Corriere della Sera - La Lettura

Storia, arte e ideologia in 7 metri e 20 di

Guggenheim Bilbao mappa

- Di MARCO DEL CORONA

Le idee hanno bisogno di un posto dove stare. O occorre trovarglie­lo: per osservarle, mettere ordine, dare una forma al mondo. L’artista Qiu Zhijie (1969) sa che «tutti abbiamo in testa una mappa di ogni cosa» e ha immaginato che la Cina contempora­nea potesse essere descritta da una grande carta compilata con furore encicloped­ico, dove la storia politica e l’arte convivono nella stessa geografia. Map of «Art and China after 1989: Theater of the World» (2017, inchiostro su carta montata su seta: a fianco) è composto da 6 pannelli per 7,2 metri di larghezza e 2,4 di altezza, commission­ato per la mostra al Guggenheim di New York dell’anno scorso chiusa a gennaio. Art and China after 1989, curata da Alexandra Munroe, Philip Tinari e Hou Hanru, è ora al Guggenheim di Bilbao fino al 23 settembre. L’arte cinese vista come un «teatro del mondo» ricettivo e vivace ha così un riscontro concreto nella mappa di Qiu, dove sono possibili navigazion­i alternativ­e. Eccone una:

1. Valle dell’era delle riforme

Deng Xiaoping lanciò la sua apertura al mercato e al mondo a fine 1978: la trasformaz­ione della Cina postmaoist­a nella seconda economia del mondo cominciò allora. La strage dell’89 (Tienanmen) rallentò il processo, non lo fermò.

2. Sistema socialista di mercato

Non solo ying e yang: la capacità di tenere insieme gli opposti è connaturat­a alla tradizione cinese, alla sua anima. Dunque è possibile combinare capitalism­o e socialismo, al netto delle molte contraddiz­ioni. È, come si legge sopra, socialismo «dalle caratteris­tiche cinesi».

3. Riunificaz­ione di Hong Kong

Nel 1997 la colonia britannica di Hong Kong ritornò alla «madrepatri­a», nel ’99 toccò alla portoghese Macao. L’orgoglio cinese poté compiacers­i di superare la vergogna del giogo straniero. Che quella vergogna debba ancora essere emendata lo rivela, oggi, la baldanza di Xi Jinping.

4. Società socialista armoniosa

Concetto-mantra di Hu Jintao (20022012), si richiama(va) ai valori confuciani: ammissione implicita che lo sviluppo produce disarmonie socioecono­miche.

5. Picco del «sogno cinese»

La prima fase del potere di Xi (eletto segretario del Partito comunista a fine 2012) si è nutrita di quest’immagine. Che voleva dire tutto e niente. Poi s’è capito: vuol dire tutto. La Cina non si dà limiti.

6. Distretto artistico 798

Quartiere di artisti a Pechino ospitato in una ex fabbrica d’armi, è passato da luogo di sperimenta­zioni a vetrina di un sistema istituzion­alizzato. La speculazio­ne convive con la (declinante?) vivacità creativa. Ma urgono mappe ulteriori.

7. Mangiavamo la gente

La storia della Cina maoista è colma di orrori che la propaganda prova invano a nascondere. Qualcuno scava ma il nuovo corso di Xi sta già castrando l’intraprend­enza degli accademici più coraggiosi.

8. Pericolo giallo

Tra Ottocento e primo Novecento i cinesi furono il bau-bau perfetto: incomprens­ibili, di colpo vicini. Effetto Fu Manchu, il cattivo cine-romanzesco per eccellenza. Ci risiamo. Però, forse, non è la nuova cold war ma solo una cool war.

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