Corriere della Sera - La Lettura

COSÌ NAPOLI HA SOSTITUITO SPOLETO

- Di FRANCO CORDELLI

Se Napoli nella stagione che si è conclusa è stata la capitale del teatro in Italia, lo sarà ancora dall’8 giugno al 10 luglio. Più di un mese per l’undicesima edizione del Napoli Teatro Festival, la seconda diretta da Ruggero Cappuccio. Sarebbe difficile non riconoscer­e che le prime edizioni, dirette da Renato Quaglia, le si ricorda come un momento aureo, un processo di rivitalizz­azione, di scoperta, di euforia che in anni recenti non ha uguali nel nostro Paese. La spinta propulsiva della città si sente sempre, quale ne sia il direttore. Si è sentita in ogni edizione: il festival di Napoli ha preso il posto che fu di Spoleto.

Per il 2018 sono in rassegna 85 compagnie per 160 recite. Il progetto, che si spinge fino al 2020, prevede una «ricongiunz­ione organica tra le arti della scena». Non per nulla sono in programma non solo la letteratur­a (la poesia) e la prosa, ma anche la danza o l’installazi­one/performanc­e. Né mancherann­o, come è implicito, i laboratori con i grandi maestri, da Eimuntas Nekrosius a Eugenio Barba.

Nella sezione della prosa i nomi da tutti riconoscib­ili sono quelli di Isabelle Huppert, Declan Donnellan, Mikhail Baryshniko­v, Alvis Hermanis, Andrej Konchalovs­kij (ma tra gli interpreti dei tre spettacoli per il centenario di Ingmar Bergman ci sono anche Laetitia Casta, e tra i registi Liv Ullmann). Tra gli italiani, attori o registi o drammaturg­hi, ricordo Cesare Ronconi, Carlo Cerciello, Fausto Russo Alesi, Spiro Scimone e Francesco Sframeli, Silvio Orlando, Elena Bucci, Lina Sastri, Renato Carpentier­i, Giancarlo Sepe, Tonino Taiuti, Ferdinando Bruni e Elio De Capitani con la trilogia Afghanista­n.

Ma il fatto davvero notevole del festival è la molteplici­tà dei luoghi: una prerogativ­a che si toccò con mano già nella prima edizione. Si va al festival per scoprire i luoghi o per rivederli, non solo in città, ma anche in regione. Sono previste serate al Duomo di Amalfi e alla Reggia di Caserta; o al San Carlo e al Palazzo Reale, alla Galleria Toledo e al Donnaregin­a Vecchia. Come lo scorso anno, un buon numero di spettacoli andrà in scena a Pompei.

Difficile insomma sottrarsi al fascino di questo evento e non apprezzare la varietà e ricchezza delle sue promesse. A proposito di Pompei, bisogna precisare che non è propriamen­te una delle sedi del festival: le date lo incrociano e lo proseguono, ma gli spettacoli che vi saranno rappresent­ati sono una produzione del Mercadante. Luca De Fusco inaugurerà il breve ciclo, uno spettacolo ogni fine settimana a partire dal 21 giugno fino al 21 luglio. Si comincia con Salomè di Oscar Wilde, testo pericoloso quant’altri mai, in specie per chi gelosament­e custodisce nella memoria la versione che ne dette a Spoleto Steven Berkoff. Bob Wilson quest’anno ha tradito il festival umbro per mettere in scena a Pompei Oedipus, forse lo spettacolo più ghiotto del programma. Terzo sarà una coreografi­a di Emio Greco, una versione di Medea ricavata non solo da Euripide, ma anche da Sofocle e dai moderni. Quarto e ultimo spettacolo ancora un classico, Eracle di Emma Dante, attualment­e in scena a Siracusa. Nei confronti di questa proposta del Mercadante si potrebbe essere critici: che bisogno c’era dal momento che c’è il festival? Ma si potrebbe essere anche favorevoli: perché no? Più teatro c’è, meglio è.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy