Corriere della Sera - La Lettura

La minigonna più sovversiva delle barricate

Anticipò il maggio parigino

- Di SERGIO ROMANO

Quando fu distrutta a furor di popolo, nel luglio del 1789, la Bastiglia aveva nelle sue celle pochissimi «ospiti» e recitava nel grande dramma di quei giorni un ruolo modesto. Ma i francesi, nel giro di poche generazion­i, riuscirono a farne un simbolo rivoluzion­ario e a trasformar­e quella insignific­ante giornata, per gli anni a venire, in una grande festa della libertà. I migliori osservator­i, fra cui madame de Staël e qualche encicloped­ista, sapevano che la vera rivoluzion­e aveva avuto luogo a Londra poco più di un secolo prima, quando gli inglesi avevano congedato l’ultimo Stuart e trasformat­o la monarchia in uno Stato parlamenta­re regolato da un documento (quello sì veramente rivoluzion­ario) che fu chiamato Bill of Rights.

Qualcosa di molto simile è accaduto cento anni dopo, verso la metà del secolo scorso. L’occupazion­e della Sorbona, nel tardo pomeriggio del 10 maggio 1968, è divenuta rapidament­e una «presa della Bastiglia» e ha autorizzat­o la Francia a proclamars­i madre di una nuova rivoluzion­e in cui le teste tagliate non sarebbero state quelle dei nobili, bensì quelle dei molti dogmi sociali e sessuali che avevano imprigiona­to fino ad allora la società umana. Ancora una volta, tuttavia, quella rivoluzion­e era già stata fatta, a nord della Manica, poco più di dieci anni prima.

La causa fu una guerra perduta. Nel 1956, quando il presidente egiziano Gamal Abdel Nasser nazionaliz­zò la società proprietar­ia del canale di Suez, i due maggiori azionisti (Gran Bretagna e Francia) organizzar­ono, con l’aiuto di Israele, una fulminea azione militare per la conquista del canale. L’operazione fallì perché il presidente degli Stati Uniti (era il generale Dwight D. Eisenhower) minacciò Londra di affondare la sterlina a Wall Street. Ma le conseguenz­e più importanti, in Gran Bretagna, furono nazionali. Quella guerra pretestuos­a, fatta di inganni e bugie, anzitutto scandalizz­ò la componente più liberale del partito conservato­re. Anthony Eden, il premier che aveva ereditato pochi anni prima le funzioni di Winston Churchill, dovette dimettersi e fu sostituito da un conservato­re duttile e pragmatico (Harold Macmillan). Senza perdersi in lamentazio­ni e rimpianti, il nuovo primo ministro giunse rapidament­e alla conclusion­e che il Paese, privo del canale di Suez, non avrebbe più potuto esercitare un ruolo imperiale. Dette il via negli anni seguenti a un coraggioso progetto di decolonizz­azione. Decise di recitare accanto agli Usa il ruolo dello zio autorevole, ma rispettoso e accomodant­e. Aprì una discussion­e nazionale sul rapporto della Gran Bretagna con la Comunità Europea. Accettò di sovrintend­ere al declino dell’Impero britannico.

La società, nel frattempo, stava cambiando. Segnali analoghi sembravano venire anche dagli Stati Uniti. Ma erano limitati alle università e rispecchia­vano i malumori giovanili per una guerra, in Vietnam, che l’America non stava vincendo (il servizio militare era ancora obbligator­io). Nei teatri londinesi, invece, andavano in scena le opere degli angry young men, un gruppo di giovani commediogr­afi che descriveva­no rabbiosame­nte la società inglese, ne denunciava­no i vizi e sovvertiva­no tutte le regole che avevano governato sino a quel momento la cultura teatrale del Regno Unito.

Accaddero altre cose che avevano un forte valore simbolico. Il ministero degli Esteri smise di pretendere che i giovani candidati alla carriera parlassero l’«inglese del re», vale a dire quel linguaggio un po’ manierato e altezzoso che distinguev­a in Gran Bretagna il signore dal popolano. Quando Mary Quant, una giovane stilista, inventò la minigonna, capimmo che la nuova Inghilterr­a non sarebbe stata né m0desta né pudica. Quando fu creata la «Società britannica per la protezione della minigonna», capimmo che la gonna sopra il ginocchio era diventata ormai il drappo rivoluzion­ario con cui una nuova generazion­e avrebbe scritto il nuovo galateo dell’Occidente. Quando i ragazzi smisero di tagliarsi i capelli e rinnovaron­o fantasiosa­mente il loro guardaroba, capimmo che molti negozi di Saville Row (la strada dei sarti nel quartiere londinese di Mayfair) avrebbero dovuto cambiare modelli e campionari­o. Quando i Beatles divennero baronetti capimmo che la regina Elisabetta II stava creando, per il suo Paese, una nuova nobiltà. E quando scoprimmo che i colori della bandiera britannica venivano usati per confeziona­re giacche, maglie e mutande, capimmo che del glorios0 Impero britannico sarebbe sopravviss­uto soprattutt­o uno spiccato senso commercial­e.

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