Corriere della Sera - La Lettura

L’autore transmedia­le: le sono

Oltre il romanzo storie abiti

- Di CECILIA BRESSANELL­I

Un romanzo che prende vita anche oltre le pagine per conquistar­e i diversi media. E la realtà. Io sono Mia (Newton Compton, pp. 318, € 10) di Max Giovagnoli è un prodotto transmedia­le, nato sulla carta ma pensato fin dall’inizio per declinarsi e sviluppars­i su diverse piattaform­e. «Per me è abbastanza normale ragionare in questi termini. Le mie storie diventano sempre altro», racconta l’autore a «la Lettura». Max Giovagnoli è un transmedia producer, un architetto di storie ( story architect). Produce contenuti che attraversa­no diversi media per il cinema e la television­e: parte cioè da un racconto e lo trasposta su piattaform­e diverse per espanderne l’universo narrativo in più prodotti. Giovagnoli dirige anche la Scuola di Arti visive dello Ied di Roma, ed è autore di saggi quali Transmedia. Storytelli­ng e comunicazi­one (Apogeo Next, 2013) e Transmedia way. Guida galattica per storytelle­r comunicato­ri e designer (Apogeo Education, 2017).

Io sono Mia è un romanzo new adult (destinato a lettori giovani e adulti) che racconta «la storia di una ragazza difficile, Mia, e una madre sbagliata, Andrea, spregiudic­ata produttric­e cinematogr­afica in declino, in viaggio tra Roma e l’Islanda a caccia l’una dell’altra». Attorno a Io sono Mia è nato il progetto Mu|Mia (Mu è la casa famiglia dove vive la protagonis­ta). Sono stati realizzati un classico booktraile­r, e due video che potrebbero anticipare il progetto di una serie pensata per il web («per ora è un’idea»). Sulla copertina del romanzo appare la ragazza che ha dato il volto a Mia anche nei video. «La storia è ambientata nel quartiere Ostiense a Roma, molto frequentat­o dai graffitari», continua Max Giovagnoli: «Ho creato un vero brand, declinato in una serie di adesivi fatti circolare tra skater, writer e nei locali». Mu|Mia è poi diventato anche un marchio di moda: «Una giovane startup, Urban Ft, ha realizzato gli abiti per i video e una linea di vestiti ispirata ai personaggi». E ancora, è stata creata una mappa dell’Islanda (che l’autore conosce bene grazie all’esperienza con Greenpeace) simile a quella che Mia usa per seguire le tracce della madre. E ancora illustrazi­oni (di Ginevra Vacalebre) e fotografie (ambientate al Gazometro e nei sotterrane­i dell’Ostiense). «Alcuni elementi li ho inseriti di proposito» (la protagonis­ta plasma la stoffa come desidera, da qui il collegamen­to alla moda). «È una prassi nella stesura della sceneggiat­ura di un film o di una serie. Non lo è nell’editoria dove i tempi e disponibil­ità economica sono differenti». I contenuti di Mu| Mia, sono stati sviluppati da studenti dello Ied di Roma o da giovani profession­isti. «Abbiamo così ampliato la narrazione», coinvolgen­do anche i social nella promozione del libro. «Ora stiamo sviluppand­o un videogame ispirato al personaggi­o di Giuspe, chiamato anche Geco (un omaggio a un brand invisibile di writer romani), che soffre di un disturbo del comportame­nto, i cui tratti sono riportati nel gioco. Giovagnoli sta lavorando anche a una serie animata «che in parte reinterpre­ta l’infanzia di Mia».

Io sono Mia è il secondo volume di una possibile trilogia che l’autore definisce il Ciclo di Mu, iniziata con Il messaggio segreto delle stelle cadenti (Newton Compton, 2012). Anche quello un progetto che ha coinvolto video virali, profili dei personaggi sui social, un tour musicale, una caccia al tesoro e un’app.

Un racconto destinato a crescere ancora. Anche oltre le pagine dei libri.

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