Corriere della Sera - La Lettura
L’attentatore dimenticato
Acciarito tentò invano di uccidere Umberto I
Chi frequenta un po’ la storia conosce Gaetano Bresci, l’anarchico che uccise il re Umberto I a Monza il 29 luglio 1900. Ma un pesante velo di oblio è caduto invece sul suo compagno di fede Pietro Acciarito, che tre anni prima, il 22 aprile 1897, attentò anch’egli, fallendo, alla vita del medesimo sovrano, come narra Piero Proietti nel saggio L’anarchico che non uccise il re (Mursia).
Giovane fabbro nato ad Artena, non lontano da Roma, nel 1871, Acciarito era un aspirante regicida piuttosto scalcagnato: saltò sulla carrozza del monarca e cercò di colpirlo con un coltello artigianale, che lui stesso aveva forgiato, ma mancò il bersaglio per la pronta reazione di Umberto I, cadde a terra e fu subito arrestato. La parte più interessante, anzi inquietante, del libro arriva dopo, perché il caso venne usato per colpire anarchici e socialisti, montando il teorema di una inesistente trama sovversiva. Per ricattare Acciarito e indurlo a denunciare presunti complici, inventarono che la sua amante aveva avuto un figlio da lui, mentre si trovava in carcere, ma il tranello venne svelato al processo e gli imputati furono assolti. Pietro invece, condannato all’ergastolo, visse un’autentica via crucis e finì nel 1904 in manicomio giudiziario, dove si spense nel 1943. Aveva sbagliato, ma non meritava una sorte del genere.