Corriere della Sera - La Lettura

Echi e suoni Il videogame che si può ascoltare

- Di EMILIO COZZI

Una stanza. Difficile dire quanto ampia: le pareti non si possono vedere. Si distingue il rumore del mare e, più forte, di passi: sembra arrivino da un corridoio, basta ascoltare. Questo chiede Echoes from Levia: Soulbound: ascoltare. Debutto autofinanz­iato di Cloverbit, startup fondata da quattro ex studenti di informatic­a dell’Università di Milano, è un videogame pensato per ipo- o non vedenti. Sembra azzardato chiamarlo videogioco, eppure, come gli altri cosiddetti audiogame, è la testimonia­nza delle applicazio­ni dell’interattiv­ità digitale. Ambientato in un leggendari­o medioevo nordico, racconta di Seric, figlio del becchino di un villaggio costiero, che per fuggire ai predoni stringe un patto con un’entità ultraterre­na. Invece di inscenare la storia con la grafica, il gioco la fa sentire sfruttando un audio cosiddetto binaurale in un ambiente a tre dimensioni: in parole semplici, sebbene una componente visiva l’abbia (sopra, un’immagine), Echoes from Levia usa echi e riverberi per far percepire la topografia di una stanza, il materiale delle sue pareti, la presenza di un nemico. Una dinamica narrativa inusuale, che esalta la capacità inclusiva del videogioco e che in Italia vanta una piccola tradizione di eccellenza, come dimostra il catalogo della bolognese TiconBlu: dalla fantascien­za ai simulatori di guida. «Eppure — dice Marco Donati, portavoce di Cloverbit — c’è un’intera categoria trascurata. È una mancanza per un medium che ha un rilievo crescente». Echoes from Levia, presto disponibil­e anche per telefoni, vuole colmarla: «L’idea è farne una saga».

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