Corriere della Sera - La Lettura
La primissima guerra mondiale
Con l’invasione della Sassonia, nel 1756, il re di Prussia Federico II aprì un conflitto durato sette anni e costato un milione di morti. La lotta si sviluppò su diversi continenti e impegnò tutte le maggiori potenze In Germania gli equilibri rimasero so
Quando il 29 agosto 1756 oltre 70 mila soldati prussiani varcarono il confine sassone marciando compatti verso Dresda, dando così avvio alla guerra dei Sette anni, il re Federico II Hohenzollern chiaramente si stava giocando il tutto per tutto in una lotta contro il tempo: avviare una campagna preventiva per anticipare i suoi avversari.
Sin dai primi mesi dell’anno, l’abile cancelliere imperiale austriaco, il principe Kaunitz, era riuscito a cucire una serie di alleanze con la Francia e con la Russia, stringendo così in una morsa di ferro la Prussia. L’avvicinamento tra gli Asburgo di Vienna e i Borbone di Francia aveva dato il là al cosiddetto rovesciamento delle alleanze, dato che due potenze sino a quel momento nemiche si erano ora, per la prima volta nella loro lunga storia, unite in un solido patto che prevedeva il ridimensionamento, se non l’annientamento, della potenza prussiana. Quel Regno di Prussia che solo pochi anni prima aveva strappato la ricca regione della Slesia a Maria Teresa d’Austria, provocando un forte desiderio di rivincita all’interno delle forze armate e della corte di Vienna e i timori delle altre potenze, sbigottite alla nascita di una nuova potenza militare nel cuore del continente europeo. Al connubio franco-austriaco si era presto aggiunta anche la Russia della zarina Elisabetta, desiderosa di espandere la sfera d’influenza dell’Impero russo verso Occidente.
La decisione di assalire proditoriamente l’elettorato di Sassonia rispondeva così al desiderio di Federico di anticipare gli avversari: attaccare e sconfiggere sassoni e austriaci prima che i russi, ma anche i francesi, avessero portato a termine i loro preparativi offensivi. Una guerra preventiva contro la minaccia di un conflitto su tre fronti che alla lunga era destinato a schiacciare la Prussia. Solo contro tutti, con il solo appoggio della Gran Bretagna, il re filosofo di Sanssouci si imbarcò così in una nuova avventura militare convinto di poter avere la meglio dei suoi avversarsi e di sconfiggerli separatamente. Una pia illusione, dato che l’azzardo fridericiano era destinato a trasformarsi nel più sanguinoso conflitto dell’Ancien Régime, con oltre un milione di morti, con la monarchia prussiana che sopravvisse al disastro finale solo grazie a una serie di fortunate circostante.
La divisione tra i ranghi degli avversari, che mostrarono spesso di seguire strategie contraddittorie e divergenti fra loro, la prudenza dei generali imperiali e russi, mai pronti a rischiare troppo per cogliere quella vittoria finale che in più di una occasione apparve a portata di mano, e, soprattutto, l’inaspettata morte della zarina Elisabetta, agli inizi del 1762, il famoso «miracolo della casa di Brandeburgo», salvarono la Prussia dalla sconfitta finale e permisero a Federico II di conservare la Slesia e mantenere il suo regno nei ranghi delle grandi potenze europee.
Un conflitto ricordato per il genio del monarca prussiano, in grado di battere in più occasioni eserciti rivali enormemente superiori. I nomi di Rossbach, Leuthen, Zorndorf, Torgau, solo per citare alcune delle grandi vittorie dell’esercito fridericiano, dettero nuova linfa alla figura del re filosofo quale primo vero padre della patria germanica. Un mito creato dalla storiografia nazionalista protestante tedesca ottocentesca, destinato a durare sino al secondo conflitto mondiale, che vedeva nella guerra dei Sette anni, chiamata a lungo in Germania Terza guerra slesiana, dal nome della regione il cui possesso fu tra le cause principali del conflitto, nulla più di una lotta per l’egemonia sul territorio tedesco tra la Prussia, destinata alla fine a risultare trionfa- trice con la creazione del Secondo Reich tedesco nel 1871, e l’Austria, vista quale potenza decadente ormai non più al passo con i tempi. Per i grandi storici tedeschi del XIX secolo il rilievo della guerra si esauriva dunque nel quadro dell’area germanica, con la Prussia costretta a difendersi con le unghie e i denti dalle mire dei suoi rivali coalizzati contro di lei.
Si tratta di una visione anacronistica, perché la recente storiografia ha profondamente rivisto il ruolo di questo conflitto non solo sullo scenario europeo, ma anche a livello mondiale.
In primo luogo è stata messa in dubbio la visione di un sovrano prussiano costretto al conflitto dalle mire dei rivali, obbligato a invadere la Sassonia per prevenire la minaccia dei nemici. Oggigiorno sono molti coloro che pensano che dietro l’invasione del ricco elettorato vi fossero ben altre motivazioni e in particolare il desiderio di Federico II di annettere il territorio alla Prussia, come era riuscito a fare un quindicennio prima con la Slesia. Di fatto, in varie occasioni il monarca prussiano aveva indicato nello Stato confinante una preda di tutto ri-
Gli storici tedeschi dell’Ottocento hanno celebrato il prodigioso valore del regno degli Hohenzollern, guidato dal monarca filosofo, che mantenne il rango conquistato in precedenza contro le schiaccianti forze coalizzate dell’Austria, della Francia e della Russia. Ma si tratta di una visione nazionalista superata. In realtà Berlino voleva impadronirsi della Sassonia
spetto in caso di conflitto ed è certo che la Sassonia venne sottoposta nei sette anni seguenti a una rigida occupazione militare e a una sistematica spoliazione delle sue ricchezze, preludio a una futura annessione. Una politica di estorsione legalizzata che fruttò alla Prussia oltre 50 milioni di talleri, somma che permise al tesoro reale di coprire la terza parte di tutte le spese di guerra.
Secondo questa visione, pertanto, Federico avrebbe semplicemente sfruttato l’occasione propizia per ghermire una facile preda con il desiderio di farne bottino di guerra, giustificando l’aggressione con le impellenti necessità di prevenire un attacco austro-russo. Il fallimento delle successive campagne e lo stato di estrema prostrazione delle forze prussiane alla fine del conflitto impedirono, però, al sovrano di portare a termine i suoi progetti, dato che con la pace di Hubertusburg dovette restituire l’elettorato sassone alla casa di Wettin.
In secondo luogo, la visione eurocentrica di una guerra scoppiata solo a causa delle rivalità fra le case di Hohenzollern e d’Asburgo ha perso ogni ragion d’essere. Il primo vero colpo di fucile di questo conflitto non venne sparato su una polverosa strada tedesca alla fine dell’estate del 1756, ma due anni prima, il 28 maggio 1754, quando nel folto delle foreste della vallata dell’Ohio un manipolo di miliziani della Virginia, al comando del colonnello George Washington, tese una imboscata a una pattuglia di soldati francesi in quello che sembrava uno dei classici scontri di frontiera che saltuariamente vedevano impegnate le varie potenze coloniali tanto in America, quanto in Asia. Invece quella manciata di colpi dette il là a quel conflitto che giustamente anni or sono Winston Churchill definì quale prima vera guerra mondiale.
Il confronto anglo-francese per l’egemonia nelle Americhe e nelle Indie, e di concerto per il controllo dei mari, iniziato nel 1688 e destinato a concludersi nel 1815 a Waterloo, in quella che viene ormai comunemente indicata come la seconda guerra dei Cent’anni, fu per molti la causa principale della successiva conflagra- zione europea, con il conflitto austroprussiano per la Slesia che fu solo un ingrediente secondario, benché estremamente sanguinoso, della lotta. In cerca di alleati per poter contrastare l’azione della rivale, sia la Francia, sia la Gran Bretagna si gettarono a capofitto nelle questioni europee, provocando un vero cataclisma nel sistema diplomatico e dando il via a quella rivoluzione delle alleanze che finì per trascinare gran parte del vecchio continente in guerra.
Inoltre se è altresì vero che già durante i vari conflitti del secolo XVII e XVIII le potenze coloniali europee si erano scontrate al di fuori dell’Europa per il predominio di alcune zone strategiche, e la corona francese e quella inglese non avevano fatto eccezione, la grande novità rappresentata dalla guerra dei Sette anni sta nella sua dimensione planetaria. Sui mari, nelle Americhe, in India e in Africa, oltre che ovviamente sul continente, la lotta interessò praticamente ogni dove senza esclusione di colpi, trascinando nella lotta la Spagna al fianco della Francia e il Portogallo a lato dell’Inghilterra, senza contare gli Stati dell’India e le tribù dei nativi americani alleati di volta in volta con una delle potenze rivali.
Una lotta accanita nella quale, dopo un inizio poco brillante per le armi britanniche, la sagace guida del ministro degli Esteri William Pitt il Vecchio seppe ribaltare la situazione, smantellando pezzo dopo pezzo l’impero rivale. Dopo aver immobilizzato gran parte delle forze di terra francesi nella Germania occidentale, impegnate in una sterile lotta contro le truppe al comando del duca di Brunswick, Pitt iniziò a lanciare una serie di devastanti offensive che videro la distruzione della flotta nemica nella baia di Lagos, ma soprattutto in quella di Quiberon, in Bretagna, nel mezzo di uno scenario da inferno dantesco durante una tempesta. Nel giro di pochi anni caddero in mani britanniche il Canada, le colonie caraibiche della Martinica e della Guadalupa, la ricca base dell’Avana e, dall’altro capo del mondo, Manila, il Carnatico e il Bengala. Così fu eliminata completamente dal subcontinente indiano la compagnia francese delle Indie.
La pace di Parigi (1763) non fece null’altro che porre nero su bianco la supremazia ormai incontrastata della Gran Bretagna con la fine dell’America francese e la creazione di una nuova India asservita alla East India Company, ma soprattutto la nascita della prima vera potenza militare globale: la vittoria conseguita durante la guerra dei Sette anni consegnava di fatto i mari del mondo nelle mani di una sola potenza europea, una situazione che sarebbe durata fino al secondo conflitto mondiale.
La partita di maggior rilievo si giocò tra Londra e Parigi. Sotto la guida di William Pitt il Vecchio, gli inglesi smontarono l’impero coloniale dei rivali francesi, eliminandoli dall’America e dall’India. In realtà il primo colpo di fucile non venne sparato nel 1756 in Europa, ma nel 1754 tra i boschi dell’Ohio, da coloni della Virginia comandati da George Washington