Corriere della Sera - La Lettura
Vesto personaggi, non persone E i soprani chiedono: «Stringa pure»
Maria Chiara Donato, costumista, artisticamente è nata al Teatro alla Scala, come giovane apprendista e assistente, e lì è ritornata per insegnare Storia del costume all’Accademia. Racconta che «quando ci sono precise linee guida da seguire, nel rispetto della produzione originale di uno spettacolo, si lavora con largo anticipo». C’è sempre un’idea di regia che guida il lavoro di tutti i creativi: «Bisogna tenere conto dello spazio in cui andranno i costumi e in genere il regista ha già un progetto scenografico, può anche aggiungere luci particolari. Da quel momento ha inizio una ricerca iconografica fondamentale, basata sulla lettura del testo, l’incontro con il regista». Poi si comincia a disegnare: «Faccio tutto a mano, si presentano delle campionature, dei modelli, fino ad arrivare al figurino finale. Ho lavorato tanto per l’opera lirica: sono abituata a corporature robuste, bisogna renderle credibili per il personaggio che devono interpretare». L’intento di un costumista è vestire un personaggio, «non vestire un bel corpo: va raccontato il suo carattere». Ci sono costumi difficili da indossare, l’idea di regista e costumista va oltre la comodità: «Nella lirica i costumi sono abbastanza pesanti e i cantanti sudano tantissimo, alla fine della serata i tessuti sono da strizzare. La cosa più bella accade quando l’interprete usa bene il costume, lo rende suo. A volte vince il desiderio di sembrare più magre, e allora le Signore si fanno strizzare, soprattutto i soprani: è più facile che le donne consentano di stringere, perché così “appoggiano” il diaframma. Quando c’è un corpo un po’ tondo, si tira, col corsetto, come si faceva nel Settecento-Ottocento.“Stringo ancora?”. “Sì sì, bene bene…”».