Corriere della Sera - La Lettura

Fughe, ritorni, amori di due scrittori americani

Letteratur­a e vita Con «Pacifico» Tom Drury chiude «La trilogia di Grouse County», ambientata a in un luogo che assomiglia a quello in cui è nato Fughe e ritorni A «la Lettura» spiega perché cambia continuame­nte il posto in cui vive mentre avrebbe solo bi

- Testi di TOM DRURY e ANDREW SEAN GREER

È appena uscito in Italia «Pacifico» di Tom Drury, capitolo finale della Trilogia di Grouse County che include «La fine dei vandalismi» e «A caccia nei sogni». Romanzi dominati da un realismo surreale, in cui i protagonis­ti sembrano andare alla deriva pur essendo certi della propria identità, legati alla loro origine. In questo testo scritto per «la Lettura» Drury riflette sulla sua «fiction nomade».

Da adolescent­e davo una mano nella fattoria di un mio zio, nell’Iowa settentrio­nale. Toglievo le erbacce dai fagioli, pitturavo granai, imballavo il fieno nei campi e stoccavo le balle nel fienile... Insomma, tutto quello che c’era da fare. Un giorno, però, lo zio decise di fare una giornata di pausa, e insieme andammo a guardare i lavori di costruzion­e della Interstate 35, che oggi si srotola per 2.500 chilometri da Duluth, Minnesota, a Laredo, Texas. Ci sedemmo su un pendio erboso e osservammo i lavoratori che si aggiravano tra i grandi macchinari che spianavano il fondo sabbioso della carreggiat­a. Era una giornata estiva e piena di sole, e quella grande opera irradiava promesse: un giorno, per quanto improbabil­e potesse sembrare, migliaia di persone avrebbero percorso quella strada verso le destinazio­ni più disparate. E io avevo una gran voglia di viaggiare, di ve- dere città, oceani e montagne che avevo conosciuto sui libri o visto in tv. È naturale, per chi cresce in provincia, sognare un mondo più grande, partire alla sua ricerca e avere poi nostalgia delle origini.

Ai tempi del college, facevo viaggi anche lunghi in autostop. Due volte sono andato — un passaggio alla volta — da Iowa City alla costa del Pacifico e ritorno; una volta sono stato a Austin, Texas, per le vacanze di primavera. Tutto ciò di cui avevo bisogno trovava posto in uno zaino verde militare che avevo da quando, per un brevissimo periodo, avevo fatto il boy scout. E un’altra volta, dalle parti di Denver, sono stato tirato su da una donna alla guida di una piccola decappotta­bile: aveva i capelli rossi e gli occhiali scuri e indossava un prendisole. Lungo il tragitto, ha tirato fuori una pipetta d’argento dal cassetto del cruscotto e insieme abbiamo fumato hashish, filando sulla Interstate. A quei tempi l’effetto che mi facevano le droghe era ogni volta una sorpresa: non sapevo mai in anticipo se me la sarei goduta o se, invece, sarei andato in ansia, ma quel pomeriggio l’hashish mi mise perfettame­nte a mio agio nell’estate del Colorado. Era una giornata di gran sole e ricordo i riflessi in fuga sugli occhiali da sole della donna, il modo in cui rideva, i capelli scossi dal vento. Chiunque avrebbe potuto guardare dentro l’auto scoperta e vederci fumare hashish, ma a nessuno sembrava importare. Posso ben dirlo: avrei voluto che quel viaggio durasse in eterno, magari quella donna mi avrebbe portato fino a Iowa City. Poi però siamo arrivati alla sua uscita: lei mi ha salutato e io sono sceso dalla decappotta­bile, ad aspettare il passaggio successivo.

Tre dei miei romanzi ( La fine dei vandalismi, A caccia nei sogni e Pacifico) sono ambientati nella Grouse County, luogo immaginari­o molto simile — sul piano geografico, quanto meno — alla contea in cui sono nato e cresciuto, con gli stessi campi, le stesse fattorie, le stesse stazioni dei pompieri simili a granai, e taverne e mulini a vento e solitari ponticelli di campagna. I personaggi dei miei romanzi, però, sono un po’ diversi, più si- mili agli adulti che avrei voluto incontrare quand’ero ragazzo. E che ancora mi piace incontrare. Prima di tutto, parlano tantissimo, al punto che a volte faccio fatica a zittirli. E viaggiano con una libertà che per me — adolescent­e senza automobile — sembrava irraggiung­ibile. Si muovono da un posto all’altro, da uno Stato all’altro (spesso verso ovest, come vuole la tradizione americana), per lasciarsi alle spalle i problemi o per cercare una versione migliore di sé stessi. Di solito, però, ritornano: c’è in loro un conflitto tra «casa» e «mondo». Mi viene in mente un passo de La f i ne dei v andalismi: «Tiny Darling tornò a Grouse County, come fanno tutti, prima o poi».

La contea, come luogo immaginari­o, funziona da microcosmo. Le cose che accadono a Dan e a Louise, a Tiny e a Joan, a Lyris e a Micah sono quelle che capitano a chiunque, dovunque: crescono, si innamorano, si disamorano, provano felicità e tristezza, lottano contro l’assurdità e i rovesci del caso e affrontano i problemi al meglio delle loro possibilit­à. La contea si è rivelata grande abbastanza da consentirm­i tutto quel che mi piace fare quando scrivo. L’antropolog­o inglese Ro-

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 ??  ?? Tom Drury è nato in Iowa nel 1956 e vive a Berlino, dove insegna al Bard College. Con i suoi libri ha ricevuto diversi riconoscim­enti, tra cui la fellowship della Fondazione Guggenheim. La rivista «Granta» lo ha inserito tra i maggiori scrittori americani viventi. Grouse County, dov’è ambientata la sua trilogia americana del Midwest, è un luogo immaginari­o molto simile al suo paese natale. Il nome evoca il gallo cedrone nordameric­ano (a sinistra)
Tom Drury è nato in Iowa nel 1956 e vive a Berlino, dove insegna al Bard College. Con i suoi libri ha ricevuto diversi riconoscim­enti, tra cui la fellowship della Fondazione Guggenheim. La rivista «Granta» lo ha inserito tra i maggiori scrittori americani viventi. Grouse County, dov’è ambientata la sua trilogia americana del Midwest, è un luogo immaginari­o molto simile al suo paese natale. Il nome evoca il gallo cedrone nordameric­ano (a sinistra)

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