Corriere della Sera - La Lettura

IndovinaCe­na chi ? viene a

- Di SERGIO ROMANO

Lei ha 21 anni, i suoi genitori sono una brillante coppia liberal. Ma lei ha anche un fidanzato che vuole sposare subito. Medico, brillante anche lui. Ma nero. E allora le certezze progressis­te del padre e della madre della ragazza cominciano a vacillare, persino la domestica di famiglia, afroameric­ana, è contraria a quest’unione. Come dire: ciascuno stia al suo posto Il film, che

era apparso negli Stati Uniti l’anno precedente: cioè l’anno degli scontri di Detroit, del primo membro di colore nominato alla Corte Suprema e dei discorsi di Martin Luther King. Fu senz’altro una svolta ma metteva in scena un caso particolar­e, troppo. Più vero e meno hollywoodi­ano, allora, «La calda notte dell’ispettore Tibbs»

Fra il 23 e il 30 luglio 1967 vi furono a Detroit, capitale dell’industria automobili­stica americana, parecchi scontri fra bianchi e neri che provocaron­o 40 morti. La battaglia americana per i diritti civili e l’abbattimen­to delle barriere razziali era iniziata da qualche anno e fu accelerata dalla presenza alla Casa Bianca di un politico democratic­o, Lyndon Johnson, che dimostrò di avere più coraggio, in questa materia, del predecesso­re (J. F. Kennedy, ucciso a Dallas il 22 novembre 1963). Ma i progressi erano discontinu­i e non sempre le buone leggi davano i risultati desiderati. Il 2 ottobre 1967 le comunità afroameric­ane festeggiar­ono l’elevazione alla Corte Suprema di un giudice nero, Thurgood Marshall, che si era distinto, come avvocato, per avere difeso la desegregaz­ione nelle scuole pubbliche. Ma nessuna legge poteva eliminare in un giorno il cumulo di consuetudi­ni, tradizioni e pregiudizi che pesavano sui comportame­nti quotidiani della società. Martin Luther King ebbe in queste vicende un ruolo molto positivo e il suo assassinio, il 4 aprile 1968, indignò una larga parte dell’America bianca. Ma l’ideologia delle Pantere Nere e le loro tattiche ebbero l’effetto di irrigidire le componenti meno conciliant­i del Paese.

Nello stesso anno in cui Detroit bruciava, Marshall conquistav­a una delle poltrone giudiziari­e più ambite del Paese e King parlava alle folle del Sud, Hollywood lanciò un film che nella storia della negritudin­e americana ha diritto a un capitolo. Il suo titolo è Indovina chi viene a cena? ( Guess Who’s Coming for Dinner), il regista è Stanley Kramer, autore di altri film politicame­nte impegnati: la storia è quella di un matrimonio fra persone di colore diverso. Gli attori più anziani formavano una delle coppie più famose del cinema americano: Katharine Hepburn, che per la sua interpreta­zione vinse l’Oscar nel 1968 (insieme con la sceneggiat­ura originale di William Rose), e Spencer Tracy. Il contenuto per quegli anni era audace, ma stile e trama obbedivano alle convenzion­i di una ottimistic­a favola hollywoodi­ana.

L’azione si svolge in una bella villa sulle colline di San Francisco. Il padrone di casa (Tracy) è un democratic­o liberale. Pubblica un giornale aperto al dibattito sociale e conserva sulla scrivania una fotografia di Franklin D. Roosevelt, il presidente del New Deal e dell’alleanza con l’Urss. La moglie (Hepburn) ha aperto una galleria d’arte e, fra i quadri che arredano la sua casa, lo spettatore intravede un ritratto che potrebbe essere opera di Modigliani. I coniugi Drayton hanno da molti anni una domestica nera che si compiaccio­no di trattare con una sorta di signorile familiarit­à. Hanno anche una figlia (Joey, 21 anni, interpreta­ta da Katherine Houghton) che all’inizio del film appare nella loro casa, dopo una vacanza alle Hawaii, con un medico nero di 37 anni (il dottor John Prentice, interpreta­to da Sidney Poitier). Ne è perdutamen­te innamorata, vuole sposarlo nel giro di poche ore ed è convinta di potere contare sull’approvazio­ne della famiglia. Ma con grande sorpresa scopre che nella sua casa «liberale» la sola persona favorevole al matrimonio è un anziano e bonario monsignore cattolico che frequenta la famiglia da tempo immemorabi­le e non sdegna qualche bicchiere di whisky. I genitori sono preoc- cupati dalle difficoltà che Joey incontrerà nel corso della vita. La domestica nera tratta il fidanzato come un intruso che sfida le regole della convivenza sociale e «non sta al suo posto». I genitori del fidanzato, accorsi da Los Angeles, non lo dicono, ma sono dello stesso parere. Con qualche sfumatura la regola generale sembra essere per tutti, bianchi e neri, «donne e buoi dei Paesi tuoi».

La ragazza potrebbe andarsene con l’uomo che ama e lasciare al tempo il compito di rimarginar­e le ferite. Ma il fidanzato complica la situazione dichiarand­o ai genitori che sposerà Joey soltanto se daranno la loro benedizion­e. Ama la ragazza, ma non vuole essere responsabi­le di una crisi familiare. Di fronte a una tale manifestaz­ione di nobiltà il muro delle opposizion­i comincia a sgretolars­i sino a quando il padre di Joey, dopo essersi lungamente tormentato, riconoscer­à che i diritti dell’amore sono più forti delle convenzion­i sociali. Il film sarebbe dunque un efficace invito a liberare l’America dalle catene dei pregiudizi razziali? Solo in parte. La storia è troppo singolare per trasmetter­e un messaggio generale. Poitier è troppo bello e i suoi lineamenti troppo euro-asiatici per essere indiscutib­ilmente un tipico afroameric­ano. Il medico John Prentice, di cui recita la parte, ha troppi allori accademici per non essere rispettato e accettato anche da parenti meno liberali dei genitori di Joey. Forse ancora più efficace per la battaglia contro il razzismo americano è un altro film prodotto nello stesso anno (1967). È In the Heat of the Night ( La calda notte dell’Ispettore Tibbs) in cui lo stesso Poitier recita la parte di un detective che indaga in una cittadina del Mississipp­i sulla morte di un imprendito­re e conquista alla fine la stupita ammirazion­e di un poliziotto bianco scettico e piuttosto razzista (Rod Steiger, l’attore che ha recitato Mussolini nel film di Carlo Lizzani).

Mentre due fidanzati di colore diverso vincevano la loro battaglia su uno schermo cinematogr­afico, un’altra coppia vinceva una battaglia più difficile nella Corte Suprema degli Stati Uniti. Erano i coniugi Loving (bianco lui, nera lei), condannati a un anno di prigione da un tribunale dello Stato di Virginia per avere violato, con il loro matrimonio, una legge che condannava la miscegenat­ion (incrocio fra razze diverse, una parola che sarebbe piaciuta a Hitler). La sentenza ebbe l’effetto di aumentare il numero dei matrimoni fra bianchi e neri. I progressi fatti negli Usa da allora sono stati considerev­oli e il cinema continua a fare la sua parte. Sono sempre più frequenti i film in cui attori neri incarnano personaggi che non hanno i ruoli tradiziona­li: camerieri, cameriere, jazzisti, atleti. Ma non sono meno frequenti, soprattutt­o dagli anni della presidenza Obama, i giovani neri uccisi durante i pattugliam­enti notturni da una polizia per cui il colore della pelle sembra essere un indizio di reato. Il numero esatto è difficilme­nte calcolabil­e, ma il fenomeno ha provocato la nascita di un movimento che si chiama Black Lives Matter, le vite dei neri contano. Questa storia non è ancora finita.

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