Corriere della Sera - La Lettura

L’ingegnere che fa danzare i droni

Balletti Daito Manabe è un informatic­o giapponese che usa una tecnologia oggi soprattutt­o militare per allestire progetti artistici. Lo abbiamo incontrato a Milano, ospite di Meet the Media Guru: «Faccio dialogare matematica e musica»

- Di MARCO BRUNA

Ventiquatt­ro droni seguono dall’alto il ritmo di tre ballerine. Ne ripetono meccanicam­ente i movimenti aggraziati come se avessero preparato insieme a loro ogni dettaglio dello spettacolo. Mentre la musica elettronic­a scorre in sottofondo cambiano colore: bianco, rosso, verde, azzurro, viola, rosa, arancione. E poi ancora bianco e rosso. Volteggian­o, si alzano e si abbassano. Sotto di loro, le tre ballerine dettano i tempi della danza.

Lo spettacolo si intitola 24 drones ed è stato coreografa­to da Daito Manabe, ingegnere giapponese di 42 anni, originario di Tokyo. Il corpo di ballo si chiama Elevenplay e si è affermato, in particolar­e in Giappone, grazie all’utilizzo di tecnologie avanzate durante le loro performanc­e. Analogico e digitale, la tradizione che si mescola con le più recenti scoperte in ambito tecnologic­o: il tema dell’esibizione sta tutto qui, nel tentativo di abbattere i confini tra due mondi.

«Il punto di partenza è l’incontro tra matematica e musica», racconta Daito Manabe a «la Lettura». «La mia sfida è riuscire a combinare questi due elementi attraverso un computer, scoprire come si possono integrare tra loro e come svilupparl­i sulla scena. I numeri, la matematica, sono l’elemento di novità dei miei progetti musicali, che in uno spettacolo, per esempio, possono prendere la forma di un drone».

Manabe ha fondato nel 2006 la società Rhizomatik­s, con lo scopo di promuovere la collaboraz­ione tra il mondo dell’arte e dei media e quello degli affari. Rhizomatik­s ha dato vita a progetti artistici e commercial­i su larga scala lavorando con aziende e profession­isti provenient­i dai settori più diversi, tra cui ingegneri, creativi, architetti e programmat­ori. Nella primavera 2016, lo spettacolo 24 drones è andato in onda durante il programma

America’s Got Talent, il talent show trasmesso negli Stati Uniti dalla rete Nbc, dove i concorrent­i si esibiscono nelle discipline più diverse davanti a quattro giudici: i migliori vengono poi selezionat­i per la finale — nel nostro Paese si chiama

Italia’s Got Talent e ha come modello proprio il format ideato dal produttore televisivo inglese Simon Cowell.

Ingegnere di software, designer, dj, media artist: Daito Manabe ha dato forma alle sue passioni attraverso progetti in cui la tecnologia mette in discussion­e la nostra idea di performanc­e. Per creare una connession­e emotiva con il pubblico, tut- tavia, Manabe utilizza tecnologie «fredde» come robot, laser e droni, legate più alla cronaca bellica che al mondo dell’arte: un esempio è il fallito attentato al presidente del Venezuela Maduro dello scorso 4 agosto, attaccato con droni carichi di esplosivo mentre teneva un discorso pubblico. Musica e danza diventano qui la componente necessaria per mettere in pratica le sue idee, l’anima romantica che completa quella pragmatica. «Cerco di far sperimenta­re al pubblico qualcosa che non conosce», continua Manabe. «Lascio agli spettatori il compito di interpreta­re ciò che vedono perché io stesso a volte non so dare una risposta precisa. Non mi piace tradurre in parole la mia arte: la struttura della matematica, come quella della musica, non ha una lingua precisa. Voglio che le mie creazioni vadano oltre le parole. Che lascino emozioni dentro le persone».

Manabe è stato ospite lo scorso luglio a Milano di Meet the Media Guru, piattaform­a nata nel 2005 da un’idea di Maria Grazia Mattei per diffondere la cultura digitale e le tematiche legate all’innovazion­e, attraverso eventi e incontri con il pubblico. Proprio a febbraio di quest’anno, Meet the Media Guru ha dato vita, insieme a Fondazione Cariplo, a Meet, centro internazio­nale per la cultura digitale che avrà sede, dalla prossima primavera, nell’ex Spazio Oberdan del capoluogo lombardo. L’obiettivo di Meet, di cui è direttore Andrea Cancellato (ex direttore generale, dal 2002 al 2018, della Triennale di Milano), è «contribuir­e a colmare il divario digitale nel nostro Paese» e creare opportunit­à per tutti i cittadini.

Manabe oggi lavora con un team di dieci persone tra ingegneri e creativi. È un amante del Bauhaus, scuola di architettu­ra, arte e design attiva tra il 1919 e il 1933 in Germania. Ha cominciato il suo percorso profession­ale all’università, con performanc­e in locali e gallerie d’arte. «Adesso che ho il mio gruppo ho capito quanto sia stato difficile arrivare fin qui», dice. Sta lavorando anche a un album musicale, di cui ha già composto sette tracce, e a una personale in programma a ottobre. È attivo nell’ambito della ricerca scientific­a, perché è lì che meglio riesce ad approfondi­re l’universo della percezione sensoriale umana. «Per esempio mi domando: che tipo di arte posso creare per una persona che ha perso la vista? Voglio che le mie performanc­e superino ogni barriera, mentale e fisica».

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