Corriere della Sera - La Lettura
Il cosmo ci parla E ora (un po’) lo capiamo
L’universo emette messaggi pieni di informazioni, ma riuscivamo a decifrarne solo una piccola parte. Ora abbiamo gli strumenti adatti: è una rivoluzione
L’antica magia si è ripetuta poco tempo fa, nella notte di venerdì 27 luglio. Lo spettacolo dell’eclisse ha fatto alzare gli occhi al cielo a milioni di grandi e piccini, tutti col naso all’insù, a guardare Selene, la risplendente, che si oscura e diventa rossa, come il sangue del ciclo che regola con le sue fasi. Nell’incanto del momento torniamo tutti un po’ bambini e risuona lontano l’eco della meraviglia e dello sgomento con cui i nostri antenati guardavano impauriti a questi fenomeni celesti. Gli eventi rari, quelli che rompevano un equilibrio all’apparenza immutabile, il passaggio di una cometa, l’apparizione di una nuova stella, o l’improvviso oscurarsi del sole o della luna, erano considerati forieri di fatti miracolosi o annunciavano catastrofi. Ma anche l’astronomia moderna deve molto alla sequenza di meraviglie che ha illuminato la volta celeste.
Nell’ottobre 1604 compare una nuova stella, talmente luminosa da rimanere visibile, per settimane, persino di giorno. La notizia corre veloce, di bocca in bocca, e in tutta Europa, sapienti e cortigiane, contadini e uomini di Chiesa, soldati di ventura e artigiani delle città, tutti alzano gli occhi al cielo indicando con il dito il nuovo astro che brilla fra lo Scorpione e il Sagittario.
Nascono dispute feroci fra gli scienziati dell’epoca. Per gli scolari fedeli ad Aristotele nessuna stella può nascere o morire, poiché è parte di un firmamento perfetto e immutabile. Chi difende la teoria dominante cerca i meccanismi per i quali un astro così luminoso, da sempre presente in cielo, è rimasto nascosto per millenni alla vista degli uomini. Altri scienziati, più coraggiosi, producono ipotesi più ardite, cercano spiegazioni libere dai condizionamenti dell’ideologia dominante, incuranti dei rischi che possono venire dal sistema di potere che la difende.
Qualche anno dopo, per potenziare le osservazioni, uno scienziato italiano modifica uno strano tubo inventato da un occhialaio olandese e lo trasforma in un nuovo strumento scientifico. Con lo sviluppo del cannocchiale nasce l’astronomia moderna. Quello che Galilei vede attraverso quel sistema di lenti lo lascia senza fiato: la Luna non è quel corpo celeste perfetto descritto nei testi più autorevoli; non è composta di materiale incorruttibile, ma ha montagne, crateri e pianure simili alle nostre; la Via Lattea è un ammasso enorme di astri; le
stelline che circondano Giove sono satelliti che gli orbitano attorno.
Con la pubblicazione del Sidereus Nuncius nel 1610 comincerà un processo destinato a capovolgere l’ordine costituito. Si troveranno presto prove inconfutabili a sostegno delle teorie pazzesche di Copernico e Keplero: cambierà così radicalmente la visione del mondo che nulla sarà più come prima. L’arte, l’etica, la religione, la filosofia, la politica, tutto insomma uscirà stravolto da questa rivoluzione concettuale che metterà l’uomo, con la sua ragione, al centro di tutto.
La catastrofe all’origine dell’immane deflagrazione della supernova SN1604 produsse un lampo luminoso che impiegò 20 mila anni per raggiungere il pianeta Terra. Ma, al suo apparire, si innescò un processo che ha sconvolto dalle fondamenta il pensiero simbolico elaborato dalle scimmie antropomorfe che lo abitano. Non più ripetizione passiva di princìpi e dogmi immutabili, ma ricerca creativa di provvisorie verità attraverso sensate esperienze e necessarie dimostrazioni: la nascita della modernità.
Da allora gli astronomi hanno scandagliato il cielo con telescopi sempre più potenti e hanno scoperto una miriade di nuovi corpi celesti. Osservazioni pazienti e precise hanno permesso di verificare in dettaglio le forze gravitazionali che governano il moto degli astri e misurarne le più minute anomalie. Ciò che hanno visto attraverso le grandi lenti ha costretto gli scienziati a cambiare più volte la loro visione del mondo.
Succede nel 1916 quando Albert Einstein introduce la relatività generale, un modo nuovo di guardare alla gravità. L’idea che massa o energia incurvino lo spaziotempo toglie validità generale alla legge di gravitazione universale di Isaac Newton e stravolge dalle fondamenta il modo di concepire materia, spazio e tempo, ma riesce a dare conto di minuscole variazioni nell’orbita di Mercurio che nessuno era riuscito a spiegare.
Tredici anni dopo Edwin Hubble osserva che le galassie si allontanano le une dalle altre con una velocità proporzionale alla distanza, e Georges Lemaître interpreta questo risultato come la prova che lo spazio-tempo di Einstein è in espansione; è il primo passo verso la teoria del Big Bang, l’idea che l’universo ha avuto un inizio e avrà, forse, anche una fine.
Nei primi anni Trenta Fritz Zwicky nota che la massa visibile di un ammasso di galassie è molto inferiore rispetto al valore che si ricava dalla velocità delle singole galassie. L’incredibile discrepanza viene ignorata per decenni fino a quando una sequenza di altre osservazioni costringe tutti a ipotizzare che in gran parte l’Universo sia composto da materia oscura, una forma misteriosa di materia, la cui origine è tuttora oggetto di ricerca.
Tutto questo avviene nel solco di quello che avevano fatto i grandi del passato, utilizzando cioè quei segnali luminosi che oggi spieghiamo come fotoni emessi nelle frequenze del visibile. Ma nei primi decenni del Novecento succede un fatto ancora più strabiliante: si comincia a capire che le stelle ci raccontano la loro storia con un linguaggio molto più ricco e articolato di quello che si pensava.
Le sorprese iniziano quando si costruiscono le prime grandi antenne per captare i segnali radio delle telecomunicazioni terrestri. Quelli che in un primo momento sembrano disturbi sono presto riconosciuti come segnali periodici provenienti dal cosmo. Si costruiscono allora gigantesche parabole orientate in direzione dello spazio più profondo, mostruosi orecchi tesi all’ascolto di segnali radio provenienti da stelle sconosciute, o emessi da lontane galassie: nasce la radioastronomia. Si scoprono così intere famiglie di nuove sorgenti, oggetti misteriosi che lanciano segnali radio caratteristici e per i quali vengono scelti nomi esotici, come pulsar o quasar. Ci vorranno decenni di ricerche per capire che dietro alcuni di questi fenomeni ci sono nuovi stati di aggregazione della materia: la forza di gravità che ruggisce nel cuore dei corpi celesti più massicci frantuma la materia nei suoi componenti più minuti, producendo le densità mostruose delle stelle di neutroni o dei buchi neri.
L’evidenza che il cosmo ci inonda di fotoni di tutte le lunghezze d’onda, dalle decine di metri delle onde radio, ai picometri, miliardesimi di millimetro, dei raggi gamma, spinge gli scienziati a costruire apparati sempre più sofisticati, capaci di registrare tutto lo spettro delle onde elettromagnetiche.
La sorpresa più grande avviene nel 1964, quando si esplora la regione delle microonde. Anche qui il caso gioca un ruolo decisivo, perché Arno Penzias e Robert Wilson scoprono la radiazione cosmica di fondo mentre cercano di far funzionare un’antenna per satelliti da telecomunicazioni abbandonata da tempo, dove ha fatto il nido una coppia di piccioni: disturbi e interferenze, che sembrano provenire da tutte le direzioni, rimangono anche dopo aver mandato via gli uccelli. È la registrazione della madre di tutte le catastrofi, l’evento primigenio, l’eco del Big Bang, la prova che tutto ha avuto inizio 13,7 miliardi di anni fa.
Telescopi ottici e radiotelescopi dominano gran parte dell’astronomia del Novecento, ma negli ultimi decenni del secolo scorso si comincia a cercare un nuovo salto di qualità. È sempre più chiaro che il cosmo ci invia un flusso ininterrotto di messaggi che contengono informazioni preziose sull’origine del tutto. Come se fossimo circondati da un racconto meraviglioso che ci narra, incessantemente, la nostra storia più remota, e non potes-
Siamo entrati nell’era dell’astronomia multi-messaggero che ci permette di moltiplicare le nostre conoscenze
simo comprenderlo perché riusciamo a udirne solo alcuni frammenti. Si pensi a una composizione sinfonica complessa, costruita giocando magistralmente sui diversi timbri delle varie sezioni orchestrali. Lo spettro elettromagnetico, il primo che abbiamo saputo analizzare, è solo uno dei tanti suoni che la compongono. Ma assieme ai fotoni ci piovono addosso sciami di raggi cosmici di varia energia, un flusso incessante di neutrini e, secondo le previsioni di Einstein, onde gravitazionali di tutte le frequenze. Finora siamo riusciti a percepire il suono di una sola sezione di strumenti, supponiamo gli ottoni, e qualcosa abbiamo intuito, ma non potremo mai capire bellezza e complessità della partitura senza mettere assieme le corde e i legni, il pianoforte e le percussioni. Ecco il sogno dell’astronomia multi-messaggero, che comincia a diffondersi nella seconda metà del secolo scorso, quando scienziati visionari immaginano nuovi strumenti per registrare i suoni ancora inauditi della sinfonia: giganteschi rivelatori per neutrini e raggi cosmici; grandi apparati per la rivelazione delle onde gravitazionali.
La prova che la strada è quella giusta arriva il 24 febbraio 1987, quando la nostra galassia è illuminata da un’altra catastrofe, simile a quella che aveva tanto impressionato l’Europa ai tempi di Keplero e Galilei. Un’altra supernova, SN1987A, viene avvistata dagli astronomi nella Grande Nube di Magellano, una galassia nana, satellite della Via Lattea. Al primo segnale luminoso parte un’allerta, e tutti gli osservatori del pianeta puntano i loro occhi elettronici verso la nuova stella. L’evento viene analizzato in tutte le frequenze dello spettro elettromagnetico come non era mai avvenuto nel passato e soprattutto, per la prima volta, si registrano i neutrini emessi dall’immane collasso. Siamo solo all’inizio.
Bisognerà aspettare i primi decenni del nuovo secolo perché l’astronomia multi-messaggero possa cominciare a dispiegare tutte le sue potenzialità. Quando entreranno in funzione i nuovi apparati per i neutrini e soprattutto quando si avrà la prima rivelazione di onde gravitazionali.
Il 14 settembre 2015 è una data destinata a rimanere nella storia. I due grandi interferometri di Ligo registrano le onde gravitazionali emesse dalla collisione di due massicci buchi neri e nasce ufficialmente l’astronomia gravitazionale. Ora il quadro è completo, gli scienziati della Terra hanno sviluppato le apparecchiature giuste per ascoltare la sinfonia cosmica in tutto il suo splendore.
Da allora è un susseguirsi di risultati e di sorprese. Nell’estate del 2017 entra in funzione Virgo, l’interferometro italo-francese, e il 17 agosto Ligo e Virgo registrano assieme, per la prima volta, le onde gravitazionali provocate dalla fusione di due stelle di neutroni. Con tre strumenti in operazione stavolta è possibile identificare la sorgente e l’allerta che viene inviata a 70 osservatori distribuiti su tutti i continenti e nello spazio produce una messe di risultati. Il segnale di onde gravitazionali è accompagnato da lampi gamma e sequenze di emissioni elettromagnetiche a più bassa energia che dureranno settimane. Nei giorni successivi, fra i residui dell’immane collisione si registreranno segni della presenza di enormi quantità di elementi chimici pesanti, compresi oro e platino, spettacolare conferma dell’ipotesi che gli elementi di peso superiore al ferro potessero formarsi solo in eventi catastrofici di questo tipo.
Poco più di un mese dopo, il 22 settembre, sono gli scienziati di IceCube a lanciare l’allarme. Il loro rivelatore in Antartide ha appena registrato un evento di neutrini di altissima energia provenienti da una lontana galassia dominata da un gigantesco buco nero. Il getto di particelle che lancia verso di noi produce, oltre ai neutrini, i lampi gamma che vengono registrati dai telescopi Fermi e Magic. Si comincia a fare luce sull’origine dei raggi cosmici di alta energia.
Siamo solo all’inizio. I cacciatori di catastrofi cosmiche sono al lavoro con nuovi e più sofisticati strumenti. Allacciate le cinture. L’astronomia multi-messaggero promette un viaggio avventuroso destinato a fare luce su alcuni dei maggiori misteri dell’Universo.