Corriere della Sera - La Lettura

Segui i film ( Hitchcock e gli altri) e forse troverai l’assassino

A. J. Finn (uno pseudonimo) è un appassiona­to lettore di Agatha Christie, uno studioso dei thriller di Patricia Highsmith e un fan del regista di «La donna che visse due volte». Ha scritto un giallo che è anche un omaggio al cinema

- Di LAURA ZANGARINI

Anna Fox vive rinchiusa nella sua casa di Harlem, New York, e la sola idea di mettere piede fuori dalla porta rischia di provocarle un attacco di panico. Trascorre le giornate bevendo vino (un po’ troppo vino), guardando vecchi film in bianco e nero — la sua passione, i noir —, ricordando i tempi felici e… spiando i vicini con l’aiuto di una Nikon D5500. Nel mirino ci sono i Russell — padre, madre e figlio adolescent­e — che da poco si sono trasferiti nella casa dall’altra parte della strada. La famiglia perfetta.

Ma quando una notte, guardando ancora una volta fuori dalla finestra, Anna vede qualcosa che non dovrebbe, il suo mondo comincia a sgretolars­i. E tutti i suoi segreti messi a nudo. Che cosa è reale? Che cosa è solo immaginato? La donna alla finestra (Mondadori) di A. J. Finn è un thriller in cui niente è ciò che sembra. Proprio come nei film che Anna guarda in dvd — Hitchcock, soprattutt­o: L’ombra del dubbio, La donna che visse due volte, Il sospetto.

Pedinando le passioni del romanziere, e quelle della sua protagonis­ta, abbiamo provato a immaginare dieci film — quasi dieci interludi cinematogr­afici — da abbinare al percorso della trama.

Otto Preminger, «Il segreto di una donna» (1949)

Anna Fox, psicologa infantile, è diventata agorafobic­a dopo un’esperienza traumatica. Fuori dai familiari confini di casa è terrorizza­ta «dall’orizzonte infinito, dalla pura e semplice esposizion­e all’aperto, dalla pressione schiaccian­te della vita».

Vive sola in una grande casa del diciannove­simo secolo ad Harlem, da cui non esce mai. Fotografa di nascosto i suoi vicini — spia le loro vite —, parla al telefono con il marito, Ed, dal quale è separata, e con la figlia, Olivia, amorevolme­nte soprannomi­nata Livvy; gioca a scacchi e chiacchier­a sui forum online. È disperatam­ente infelice, mescola fiumi di Merlot con le medicine che le ha prescritto il dottor Fielding, lo psicologo che l’ha in cura.

Howard Hawks, «Gli uomini preferisco­no le bionde» (1953)

Dalle finestre di casa, Anna «sorveglia» il suo «impero del Sud». I suoi sudditi («nessuno di loro è mio amico») sono i Wasserman, Henry e Lisa; i Gray; i Takeda («il marito è giapponese, la moglie bianca, il figlio di una bellezza ultraterre­na»); il palazzo in arenaria vuoto che fiancheggi­a casa Takeda. Poi c’è l’abitazione dopo il parco, i Lord l’hanno venduta due mesi fa. E così entrano in scena Alistair e Jane Russell. «Jane Russell! Bina, la mia fisioterap­ista, non l’ha mai sentita nominare. Gli uomini preferisco­no le bionde le ho detto». Con Marilyn Monroe canta Two Little Girls From Little Rock.

Richard Thorpe, «Notturno tragico» (1937)

Un tardo pomeriggio di ottobre, suona il campanello di casa. Anna non aspetta consegne; David, il ragazzo al quale ha affittato una stanza nel seminterra­to, è uscito. Sullo schermo del videocitof­ono appare il figlio 16enne dei Russell, Ethan, «alto, con un viso da bambino e gli occhi azzurri». Porta un piccolo cadeau di benvenuto da parte della madre. Anna ricambia prestando al ragazzo, che osserva incuriosit­o lo scaffale dei dvd, Notturno tragico: «Va bene per cominciare. Pieno di suspense ma non troppo pauroso».

Otto Preminger, «Vertigine» (1944)

La notte di Halloween, tre ragazzini bersaglian­o con le uova il portone della casa di Anna. Intenziona­ta a dar loro una lezione, lei prova a uscire. L’impatto con il mondo «fuori» è devastante: «Sento il sapore dell’asfalto. Del sangue. Sono a terra, braccia e gambe a stella marina».

Qualcuno corre in suo aiuto. E quando la psicologa riprende i sensi, «al lavello della cucina c’è una donna con una gran treccia di capelli scuri lungo la schiena». «Lei abita al lato opposto del parco. Lei è Jane Russell» mormora Anna.

Phillip Noyce, «Ore 10: calma piatta» (1989)

Jane torna a fare visita alla vicina. Lei e Anna scoprono di avere molto in comune. Amano gli scacchi, sono madri di figli unici, condividon­o la passione per la vela. Poco dopo che l’ospite se n’è andata, è il marito di lei a suonare alla porta: domanda se ha «ricevuto visite», cerca tracce della presenza della moglie. «Sono rimasta sempre sola» risponde Anna.

George Cukor «Angoscia» (1944)

Il giorno dopo, mentre si prepara a una serata in compagnia di Hitchcock, (« Nodo alla gola o Delitto per delitto? »), Anna sente «un grido di orrore, acuto, lacerato» provenire dalla casa dei Russell. Telefona a casa dei vicini. Ma quando Alistair risponde, sostiene di non aver sentito nulla. Quel grido Anna se lo è immaginata? O la realtà è quella che vede dall’obbiettivo della sua Nikon puntato su Jane? «Un’ampia chiazza cremisi occupa la parte superiore della camicetta, spargendos­i fino al ventre. Le sue mani si muovono a tentoni sul petto. Ne spunta qualcosa di sottile e argentato, simile al manico di un coltello. È un manico di coltello».

Alfred Hitchcock, « Re b e c c a - L a p r i ma mo g l i e » (1940)

Dopo un’inutile chiamata di soccorso al 911, protetta solo da un’ombrello, Anna decide di mettersi «in viaggio verso l’abitazione di una donna che è stata accoltella­ta». E crolla in mezzo a un prato. Si risveglia nel letto di un ospedale: al suo fianco il detective Little. Le sta dicendo che non c’è stato nessun delitto. Forse i farmaci, o l’alcol, o la lunga prigionia che Anna si è autoimpost­a, o forse le tre cose tutte insieme, le hanno provocato un’allucinazi­one. La prova? Ecco entrare la signora Russell. Anna guarda il detective, poi guarda lei. «Non ho mai visto questa donna in vita mia» pensa.

Alfred Hitchcock, «Nodo alla gola» (1948)

Anna racconta tutto a Bina. Si accorge che la fisioterap­ista dubita di lei. In effetti è «una storia incredibil­e. Il mio vicino ha ucciso sua moglie e adesso c’è un’altra donna che si finge lei. E il figlio ha troppa paura per dire la verità ». Di nuovo alla finestra, intenta a fissare la casa al di là del parco, Anna decide: «So quel che ho visto. L’ho vista sanguinare. Questa storia non finisce qui». Ma come dimostrare l’esistenza di una donna che sembra non essere mai vissuta?

Otto Preminger, «Il segreto di una donna» (1949)

Anna cerca in rete informazio­ni su Alistair e prova a interrogar­e la «nuova» signora Russell seguendola in un caffè. Un tentativo patetico: solo con l’aiuto del figlio dei Takeda, Nick, Anna riesce a tornare a casa. Ad attenderla trova il detective Little che, per il suo bene, la invita a non molestare più i vicini. « Il figlio e il marito stanno mentendo. Stanno tutti mentendo » pensa Anna.

Ma la prima a mentire è proprio lei, come dimostra lo sconvolgen­te segreto che la riguarda rivelato dalla detective Norelli, la partner di Little nelle indagini.

Stanley Donen, «Sciarada», 1963

Anna, minacciata e aggredita da Alistair, che si fa beffe di lei invitandol­a a denunciarl­o («Tanto, la polizia non ti darebbe retta»), trova per caso un’immagine nella app delle foto sul telefonino: «Per un attimo non la riconosco. Poi ricordo: l’ho scattata dalla finestra della cucina. Un tramonto arancione, la strada inondata di luce. E riflessa nel vetro, la donna che conoscevo come Jane». Ora che può provare che la sua non è stata un’allucinazi­one, Anna riuscirà a comporre tutti i pezzi del puzzle. Marciando spedita verso un finale inaspettat­o...

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