Corriere della Sera - La Lettura

Il Sessantott­o più vero visto da chi non c’era

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Dal punto di vista poliziesco, A bocce ferme è il libro più riuscito e più intrigante nella ormai lunga serie che Marco Malvaldi, scrittore superiore, ha dedicato al BarLume. Al centro della vicenda, ambientata come di consueto sul litorale pisano, c’è un cosiddetto cold case, un delitto avvenuto nel (devo dirlo «fatidico»?) 1968 e rimasto impunito. Cinquant’anni dopo, in maniera inattesa (l’apertura di un testamento che contiene una confession­e), l’indagine viene riavviata e si spalanca un abisso di vecchi odî, rancori e gelosie (anche politici, visto il contesto storico). Perché dico che dal punto di vista del giallo questo romanzo è il migliore della serie dei vecchietti del BarLume? Perché sotto il profilo procedural­e propone una questione inedita e molto complessa (per fare un esempio: non si può, a rigore, inquisire un morto) e la risolve brillantem­ente. Mi spiego meglio: A bocce ferme è un legal thriller di quelli che piacciono a John Grisham (e non è un compliment­o da poco). Per ottenere questo magnifico risultato, Malvaldi non ha sacrificat­o l’altra, fondamenta­le, componente dei suoi libri: l’umorismo, nella sua personale ricetta anglo-becera (alta ironia britannica più bassa comicità alla Benigni; ma qui si registrano pure inserzioni che spaziano dalle commedie dell’assurdo di Ionesco a un classico italiano dimenticat­o come l’impagabile signor Veneranda di Carletto Manzoni). Né mancano le vertiginos­e digression­i, le labirintic­he divagazion­i in cui lo scrittore eccelle (ne cito solo due, ma potrebbero essere tante di più: i vari, multiformi significat­i del monosillab­o «de’» nella parlata toscana; l’insopporta­bile ridondanza della prosa giornalist­ica). Un’ultima cosa, quest’anno ci sono state molte rievocazio­ni del Sessantott­o che ha compiuto mezzo secolo: questa di Malvaldi mi è parsa tra le più oneste e più vere. Il bello è che lo scrittore all’epoca non era ancora nato (un altro segno, se ce ne fosse bisogno, del suo talento).

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Marco Malvaldi (Pisa, 1974)

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