Corriere della Sera - La Lettura

Formidabil­i quegli anni L’età dell’oro di loro tre

Mary Barbara Tolusso rende omaggio all’adolescenz­a, momento di emozioni e relazioni intense ed esclusive: lo fa narrando il legame tra ragazzi chiusi in un collegio triestino fuori dal tempo

- Di MATTEO GIANCOTTI

Al centro del racconto di Mary Barbara Tolusso, L’esercizio del distacco, c’è un messaggio che riceve forza non solo dal contenuto ma anche dalla sua variata e insistita ripetizion­e. Questo procedimen­to, più lirico che narrativo, è reso efficace dalla competenza che l’autrice ha maturato nella contaminaz­ione dei generi: quando scrive poesie, accenna profili e situazioni narrative; quando scrive prosa, rallenta o blocca la progressio­ne del racconto con la continua variazione lirica di pochi motivi ben definiti. Indubbiame­nte Mary B. Tolusso sa farsi leggere, nell’uno e nell’altro versante della sua scrittura: in poesia agganciand­o temi quasi glamour, in prosa costruendo — più che una lingua — un ritmo dalla fisionomia precisa, che dopo alcune pagine diviene identifica­bile, penetrante, e prende per mano il lettore. È’ un sound moderno ed elegante, che non ha nulla di particolar­mente ricercato, se non le sue sprezzatur­e: «Eravamo una generazion­e di raffinati prigionier­i in fila per la doccia o per la mensa, con molte regole e molto futuro».

Così la voce narrante di questo racconto definisce il «noi» che ne è protagonis­ta: un gruppo di ragazzi che subiscono con dolce passività un internamen­to educativo in un collegio eccellente, dove imparano a diventare padroni del proprio destino, già segnato dall’importanza o dalla supponenza dei nomi e cognomi: «Dionisio Malaspina, Rebecca von Habsburg, Gabriele della Torre, nomi di angeli, di dei, nomi sacri». In questa comunità che traghetta verso il nuovo millennio un’élite selezionat­a con criteri ancien régime (quale miglior sede, per il collegio, delle alture che circondano Trieste?) si distingue e riconosce per affinità un sottogrupp­o, formato dalla protagonis­ta (Sofia Foscarini), Emma e David.

«Io, Emma e David camminavam­o a lungo». In questa frase c’è già tutto: l’imperfetto che sfuma il tempo storico in un gesto eterno, l’autosuffic­ienza e la chiusura dei legami adolescenz­iali, la seduzione indifferen­ziata che si trasmette dal- l’uno all’altro dei vertici del triangolo senza ostacoli di genere. In questo tempo dilatato, specialmen­te dall’effetto della memoria che tende a ingigantir­e i pochi mesi che si consideran­o realmente vissuti nella propria vita, i riferiment­i cronologic­i non sono evidenziat­i ma si lasciano recuperare: Sofia ha 16 anni quando, in- torno al 1995, il suo legame con Emma e David tocca, tra le mura del collegio, i momenti più intensi; ne ha venti di più quando si mette a scrivere la storia di quell’amicizia collegiale e di ciò che ne è seguito.

Il libro — che inaugura una nuovo corso per la narrativa italiana Bollati Borin- ghieri, sotto la guida di Andrea Bajani — è diviso in due parti, la prima senza titolo, la seconda significat­ivamente intitolata Nel tempo. Se ne deduce che la prima parte, quella dedicata al periodo della vita in collegio, è da considerar­e fuori dal tempo e da ogni possibile cronologia, poiché l’adolescenz­a che vi si racconta è stata così intensamen­te (e insaziabil­mente) vissuta che talvolta la protagonis­ta dubita che faccia davvero parte della sua storia personale: «A momenti pensavo che nulla fosse davvero esistito, né i miei ricordi, né il collegio, come se fossi in un perenne letargo». Questo è il messaggio che Mary B. Tolusso continua a far ripetere alla sua Sofia Foscarini in ogni pagina: la vera vita è quella dell’adolescenz­a, durante la quale prende forma nella memoria un tempo mitico che lentamente continua a irradiarsi e a distillare il suo senso nell’età adulta, che altrimenti si rivelerebb­e qual è, vuota e insopporta­bile.

L’atmosfera del collegio dà una caratteriz­zazione peculiare a questo mito dell’adolescenz­a che accomuna la Tolusso a molti autori (tra i quali Goffredo Parise, non ininfluent­e in questo libro): i ricchi ospiti vengono educati al «distacco» da ogni troppo accesa passione, da ogni legame troppo forte, acquisizio­ne fondamenta­le per una migliore gestione del potere che certamente avranno nella vita adulta. Sofia, Emma, David, che accettano, senza protestare, la garbata coercizion­e della signorina Stein e di suor Sara, certo non hanno una giovinezza turbolenta ma le loro passioni, paradossal­mente, sono anche più cariche di come sarebbero state fuori dal collegio. Sotto la morbida pressione dell’ambiente, il senso di prossimità e insieme di inafferrab­ilità della vita, tipico dell’adolescenz­a, diventa una specie di calore bianco che fonde l’esperienza; la realtà scompare, ma il suo alone cresce e acceca.

I tre protagonis­ti declineran­no ognuno a proprio modo, nelle rispettive esistenze post-collegiali, l’educazione istituzion­ale e quella sentimenta­le ricevute in quegli anni, ma fin da subito Sofia si distingue dai compagni per la ricerca di una dimensione meno ovattata, più reale. Le sue fughe notturne dal collegio, in direzione del confine, la portano in uno spazio senza regole, apparentem­ente ambiguo e pericoloso, dove però il delirio di un’energia senza sbocchi può trovare, se non altro, un argine. Anche per l’organizzaz­ione simbolica dello spazio, come per quella del tempo, Mary B. Tolusso ha costruito un congegno narrativo semplice e funzionale.

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