Gli alpinisti non sono comunisti: sfida individuale ai monti dell’Urss

Èun’Unione Sovietica che non ti aspetti quella che emerge dalla seconda raccolta di voci «illegali» sull’Urss allestita da Cornelia Klauss e Frank Böttcher per la collana di reportage di Keller (Razione K) dopo la prima dedicata ai viaggiatori nel 2017. A raccontare da dentro il grande colosso dell’Est, ormai negli anni del disfacimento (1977-1989), sono alcuni giovani alpinisti della Ddr decisi a scalarne individualmente o in piccoli gruppi i monti più alti (Elbrus, Picco Lenin e Picco del Comunismo) in barba alle norme che, anche per il turismo, imponevano la dimensione collettiva e organizzata, onde scansare il rischio di visioni romantiche e libertarie dell’escursionismo tipiche dell’Occiden- te. Non c’è volontà di denuncia, né matrice politica dietro i viaggi di alpinisti animati dal desiderio di scalare le vette della vicina Urss (ben più alte e suggestive di quelle «sotto casa» della Svizzera sassone): il loro racconto finisce tuttavia per squadernare il vero volto del Paese. Ne esce un quadro dalle molte sfumature, mentre affiorano l’ospitalità e il cuore di un popolo al quale il rigore staliniano ha tolto la libertà ma non l’anima.