Corriere della Sera - La Lettura
La sindrome texana culla l’America più America che c’è
Il sottotitolo di God Save Texas (Dio salvi il Texas), nuovo saggio del giornalista americano Lawrence Wright che esplora le contraddizioni dell’undicesima economia mondiale, è «viaggio nell’anima dello stato della stella solitaria». Dal soprannome dello stato che allude alla sua passata indipendenza. Nella versione britannica, però, il sottotitolo, più rivelatore, è «viaggio nel futuro dell’America». Perché il Texas, lo stato più vasto degli Usa dopo l’Alaska e il più popoloso dopo la California, più ricco del Canada e leader nazionale nell’export tecnologico (la zona di Austin è detta Silicon Hills, quella a nord di Dallas Silicon Prairie), è oggi anche laboratorio di alcune delle politiche più razziste, omofobe e sessiste del Paese. E in questo senso, per il giornalista del «New Yorker», premio Pulitzer, sembra l’America che Trump vuole creare. Così questo volume, dove Wright passa in rassegna tutti i cliché sul Texas, dalla parlata al ballo country western, alla nostalgia per un passato che è in gran parte un’invenzione hollywoodiana, pur se a tratti esilarante vuole essere un monito. «Parte di me ha sempre voluto fuggire», racconta Wright a «la Lettura». E «non puoi essere del Texas e non aver vissuto il disprezzo di sinistra per tutto ciò che è Texas. E però non sono mai riuscito ad andarmene davvero. Sarà Alamo, la nostra Lourdes, sarà Willie Nelson, sarà il mio ex vicino di casa Matthew McConaughey», scherza.
Dio salvi il Texas. Lo stato che sfoggia la stella dell’indipendenza sulla propria bandiera è anche quello che nel 1845, tra restare indipendente e non abolire la schiavitù, optò per la seconda. Una terra dell’abbondanza — di petrolio, ettari e risorse naturali — ma per pochi. Dove in più di vent’anni non un solo politico democratico è stato eletto a livello statale. Dove un bambino su quattro vive in povertà, l’istruzione è tra le peggiori del Paese e la mortalità femminile aumenta.
Cresciuto a ritmi stupefacenti grazie a un regime di bassa fiscalità e minima regolamentazione, il Texas, scrive Wright, si è spostato sempre più all’estrema destra, trascinando il Paese con sé. Tanto che lo stesso nome Bush non è più garanzia di vittoria. Tutto questo mentre la demografia racconta altro, di uno stato sempre meno bianco, della più grande comunità musulmana degli Usa. «Dovrebbe essere democratico quanto la California», osserva, «invece è il pianeta rosso» (rosso è il colore dei repubblicani). Per non parlare delle armi. Che una legge voluta dal vicegovernatore Dan Patrick, manager della campagna di Trump in Texas, permette di portare a vista anche nei supermercati.
Wright racconta di quando Ted Cruz, candidato alle primarie repubblicane alle ultime presidenziali, avvolse una fetta di bacon su un fucile semiautomatico, sparò, srotolò la fetta e la mangiò. «Obiettivo», nota tristemente, «era mostrare il suo lato più umano». E però il Texas è anche lo stato dove, nei giorni scorsi, per la prima volta, una donna ispanica e gay (Lupe Valdez) s’è aggiudicata la nomination democratica per la corsa a governatore. Dove, all’indomani della strage al liceo di Santa Fe, il capo della polizia di Houston ha chiesto ai cittadini di smettere di votare quei politici che non si spendono per il controllo delle armi. Houston, la città più etnicamente varia degli Stati Uniti, nota Wright, dove il sindaco è nero. Dove il 40% della popolazione ha meno di 24 anni e quasi il 70% è di colore. Forse da Houston, e dalla progressista Austin di Wright, può ripartire la speranza di uno stato dove ogni recente iniziativa dell’estrema destra, dalle restrizioni sull’aborto alle politiche anti-immigrati, si è scontrata con un attivismo senza precedenti, e durante la discussione della legge che voleva obbligare i trans a usare il bagno corrispondente al sesso di nascita, in un ristorante di Austin spiccava il cartello: «Dove volete, basta che vi laviate le mani». Così, sul «Washington Post», Cecile Richards, presidente della ong per la maternità pianificata Planned Parenthood e figlia dell’ex governatrice democratica Ann, scrive che il messaggio più importante di God Save Texas è quello che Wright non ha scritto: «Non contiamo su Dio, salviamolo noi stessi».