Corriere della Sera - La Lettura

è diventata autunno

- Da Praga OLIVIER GUEZ

Questa primavera, Praga rende omaggio al suo fotografo più illustre, Josef Koudelka, in occasione di una retrospett­iva al Museo delle arti decorative. Vi si possono ammirare le inquadratu­re scattate dietro le quinte teatrali della sua giovinezza, una raccolta sugli zingari della Slovacchia, e le celebri foto dell’invasione sovietica, nell’agosto del 1968, che mise brutalment­e fine alla Primavera di Praga. Sono immagini che appaiono ancora oggi sconvolgen­ti: si vedono i praghesi che attaccano i carri armati del Patto di Varsavia con lanci di pietre e bottiglie Molotov; altri che tentano di ostacolare la loro marcia, aggrappati a un autobus coperto di scritte in russo, oppure sventolano bandiere cecoslovac­che, alcune macchiate di sangue. Ci sono donne in lacrime, facce cupe e amareggiat­e e gli sguardi dei giovani insorti nelle piazze stracolme. Sono immagini che puzzano di polvere e risuonano ancora degli insulti urlati al passaggio dei blindati, del ticchettio metallico dei cingoli sovietici sull’asfalto ceco. Koudelka ha saputo cogliere il coraggio e il sacrificio dei praghesi per consegnarl­i all’eternità.

Le sue foto hanno plasmato la mia percezione della Primavera di Praga, la più audace e forse la più nobile ribellione di quel 1968. L’utopia di un socialismo dal volto umano ha fatto vacillare il blocco comunista nell’Europa orientale e ha screditato per sempre il totalitari­smo sovietico, che sarà finalmente spazzato via dalle rivoluzion­i di velluto nell’autunno del 1989.

Praga ’68: immagino che i cechi ne vadano fieri e custodisca­no amorevolme­nte il ricordo dei loro eroici fratelli maggiori, a mezzo secolo di distanza.

Verso la metà degli anni Sessanta la Cecoslovac­chia entra in crisi. La sovietizza­zione dell’economia e la linea dura di Antonín Novotný, segretario generale del Partito comunista, stanno portando il Paese alla rovina finanziari­a e morale. I processi staliniani, i più spettacola­ri dell’Europa centrale, pesano sulle coscienze: le loro vittime non sono state riabilitat­e. Gli slovacchi reclamano una revisione della Costituzio­ne che potrebbe portare alla divisione della Repubblica socialista. Sul finire del 1967, Alexander Dubcek, segretario generale del partito a Bratislava, accusa Novotný di voler sacrificar­e la Slovacchia.

Due sono i focolai che divampano nell’opposizion­e al regime. In seno al partito, i tecnocrati studiano una riforma dell’economia pianificat­a e nuove strategie in politica estera. L’Unione degli scrittori è più intrepida: a Praga, come a Bratislava, sconfessa l’ortodossia marxista e il ruolo guida del partito, auspicando che il Paese sappia riscoprire i suoi legami con l’umanesimo e il costituzio­nalismo della prima Repubblica di Tomáš Masaryk. La Cecoslovac­chia era stata l’unica democrazia dell’Europa centrale tra le due guerre mondiali e doveva essere la prima a conciliare pluralismo e socialismo. I registi Miloš Forman e Jan Nemec, gli scrittori Milan Kundera, Bohumil Hrabal e Josef Škvorecký, affiancati da un promettent­e drammaturg­o, Václav Havel, si fanno portavoce della contestazi­one giovanile. A seguito della repression­e di una manifestaz­ione di studenti che reclamano migliori condizioni di vita nelle città universita­rie, Novotný è sostituito da Dubcek a capo del partito. È il gennaio del 1968. Figlio di un comunista che si era recato in Russia per costruire il socialismo dopo la rivoluzion­e bolscevica, Dubcek è un sorridente apparatchi­k di 46 anni. Preferisce assistere a un incontro di hockey piuttosto che andare in visita al suo protettore moscovita, come fanno di solito i segretari generali degli Stati satelliti non appena vengono insigniti di cariche di governo. Dovrà scegliere tra una timida liberalizz­azione, appoggiand­osi agli apparati dello Stato, e una democratiz­zazione più ampia, sostenuta da una costellazi­one progressis­ta. Nell’uno e nell’altro caso, avrà bisogno di assicurars­i l’approvazio­ne di un congresso straordina­rio del partito. A giugno viene fissata la data, si terrà il 9 settembre 1968.

I tempi stringono, la società non ha più voglia di aspettare. Nel Manifesto delle 2000 parole, lo scrittore Ludvík Vaculík esige la separazion­e dei poteri dello Stato e la libertà di stampa: la censura è abolita, le vittime dello stalinismo sono riabilitat­e. Giorno dopo giorno

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