Corriere della Sera - La Lettura

Piccoli Bolaño crescono (Ovando, per esempio)

- di VANNI SANTONI

La scrittrice messicana Valeria Luiselli disse una volta che la mania per Roberto Bolaño stava diventando un problema: «Bolaño, Bolaño, ormai gli editori, da noi scrittori latino-americani, si aspettano sempre dei Bolañitos, anche se col Cile non abbiamo avuto a che fare». Si capisce allora che l’arrivo del libro d’esordio di un nuovo scrittore cileno, peraltro vincitore proprio del Premio Bolaño, porti molti a salutarne l’autore come un possibile Bolañito. Ci mette anche del suo, Francisco Ovando, (1989 , qui sopra), scegliendo come protagonis­ta di Tutta la luce del campo aperto (Edicola Ediciones, editore con sedi a Santiago e Ortona, in Abruzzo; traduzione, non facile e ben realizzata, di Giorgia Esposito, pp. 240, € 14 ) un aspirante scrittore, e ponendo al centro dell’attenzione, anzi dell’ossessione di costui (almeno fino all’arrivo della giovane Alina, che farà saltare ogni parametro) il pittore Alfredo Valenzuela Puelma, folle, spiantato e autore del primo nudo della storia dell’arte cilena. A partire da questi elementi non poco bolañani, con in più l’elemento weird dell’ornitomanz­ia, ci si troverà di fronte a un gioco in cui finzione letteraria, rappresent­azione e realtà si sovrappong­ono e danzano attorno al sentimento della morte e al desiderio, suo unico possibile esorcismo. Ciò avviene con efficacia anche grazie a una struttura a specchi, a un tempo frammentar­ia e frattale, come a ricordarci che Ovando potrò pure essere un Bolañito, ma Bolaño era del resto, a suo modo, un po’ un

Borgesito e un po’ un Cortázarit­o, e per un esordiente condensare riferiment­i del genere, pur mantenendo una propria e distinta voce, non è poco.

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