Corriere della Sera - La Lettura
Jenkins spiega perché solo la guerra è più interessante di un matrimonio
Èrimasto un piccolo gioiello nascosto La lepre e la tartaruga, romanzo matrimoniale che Elizabeth Jenkins (1905-2010) scrisse nel 1954, riscoperto negli anni Ottanta dall’inglese Virago Press e pubblicato in Italia nel 2013 da Astoria con la traduzione di Simona Garavelli. La stessa Jenkins, d’altronde, scomparsa a 106 anni (a 100 scrisse il memoir The View from Downshire Hill ), autrice di numerose biografie tra cui quella di Jane Austen (nel 1940 contribuì a fondare la «Jane Austen Society»), è stata una scrittrice appartata dalla grande finezza psicologica e dalla superba capacità di descrizione della società inglese. In questo caso quella subito dopo la Seconda guerra mondiale, affascinante e perduta: l’alta borghesia di campagna con i suoi giardini immacolati, il tè servito puntualmente da governanti devote, i pic nic sulle rive del fiume, le puntate londinesi. Imogen è una bella trentenne dall’indole sognante, madre di un ragazzino che non la sopporta, moglie di Evelyn, consulente legale della Corona. Più anziano di lei di vent’anni, è un uomo affascinante e severo con il «culto per la bellezza, l’ordine e una disciplinata organizzazione della società», sempre capace di farla sentire inadeguata. Imogen non ha mai dubitato che «soddisfare le necessità del marito fosse il fine più gratificante e prezioso per cui usare le proprie energie», ma si accorge di avere una rivale: la vicina di casa, Blanche, una vedova cinquantenne dalle gambe robuste, esperta di argomenti di natura agricola, capace di andare a caccia, di ordinare la legna per entrambe le case, di portare in auto al maneggio il figlio della coppia. Come finisca la gara tra la lepre e la tartaruga, nell’apologo di Esopo, è noto, ma
Elizabeth Jenkins riscrive la storia in chiave matrimoniale con un acume che non lascia niente di scontato per il lettore. E non si può non dare ragione a Hilary Mantel che, nella prefazione all’edizione inglese, scrive: «Che cosa ci può essere di più interessante di un matrimonio a parte la guerra?». Elizabeth Jenkins compone una commedia di parole con una lingua sofisticata piena di sfumature, con flussi di raffinata acidità che investono personaggi sempre ben definiti e descrizioni di ambienti ricche di dettagli. Si prosegue aggrappati allo stile più che alla trama dove, esattamente come nei libri della Austen, niente succede. Al lettore è richiesto lo sforzo di superare la frustrazione che un personaggio remissivo e apparentemente perdente come Imogen inevitabilmente suscita. Anche perché si intuisce che c’è molto di più, nella storia, di quello che si è disposti a credere all’inizio. Ciò che Jenkins mette sul tavolo non è soltanto l’anatomia di un matrimonio anni Cinquanta basato sulla repressione dei sentimenti, sul dovere di compiacere l’altro (o la società), sul potere degli uomini, sullo squilibrio delle relazioni. Nonostante sia legato a un tempo e un luogo precisi, La lepre e la tartaruga è un romanzo capace di riflettere sulle regole eterne dell’attrazione. Il migliore risultato che ottiene è che il lettore arriva alla fine del libro senza essere riuscito a rispondere alla domanda: chi è la tartaruga e chi è la lepre?