Corriere della Sera - La Lettura
COMMODO E SENECA VITTIME IN PISCINA
Mentre in età repubblicana ci si lavava con parsimonia e di nascosto, a Roma in età imperiale scoppiò la mania della cura del corpo e non ci si vergognò più di lavarsi spesso e in gruppo. Aperte al pubblico e a basso costo, le terme erano luogo di incontro, microcosmo fra relax e lavoro per uomini e donne, che, oltre a fare il bagno usavano palestre, massaggi, giochi, e nei casi più sontuosi teatri, biblioteche e ristoranti.
La letteratura è carica di giudizi morali. Ovidio ritiene i bagni troppo frequenti delle donne coperture di incontri illeciti, Giovenale dubita del pudore di quante si recavano alle terme di sera con gli unguenti. Il Trimalcione petroniano butta in piscina gli ospiti rimpinzati e ubriachi, contro ogni norma igienica, e le terme di Nerone, bollenti come fornaci, sono criticate da Seneca (nell’immagine in alto) come sintomo di decadenza. Il filosofo paragona la sua vita a un percorso termale, fra bagni freddi e momenti di studio, e lì si suicida, dissanguato e asfissiato nella sauna, forse imitando Socrate che, prima di bere la cicuta, fece il bagno per lasciare il cadavere lavato.
Alle terme fu assassinato nel 192 l’imperatore Commodo, che faceva sette o otto bagni al giorno. Mentre si trovava a bordo piscina circondato da 300 concubine, l’amante gli portò un calice di vino, ma poiché il veleno che conteneva non fece effetto, il personal trainer lo soffocò a morte. Per il filosofo Epitteto andare alle terme era un po’ come affrontare il mondo, la folla, la vita con tutto il suo sudore, gli umori e i tumulti: consiglia di stringere i denti e ripetersi: «Voglio fare un bagno, ma anche rimanere me stesso e in accordo con la natura».