proprio alla vigilia del Salone di Torino, ma questo è l’identikit del libraio classico secondo Shaun Bythell, titolare di un bookshop a Wigtown, Scozia, sede di un rinomato Book Festival e di una piccola ma valente distilleria di whisky. Bythell (fisico da rugbysta, occhiali, cespuglio di capelli rossi, camicia a scacchi, sposato con la scrittrice americana Jessica A. Fox) è diventato un bestsellerista con il suo diario Una vita da libraio. Non sono pochi i librai che passano dall’altra parte della barricata e si fanno autori. Bythell cita William Young Darling ( Il libraio fallito ha altro da dire), un altro che va pesante descrivendo il libraio tipo: «Trascurato, malaticcio, ai limiti del trasandato, una figura umana priva di qualsivoglia interesse; se provocato, tuttavia, è capace di parlare di libri con un’eloquenza che non teme rivali». Il capolavoro del genere è, però, italiano: Memorie di un libraio di Cesarino Branduani, a 11 anni, nel 1907, garzone alla Hoepli e poi assurto a leggenda del settore. La parte più interessante del diario di Bythell è il racconto del suo lavoro, il rapporto con i clienti (nemmeno loro fanno una bella figura), i titoli strani che gli capitano ( Guida alle carni di qualità), gli squarci di umanità negli incontri con i pusher (come la fresca vedova che gli vende una biblioteca sulla storia dell’aviazione ereditata dal marito ingegnere). Meno interessanti sono le parti che forse Bythell ritiene più divertenti. Mi riferisco alle avventure della sua sciatta (e abbastanza abominevole) commessa, e alle scene assurde che avvengono in libreria. In quest’ultimo caso si poteva fare di più. Mi ricordo una volta in una libreria di Cosenza che una cliente, una ragazza, chiese: «Avete Uomini e no di Vittorini?». Il libraio rispose: «Spiacente, è finito. Però abbiamo Uomini e topi di Steinbeck, le va bene lo stesso?». «Sì», disse la ragazza, «lo prendo».