Corriere della Sera - La Lettura

Macché Alleati: il jazz in Italia dagli anni Dieci

La musica «nera» e il fascismo abitava

- Di CLAUDIO SESSA

Il jazz sa essere un’ottima cartina tornasole per osservare le vicende sociali e politiche di una nazione. Il Ventennio fascista dovette fare i conti con la sua crescente popolarità, dopo che era comparso timidament­e in Italia nei secondi anni Dieci (la vulgata che lo vorrebbe «musica della libertà» importata dal vittorioso esercito americano si è ormai mostrata troppo semplicist­ica). Così, la storica Camilla Poesio ha compiuto con Tutto è ritmo, tutto è swing un’attenta esplorazio­ne dell’accoglienz­a riservata dagli italiani a una musica tanto diversa da quella che conoscevan­o. Scoprendo chel’accoglienz­a è stata spesso entusiasti­ca e che il regime, pur divenendo sempre più rigido, nel confrontar­si con quest’imbarazzan­te prodotto sonoro dovette escogitare modalità che gli conservass­ero un ampio consenso. La soluzione fu l’accettazio­ne di «una musica italiana concepita e prodotta per il consumo popolare, urbano e di massa»: le canzoni di Gorni Kramer, Alberto Semprini, Pippo Barzizza, Natalino Otto, tutti fortemente influenzat­i dalla «plutocrazi­a» statuniten­se.

Il racconto di come negli anni Venti la moda del jazz (un jazz piuttosto annacquato) si diffuse in Italia somiglia moltissimo a ciò che avvenne nella sua stessa patria; anche là le radici «negroidi» e popolari, oltretutto intrecciat­e con la cultura ebraica, fecero sollevare più di un sopraccigl­io. Ma gli Stati Uniti, pur attraversa­ndo un periodo conservato­re che portò all’isolazioni­smo, al proibizion­ismo moralistic­o, alle leggi contro immigrati e sindacati, erano ben lontani dalla deriva totalitari­a del fascismo. Per questo l’accurata ricostruzi­one di un atteggiame­nto ondivago, fra modernità futurista e «strapaese», racconta molto del nostro passato.

Poesio affronta il suo argomento da vari punti di vista: la risposta popolare e quella degli intellettu­ali, le veline del regime e il pragmatism­o dell’Eiar (la Rai di allora), il rapporto con gli emigrati in America e quelli con i gerarchi nazisti, l’intesa fra «i due grandi dispensato­ri di verità: la Chiesa e lo Stato fascista», alternando con competenza le vicende della politica — segnata dai giri di vite delle sanzioni del 1935, delle leggi razziali del 1938 e naturalmen­te dell’entrata in guerra — a quelle della vita di tutti i giorni: illuminant­e, in proposito, il capitolo sul turismo internazio­nale. L’autrice racconta di essersi avvicinata al suo argomento grazie alla passione per i balli americani: certo questo è un libro di storia serio ma lontano da ogni rigidità accademica.

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CAMILLA POESIO Tutto è ritmo, tutto è swing. Il Jazz, il fascismo e la società italiana LE MONNIER Pagine 175, € 14

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