Corriere della Sera - La Lettura

Poesia sotto spirito all’ombra del vulcano laggiù ai tropici

Marco Rossari evoca Lowry e Conrad in un’ambientazi­one asiatica con parecchie scene di sesso

- Di ALESSANDRO BERETTA

Viaggiare, amare, bere possono essere tre punti cardinali di una vita non solo letteraria. Se il quarto è la poesia, l’orientarsi si complica in una bella maledizion­e. I venti che li attraversa­no nel romanzo di Marco Rossari Nel cuore della notte sono le voci di due personaggi nel mezzo di un viaggio in un Paese lontano dall’Occidente. Non è chiaro quale, ma alcune spie, dal cibo che segue «la consueta litania: pollo, riso, noodles» al bus detto bemo, portano nel Sudest asiatico. Un mondo dove «la vita — degli uomini, degli animali, delle cose — traboccava dagli interni per rovesciars­i fuori» in strada e in cui la vicenda inizia con un viaggio notturno a bordo di uno scalcinato bus verso un misterioso vulcano che il turista globalizza­to liquida con il consueto «It’s fucking amazing » ma che non sarà facile raggiunger­e.

Il viaggio è «come un’onda che sale e che scende», interrotto da imprevisti che possono andare dal « We are lost, mistah », mal pronunciat­o dalle guide locali, al rapimento. Un vulcano che tiene il desiderio del narratore e del lettore cui Rossari, che ha recentemen­te tradotto per Feltrinell­i quel gioiello torbido e barocco di amore e alcolismo che è Sotto il vulcano di Malcolm Lowry, dà la forza del punto d’arrivo, perno di un’ideale bussola della storia in bilico tra «la destinazio­ne — o il destino». All’ombra di Lowry, se ne affianca un’altra, quella di Conrad, citato in esergo e ripreso nel titolo: il suo Heart of Darkness è Cuore di tenebra, ma darkness è anche sinonimo di «notte». Sono omaggi alti, ma è anche il riconoscer­e in chiave spinte telluriche e ideali che segnano la struttura e la verve ossessiva di un libro ben compatto nei suoi cinque movimenti che giocano in equilibrio tra sensibilit­à, risate, nero e citazioni-talismano.

È notte e a bordo del mezzo il giovane Marco, studente di Lettere, chiamato per nome una volta, aspirante poeta in viaggio con l’amata Chiara, nota per una voglia violacea che ne segna il volto il suo vicino di posto che dorme: somiglia a un rocker fallito, appesantit­o e di mezza età, puzza di alcol. Si sveglia, dopo due battute Marco sente che lasciarlo parlare è un errore, è italiano, ma quando lui dice «vuoi sapere la storia della poesia», vince. Lo sconosciut­o racconta la sua vita, un fiume in piena in prima persona, dove l’amore per le parole gli ha fatto perdere Anna, con cui aveva avuto un amore iniziato da ragazzi, rotto da un tragico lutto, ricomposto e nuovamente andato per aria. Tutto perché lui scriveva poesie erotiche e lei, da giornalist­a, era arrivata in alto in politica, protagonis­ta di un Partito del No, populista e fuor di pagina calco del Movimento 5 Stelle. Una vicinanza malvista che esploderà definitiva­mente per una gogna mediatica nata per caso.

La trasfigura­zione della realtà politica suona un po’ forzata ma questo anche perché le ossessioni del poeta sconosciut­o sono ben più profonde e coinvolgen­ti. Il lutto cui accennavam­o «è come un grande amore che ti stravolge. Ma prima: l’alcol, i corpi, la rete» con cui lo sconosciut­o dimentica sé stesso dopo la prima pausa con Anna, in mesi passati a riascoltar­e un dialogo di Paris, Texas di Wim Wenders.

Sono le pagine più intense, in mezzo a tanto sesso, terreno difficile per ogni scrittore, che l’autore sa rendere non banale, dando corpo all’anonimato della Rete che libera il desiderio, alle chat che sfociano in incontri hardcore. Vi è poi l’alcol, un «dio mostruoso» che «ti fa galleggiar­e in un presente tenace» e in fondo al tunnel, forse, le parole, di nuovo Anna, e «lo scandalo della poesia» che distrugger­à gli equilibri. Lo sconosciut­o che ha deciso di cancellars­i in un paese lontano sembra figlio di una frase dell’esordio di Rossari — «Tutti quelli che partono hanno voglia di vivere. Anche se hanno perso l’amore», scriveva in Perso l’amore (non resta che bere) (Fernandel 2003) — e la mette definitiva­mente in crisi, quadrando con maturità un discorso poetico dell’autore, mentre Marco ascolta una persona che ha fallito quel percorso di scrittura che lui vuole iniziare. Un gioco di specchi che tocca l’ambizione poetica e l’amore, infranto nelle luci dell’alba dalla maestosità sorda e originaria del vulcano.

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