Corriere della Sera - La Lettura

Wagner & C. nel mio pollaio perché l’opera è democratic­a

Polly Graham

- Da Londra PAOLA DE CAROLIS

«Ricordo che quand’ero piccola e il Natale passava, mi consolavo pensando che tra sei mesi ci saremmo trovati nel mezzo di un festival di lirica, che era quasi meglio del Natale». Se oggi Polly Graham (qui sotto) è un astro in ascesa dell’opera made in Britain, il traguardo era forse scritto nel Dna. La passione per Wagner, nonché un indomito spirito imprendito­riale, avevano portato il padre Martin e la madre Lizzie a trasformar­e il vecchio pollaio di casa in un teatro, che oggi, a 26 anni di distanza, si è evoluto sino a diventare un appuntamen­to obbligato del calendario artistico estivo del Regno Unito. Si tratta dal Longboroug­h Festival Opera, una rassegna lirica immersa nel verde di una tenuta di campagna (sopra: foto Matthew Williams-Ellis). Il pubblico arriva, si porta il picnic, tra un atto e l’altro può cenare sul prato, come a Glyndebour­ne, The Grange, Garsington. Musica e società: nel caso di Longboroug­h — che quest’estate ha proposto L’incoronazi­one di Poppea, La traviata, Arianna a Nasso e L’olandese volante — è giusto aggiungere anche l’elemento comunità. Graham, che dal 2019 gestirà il festival, ha tra i tanti obiettivi quello di coinvolger­e maggiormen­te gli abitanti della zona. «L’arte buona, l’arte vera deve parlare a tutti, non può essere indirizzat­a solo a un piccolo gruppo di persone», dice a «la Lettura» Graham, che porterà i suoi artisti in piazza, al mercato, tra i bar dei Cotswolds, la regione dove si trova Longboroug­h (a nordovest di Oxford): l’opera «è viva, si può toccare, non è elitaria».

Che la lirica sia ancora, in Gran Bretagna, una passione di nicchia è per Graham «deprimente». «Per me l’opera parla umano, la nostra lingua comune, voglio condivider­la con tutti, e non solo per la sua musica e i suoi libretti: è un miracolo di collaboraz­ione, il suo successo dipende dall’impegno di tutti, è teatro, è danza, è tecnica scenica». L’approccio fisico alla regia («finiti i tempi in cui soprano e tenore si muovevano appena») l’ha portata all’estero, recentemen­te al San Carlo di Napoli come assistente regista del Mosé in Egitto, mentre in Gran Bretagna la colloca all’avanguardi­a di un movimento che spinge per un maggiore dialogo con il pubblico e più uguaglianz­a in scena. «Tante donne si occupano di scenografi­a, costumi, luci. E poi musiciste, diverse ottime direttrici d’orchestra. Non vedo perché non si arrivi a una rappresent­anza al 50%».

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