Corriere della Sera - La Lettura
Colletti da Kant a Kant (passando per Marx)
Alcune lezioni inedite chiariscono meglio un itinerario intellettuale complesso
Lucio Colletti era uno studioso di fama internazionale quando nel 1974 disse addio a Marx con la celebre Intervista politico-filosofica (Laterza). La sua conoscenza del marxismo era così autorevole che nel 1958 tenne un corso all’Istituto Gramsci di Roma per i quadri del Pci. Al centro di quelle Lezioni di filosofia politica, ora recuperate da Claudio Petruccioli e Ludovica Colletti e pubblicate da Rubbettino, vi erano Kant e lo Stato di diritto ai quali erano contrapposti la «volontà generale» di Rousseau e la rivoluzione di Marx.
Colletti cercava di far emer- gere dalla concezione liberale del diritto la «contraddizione» sulla quale lo stesso Marx lavorò senza trovare la soluzione: all’eguaglianza legale non corrisponde quella reale. Così il diritto altro non sarebbe che la «sovrastruttura» con cui la classe dominante copre interessi e potere. Che fare? Superare la «contraddizione» con la democrazia degli eguali. Poi Colletti nel 1974 dichiarò che non si trattava di una contraddizione logica, ma di un contrasto reale che va mediato volta per volta proprio con quel metodo parlamentare della democrazia borghese che Marx voleva abbatte- re. Le lezioni marxiste di Colletti, finora inedite, hanno il pregio di farci meglio intendere e apprezzare il Colletti liberale.
D’altronde non solo le Lezioni di filosofia politica, ma la lezione di Colletti in toto, divisa tra filosofia, scienza e libertà, è molto attuale. Basti solo la considerazione che Colletti per tanti anni, da studioso e da cittadino animato da passione politica, cercò di coniugare diritto ed eguaglianza vedendo proprio nella illuministica «volontà generale» di Rousseau la chiave di volta per superare il liberalismo di Kant e inverare alla maniera di Hegel la pro- messa rivoluzionaria di Marx. Oggi il concetto spinoso di volontà forgiato dal filosofo del Contratto sociale è ritornato con irruenza nel dibattito e ancor più nella lotta politica, sotto le vesti dirompenti della «volontà popolare» con cui la democrazia da un lato si rigenera e dall’altro degenera. Il significato del percorso di Colletti risiede proprio nella consapevolezza che in lui gradualmente matura (soprattutto nella seconda metà degli anni Sessanta, dopo che era uscito dal Pci nel 1964) della necessità del divorzio tra la scienza e il marxismo da un lato e dall’altro nella co- scienza che la «volontà popolare», se non è ricondotta, come dice la Carta del 1948, «nei limiti della Costituzione», è destinata non solo a non realizzare alcuna rivoluzione, ma a generare la reazione.
Lucio Colletti ebbe tre vite segnate dal suo daimon. La giovinezza, quando fu allievo di Pio Albertelli, antifascista sulle orme di Croce. La seconda vita, quando fu allievo di Galvano Della Volpe, divenne marxista e critico della democrazia borghese. La maturità, quando riprese le sue posizioni liberali, politiche ed epistemologiche, con quel filosofo di Königsberg intorno al quale aveva girato come intorno al mondo.